Viene generalmente considerato uno dei più grandi pittori della storia dell'arte europea e il più importante di quella olandese. Il suo periodo di attività coincide con quello che gli storici definiscono l'età dell'oro olandese.
Dopo aver ottenuto un grande successo fin da giovane come pittore ritrattista, i suoi ultimi anni furono segnati da tragedie personali e difficoltà economiche. I suoi disegni e dipinti furono popolari già durante la sua vita, la sua reputazione rimase alta e per vent'anni fu maestro di quasi tutti i più importanti pittori olandesi. I più grandi trionfi creativi di Rembrandt sono evidenti specialmente nei ritratti dei suoi contemporanei, nei suoi autoritratti e nelle illustrazioni di scene tratte dalla Bibbia[1].
Sia nella pittura che nella stampa egli esibì una completa conoscenza dell'iconografia classica che modellò per adattarla alle proprie esigenze. Così, la rappresentazione di scene bibliche era costituita dalla sua conoscenza dei relativi testi, dall'influenza delle tematiche classiche e dall'osservazione della popolazione ebraica di Amsterdam. Per la sua comprensione della condizione umana, inoltre, fu definito "uno dei grandi profeti della civiltà".
Biografia
Rembrandt Harmenszoon van Rijn nacque il 15 luglio 1606 a Leida nei Paesi Bassi. Era il quarto di sei figli sopravvissuti all'infanzia su dieci complessivi avuti dalla madre Neeltje Willemsdochter van Suydbroeck.[2] La sua era una famiglia benestante nonostante il padre Harmen Gerritszoon van Rijn fosse un mugnaio e la madre la figlia di un fornaio (è dimostrato dai testamenti dei genitori deceduti rispettivamente nel 1630 e nel 1640).[3] Da ragazzo frequentò la scuola di latino e si iscrisse quindi all'Università di Leida, anche se secondo un contemporaneo mostrava già un grande talento per la pittura: ben presto venne messo a bottega da uno dei pittori storici di Leida, Jacob Isaaczoon van Swanenburg. Dopo un breve ma importante periodo di apprendistato ad Amsterdam con il celebre pittore Pieter Lastman, Rembrandt aprì uno studio a Leida, che condivise con l'amico e collega Jan Lievens. Nel 1627 Rembrandt iniziò ad accettare a sua volta degli apprendisti, tra i quali Gerrit Dou.
Nel 1629 Rembrandt fu scoperto dallo statista e poeta Constantijn Huygens, il padre di Christiaan Huygens (un celebre matematico e fisico olandese), che gli procurò importanti commissioni da parte della corte reale dell'Aja. Grazie a questo contatto, il principe Frederik Hendrik continuò ad acquistare dipinti di Rembrandt fino al 1646.
Entro il 1631 Rembrandt si era creato una così buona reputazione da ricevere numerosi incarichi ad Amsterdam per la realizzazione di ritratti. Di conseguenza si trasferì in quella città andando ad abitare nella casa del mercante d'arte Hendrick van Uylenburgh. Questo trasferimento fu alla fine causa del suo matrimonio con la cugina di Hendrick, Saskia van Uylenburgh. Si trattò probabilmente di un matrimonio contratto sia per amore che per un avveduto calcolo economico: Saskia proveniva infatti da un'ottima famiglia e suo padre era stato avvocato e burgemeester (sindaco) di Leeuwarden. Quando Saskia, che era la sorella minore, era rimasta orfana era andata a vivere con la sorella maggiore a Het Bildt. Si sposarono nella chiesa locale, senza che i parenti fossero presenti.
Nel 1639 Rembrandt e Saskia si trasferirono in una bella casa nel quartiere ebraico, che è stata poi trasformata nel museo Rembrandthuis. Fu lì che Rembrandt spesso fece posare i suoi vicini ebrei per usarli come modelli per i quadri che rappresentavano scene dell'Antico Testamento.[4] Anche se le cose andavano bene sotto il profilo economico, la coppia dovette affrontare diverse difficoltà personali: loro figlio Rumbartus morì nel 1635 solo due mesi dopo la nascita e nel 1638 morì invece a solo tre settimane la figlia Cornelia. Nel 1640 anche una seconda figlia, anch'essa chiamata Cornelia, morì a neppure un mese di vita. Solo il loro quarto figlio, Titus nato nel 1641, riuscì a sopravvivere ed a raggiungere l'età adulta. Saskia morì nel 1642 poco dopo la nascita di Titus, probabilmente di tubercolosi. I disegni dell'artista che la ritraggono malata sul letto di morte sono senz'altro tra le sue opere più commoventi.
Durante la malattia di Saskia venne assunta una certa Geertje Dircx come balia di Titus ed infermiera, ed è possibile che sia diventata anche l'amante di Rembrandt. In seguito accusò il pittore di non aver mantenuto una promessa di matrimonio e Rembrandt la fece rinchiudere in un manicomio di Gouda dopo che la donna aveva tentato di vendere i gioielli appartenuti a Saskia che il pittore le aveva affidato.
Verso la fine del decennio del 1640 Rembrandt iniziò una relazione con Hendrickje Stoffels, molto più giovane di lui, che all'inizio era stata la sua domestica. Nel 1654 ebbero una figlia, Cornelia, fatto che attirò sulla testa di Hendrickje un rimprovero ufficiale della Chiesa riformata olandese perché "viveva nel peccato". La coppia veniva considerata legalmente sposata dalla legge civile, ma in effetti Rembrandt non sposò Henrickje, per non perdere il controllo di un fondo istituito in favore di Titus per volontà della madre. Rembrandt, a differenza della compagna, non fu però convocato ad apparire davanti al consiglio della Chiesa riformata perché non ne faceva parte. Tuttavia Rembrandt era indebitato con alcuni degli anziani della chiesa e quindi ne subì comunque le indirette pressioni. Va ad onore di Henrickje che nonostante tutto si rifiutò di lasciare l'artista.
Rembrandt viveva al di sopra dei propri mezzi, comprando opere d'arte (talvolta riacquistando ad un prezzo superiore i suoi stessi lavori), stampe (spesso usate nei suoi dipinti) ed oggetti rari, abitudine che probabilmente lo condusse alla bancarotta nel 1656. Il suo stato di insolvenza fece sì che la maggior parte dei suoi dipinti e dei suoi oggetti di antiquariato finirono per essere messi all'asta. Fu costretto anche a vendere la propria casa e il suo torchio da stampa, trasferendosi in un'abitazione più modesta nella zona di Rozengracht. Lì Hendrickje e Titus fondarono una società, dando a Rembrandt un impiego e proteggendolo dai creditori. Nel 1661 fu ingaggiato per completare le decorazioni del palazzo comunale di nuova costruzione, ma morì prima di completare il lavoro.
Rembrandt sopravvisse sia a Hendrickje, morta probabilmente di peste nel 1663, che a Titus: questi si era sposato da un anno con Magdalena Van Loo, da cui aveva avuto una bambina, Titia; la stessa Magdalena morirà poco prima del pittore che morì un anno dopo il figlio, il 4 ottobre 1669 ad Amsterdam a 63 anni, e fu sepolto in una tomba anonima nella Westerkerk.
Le opere
In una lettera ad un committente, Rembrandt fornisce l'unica spiegazione giunta fino a noi di quale obiettivo si proponesse di raggiungere attraverso la sua arte: "Il movimento più grande e naturale", traduzione di "die meeste ende di naetuereelste beweechgelickheijt". La parola beweechgelickheijt potrebbe anche significare "emozione" o "causa prima". Se Rembrandt con questa affermazione si riferisse ad un obiettivo materiale o ad obiettivi altri e superiori è una questione ancora aperta alle interpretazioni. In ogni caso Rembrandt è riuscito a fondere gli aspetti terreni e quelli spirituali come nessun altro pittore nella cultura occidentale è riuscito a fare.[5]
Gli esperti dell'inizio del XX secolo sostennero che Rembrandt avesse realizzato più di 600 dipinti, quasi 400 incisioni e circa 2.000 disegni. Studiosi di epoca successiva, dagli anni sessanta ad oggi (guidati dal Rembrandt Research Project), non senza discussioni, hanno ridotto il numero delle opere sicuramente a lui attribuibili a 300 dipinti. È probabile che nel corso della sua vita abbia in effetti realizzato più di 2.000 disegni, ma quelli sopravvissuti sono meno di quanto un tempo si fosse ritenuto. Eseguì molti autoritratti, quasi un centinaio tra cui 20 incisioni. Esaminati nell'insieme ci forniscono una visione eccezionalmente chiara dell'artista, del suo aspetto fisico e - più importante - della sua evoluzione psicologica, come ci rivela il volto segnato dagli anni delle ultime opere.
Tra le più importanti caratteristiche della sua arte ci sono l'uso del chiaroscuro e il sapiente e scenografico sfruttamento della luce e delle ombre derivato da Caravaggio, ma adattato per i suoi scopi personali, l'abilità di presentare i soggetti in modo teatrale e realistico senza il rigido formalismo spesso presente negli artisti suoi contemporanei ed un'evidente e profonda compassione per l'uomo, senza preoccuparsi della sua ricchezza o età.
Inserì spesso i suoi parenti più stretti - la moglie Saskia, il figlio Titus e la seconda compagna Hendrickje - nei suoi dipinti, molti dei quali a soggetto mitologico, biblico o storico, dando le loro sembianze ai personaggi principali.
Periodi, temi, e stili
Durante il periodo che Rembrandt trascorse a Leida (1625-1631) l'influenza di Lastman su di lui fu molto evidente. I suoi dipinti sono di dimensioni piuttosto ridotte ma presentano una grande ricchezza di dettagli (ad esempio nella cura delle vesti e dei gioielli dei soggetti). Affronta principalmente temi religiosi ed allegorici. Nei suoi primi anni ad Amsterdam (1632-1636) iniziò a dipingere scene drammatiche tratte dalla Bibbia o dalla mitologia di grande formato e dai colori molto contrastati. Cominciò anche ad accettare di eseguire ritratti su commissione.
Verso la fine del decennio 1630 eseguì alcuni quadri e diverse stampe di argomento paesaggistico. Questi paesaggi spesso accentuavano la forza drammatica della natura, rappresentando alberi sradicati e cieli tetri e minacciosi. Dal 1640 il suo stile diventò meno esuberante ed adottò toni più sobri, come riflesso delle tragedie personali che stava vivendo. Le scene bibliche furono più frequentemente tratte dal Nuovo Testamento piuttosto che dall'Antico come invece aveva fatto fino a quel momento. Un'eccezione è rappresentata dall'enorme La ronda di notte, la sua opera di maggiori dimensioni, nonché la più vigorosa e d'impatto. I paesaggi furono sempre più spesso realizzati a stampa anziché dipinti: le oscure forze della natura cedettero il posto a tranquille scene rurali tratte dalla campagna olandese.
Nel decennio successivo lo stile di Rembrandt cambiò nuovamente: i suoi dipinti divennero di maggiori dimensioni, il colore si fece più ricco ed intenso ed i colpi di pennello più evidenti e pronunciati. Con questi cambiamenti Rembrandt prese le distanze dai suoi primi lavori e dalla moda del tempo che al contrario tendeva verso opere formalmente più curate e ricche di dettagli. Nel corso degli anni, pur continuando ad eseguire quadri ispirati a temi biblici, spostò la sua attenzione dalla scene di gruppo ad alta intensità drammatica a singole figure più delicate e simili a ritratti. Nei suoi ultimi anni Rembrandt dipinse i suoi autoritratti più riflessivi e introspettivi.
Il nome e la firma
"Rembrandt" è una modifica fatta a posteriori del nome dell'artista che adottò a partire dal 1633. Le prime firme sui suoi lavori (1625 circa) consistevano nella sola iniziale "R", oppure nel monogramma "RH" (che stava per Rembrant Harmenszoon, ovvero "figlio di Harmen") e, a partire dal 1629, "RHL" (dove la "L" significava probabilmente Leida). Nel 1632 iniziò a firmare i quadri in questo modo, ma poi vi aggiunse il suo cognome ottenendo "RHL-van Rijn": sostituì però questo tipo di firma nello stesso anno ed iniziò ad usare il suo nome scritto nella forma originaria, "Rembrant". Nel 1633 aggiunse una "d", e da allora mantenne questa forma, dimostrando così che quel piccolo cambiamento aveva per lui un significato importante (di qualsiasi cosa si trattasse). Il cambiamento è di tipo puramente visivo; il modo in cui il nome viene pronunciato resta inalterato. Curiosamente, nonostante il gran numero di dipinti e stampe siglati con questa modifica, la maggior parte dei documenti che parlano di lui redatti nel corso della sua vita mantengono la forma originaria, "Rembrant".[7]
La teoria del difetto di vista
In un articolo pubblicato il 16 settembre 2004 sul New England Journal of Medicine, Margaret S. Livingstone, docente di neurobiologia della facoltà di medicina dell'Università di Harvard, suggerisce che Rembrandt, i cui occhi sembrano avere avuto un difetto nell'allineamento della vista, soffrisse di "perdita di stereopsi", una condizione in cui risulta difficile o impossibile percepire correttamente la profondità. La studiosa è giunta a questa conclusione osservando 36 autoritratti dell'artista. Dato che egli non possedeva una normale visione binoculare, il suo cervello automaticamente sceglieva di utilizzare un solo occhio per l'osservazione. Questa particolare disabilità potrebbe avergli fatto percepire come fossero piatte molte delle immagini che vedeva, agevolandolo poi nel trasferirle sulle bidimensionali tele. Secondo la Livingstone questo potrebbe essere stato un vantaggio per un grande pittore come lui perché "Gli insegnanti d'arte spesso dicono agli studenti di chiudere un occhio per percepire come piatto ciò che osservano. Perciò, la "perdita di stereopsi" potrebbe non essere un handicap - ma anzi rivelarsi un vantaggio - per alcuni artisti."
Questa teoria presenta però aspetti criticabili perché tra le più grandi qualità di Rembrandt c'è l'abilità di riprodurre l'illusione del volume, la percezione del quale richiede una normale capacità di visione.
Victor Hugo, ne I Miserabili, nei capitoli dove mette in scena la battaglia di Waterloo, colloca Rembrandt tra i pittori che "hanno il caos nel pennello" aggiungendo, con intenti esemplificativi che, "per dipingere una battaglia, [...] Rembrandt vale meglio di van der Meulen".
Le discussioni sull'attribuzione delle opere
Nel 1968, grazie al sostegno dell'Organizzazione olandese per il progresso della ricerca scientifica (NWO), è stato fondato il Rembrandt Research Project (RRP). Storici dell'arte ed esperti di altri campi sono stati riuniti per riaccertare l'autenticità delle opere attribuite a Rembrandt servendosi di tutti i metodi disponibili e per redigere un catalogo critico definitivo dei suoi dipinti. Sulla base delle loro scoperte, molti dipinti in precedenza attribuiti all'artista olandese sono stati ora rimossi dall'elenco. La maggior parte di questi ultimi sono ora considerati opera dei suoi allievi.
Un esempio di questo tipo di lavoro è rappresentato dal caso de Il cavaliere polacco, che fa parte della Collezione Frick di New York. La sua autenticità è stata posta in dubbio da anni da vari studiosi, tra i quali Julius Held. Molti, tra cui il dottor Josua Bruyn della Fondazione Rembrandt Research Project, attribuivano il dipinto ad uno dei più talentuosi allievi di Rembrandt, Willem Drost, del quale però si sa molto poco. Il Museo Frick invece, nonostante tutto, non aveva mai accettato di cambiarne l'attribuzione, e la targhetta descrittiva continuava a recitare "Rembrandt" e non "attribuito a" o "della bottega di". Pareri più recenti hanno sostenuto le posizioni del museo, come quelli di Simon Schama nel libro Rembrandt's Eyes del 1999 e dell'esperto del Rembrandt Project Ernst van de Wetering (Conferenza di Melbourne, 1997), che sostengono entrambi l'attribuzione al grande maestro. Altri esperti ancora osservano che l'esecuzione del quadro presenta delle differenze, e preferiscono attribuire a diverse mani diverse parti del quadro.
Un altro dipinto, Pilato che se ne lava le mani, è considerato di dubbia attribuzione. I pareri hanno preso vie considerevolmente diverse a partire dal 1905, quando Wilhelm von Bode lo descrisse come "un lavoro piuttosto anomalo" da parte di Rembrandt. La maggior parte degli studiosi a partire dagli anni quaranta lo hanno datato al decennio del 1660, attribuendolo ad un anonimo allievo. La composizione presenta dei tratti in comune con le opere della maturità di Rembrandt, ma l'effetto rembrandtesco resta superficiale e non riesce a trasmettere nulla che somigli alla capacità di dosare la luce e l'abilità nella composizione del maestro. A puro livello di ipotesi è stato proposto il nome del suo unico allievo conosciuto di quel periodo, Arent de Gelder.
L'opera di attribuzione e ri-attribuzione è tuttora in corso. Nel 2005 quattro dipinti ad olio precedentemente attribuiti ai suoi allievi sono stati riclassificati come opera di Rembrandt stesso. Si tratta di: Studio di un vecchio di profilo e Studio di un vecchio con la barba appartenenti ad una collezione privata statunitense, e Studio di una donna che piange del Detroit Institute of Arts e Ritratto di un'anziana con la cuffia bianca, dipinto nel 1640.[8]
Il metodo di lavoro che Rembrandt adottava nella propria bottega è uno dei fattori che maggiormente acuiscono le difficoltà nell'attribuzione dal momento che, come molti altri artisti prima di lui, incoraggiava i suoi studenti ad imitare i suoi dipinti, talvolta riservandosi la rifinitura o gli ultimi ritocchi, per poi venderli come originali o come copie autorizzate. Inoltre il suo stile si rivelò tutto sommato di facile imitazione per gli allievi più dotati. Altre complicazioni derivano dall'ineguale qualità di alcuni degli stessi lavori di Rembrandt e dalle sue frequenti evoluzioni stilistiche. È molto probabile che non si riuscirà mai a raggiungere un generale consenso su cosa sia e cosa non sia da considerarsi come genuina opera di Rembrandt.
^La sommaria cronologia della firma qui riportata è valida per i dipinti mentre lo è in misura minore per le stampe e le incisioni; a quanto si sa, dal 1632 in poi esiste una sola incisione firmata "RHL-v. Rijn", "La resurrezione di Lazzaro" B 73.
Stichting Foundation Rembrandt Research Project (Ed., 2005): A Corpus of Rembrandt Paintings - Volume IV. Ernst van de Wetering, Karin Groen et al. Springer, Dordrecht, Paesi Bassi (NL). ISBN 1-4020-3280-3. p. 692. (Gli autoritratti)
A Corpus of Rembrandt Paintings - Volume I, che tratta delle opere realizzate da Rembrandt nei primi anni a Leida (1629-1631), 1982
A Corpus of Rembrandt Paintings - Volume II: 1631-1634. Bruyn, J., Haak, B. (et al.), Band 2, 1986, ISBN 978-90-247-3339-2
A Corpus of Rembrandt Paintings - Volume III, 1635-1642. Bruyn, J., Haak, B., Levie, S.H., van Thiel, P.J.J., van de Wetering, E. (Ed. Hrsg.), Band 3, 1990, ISBN 978-90-247-3781-9
Rembrandt. Images and metaphors, Christian Tumpel (editor), Haus Books Londra 2006 ISBN 978-1-904950-92-9
The Complete Etchings of Rembrandt Reproduced in Original Size, Gary Schwartz (editor). New York: Dover, 1988 ISBN 0-486-28181-7
Rembrandt by himself (Christopher White - Editor, Quentin Buvelot - Editor) National Gallery Co Ltd [1999]
Rembrandt et la figure du Christ, catalogo della mostra (Parigi, musée du Louvre, 18 aprile-18 luglio 2011; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art, 30 luglio-30 ottobre 2011; Detroit, Detroit Institute of Arts, 20 novembre 2011 - 12 febbraio 2012), a cura di Blaise Ducos, George S. Keyes e Lloyd DeWitt, Officina Libraria-éditions du musée du Louvre, Milano-Parigi 2011 ISBN 978-88-89854-67-9
Hans Joachim Bodenbach: Rembrandt - Selbstporträts von fremder Hand, Verlag der Kunst Dresden, 45 S., 18 ganzs. Porträts, (engl. Summary) Husum 2003
Opera Omnia di Rembrandt, su arteantica.eu. URL consultato il 21 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2012).