L'area urbana nota come "quartieri" (nel senso militare del termine) e caratterizzata, dal punto di vista urbanistico, da una struttura reticolare[2] che scende dalle alture[3] dominate da Castel Sant'Elmo, con la tipica vocazione di alloggi destinati ad ospitare la guardia della fortezza, sorge intorno al XVI secolo, ad opera dell'architetto senese Giovanni Benincasa[4] e del napoletano Ferdinando Manlio,[5] per volontà dell'allora viceré Pedro de Toledo, al fine di acquartierare le guarnigioni militari spagnole destinate alla repressione di eventuali rivolte della popolazione napoletana, oppure come dimora temporanea per i soldati che passavano da Napoli in direzione di altri luoghi di conflitto[6] e, allo stesso tempo, in qualità di edilizia popolare atta a dare alloggio ai numerosi abitanti locali che, in quegli anni, dalle campagne circostanti si erano stabiliti nella capitale del regno.[7]
Fin dalla sua nascita, l'area conosciuta come "Quartieri Spagnoli", anche in ragione di un elevato rapporto tra popolazione e densità edilizia, presentò fenomeni di criminalità, gioco d'azzardo e soprattutto prostituzione, legati in particolar modo all'offerta di "svago" proferita dai locali ai soldati ivi acquartierati o di passaggio.[8] Nonostante l'emanazione, da parte del viceré di Napoli don Pedro de Toledo, di alcune apposite leggi atte a debellare il fenomeno,[9] il quartiere rimase, in seguito alla perdita della sua funzione originaria, sempre un'area di grandi difficoltà sociali della città partenopea.[10]
Nel corso dell'evoluzione antropica dell'area, dal Cinquecento al Settecento, viene progressivamente meno la presenza militare,[11] mentre "altissima è la percentuale di immigrati dai centri circostanti, che si inseriscono particolarmente nel settore dei servizi. Massiccia è anche la presenza degli artigiani, soprattutto sarti e calzolai".[12] A partire dal XVIII secolo tale area cittadina venne caratterizzata (come del resto anche altre aree della città) da una forte frammentazione e disparità delle attività lavorative ed imprenditoriali.[13] Fino al XIX secolo, la vicinanza di via Toledo, sede di importanti uffici amministrativi e finanziari (Banco delle Due Sicilie, Borsa, Gran Corte dei Conti),[14]
incise significativamente sulla composizione socio-professionale degli abitanti di tale area,[15] la quale assunse una fisionomia di tipo residenziale, data la presenza di nobili, impiegati, proprietari ed appartenenti al ceto medio.[16] Con l'unità d'Italia, la popolazione si proletarizza in un generale passaggio ad un'economia ai margini della legalità, che in certa misura si prolungherà nel corso del secolo successivo.[17]
Nonostante le proposte di "sventramento" avanzate in occasione di ipotesi urbanistiche di risanamento nella prima metà del XX secolo,[18] l'aspetto dell'area rimase inalterato e, al giorno d'oggi, nel quartiere vivono circa 14.000 persone, per un totale di 4.000 famiglie, dislocate su una superficie di circa 80 ettari. A causa della particolare conformazione del suolo, come in altri quartieri storici della città, è possibile che avvengano, non di rado, cedimenti del terreno.[19] Nella notte a cavallo tra il 22 e il 23 settembre 2009, in vico San Carlo, probabilmente a causa delle forti piogge, si è verificato il crollo del manto stradale, che ha dato luogo a una voragine di quasi 20 metri di lunghezza. Ciò ha provocato l'immediata evacuazione di alcuni edifici e la chiusura della chiesa di San Carlo alle Mortelle.[20]
La zona ha cominciato così a conoscere una riabilitazione dal punto di vista turistico.[22] Grazie alla particolare conformazione urbanistica, ai nuovi negozi e punti di ristorazione, ai piccoli mercati di pesce e ortofrutticoli che vi stazionano all'interno, all'apertura della nuova stazione metropolitana e, in generale, al folclore che la zona conserva, i Quartieri Spagnoli sono non di rado punto ricercato dalle foto di curiosi e turisti provenienti da ogni parte del mondo. Inoltre, la zona ha cominciato ad accogliere negli ultimi anni un significativo numero di studenti universitari, italiani e stranieri, che ivi prendono in affitto appartamenti o singole stanze, grazie anche alla vicinanza con alcune sedi delle università napoletane.
Chiese, palazzi e siti d'interesse storico e culturale
Nonostante la nomea "controversa" che il quartiere si porta dietro, esso costituisce comunque un nucleo di rilevanza storico-artistica di prim'ordine della città di Napoli, che offre anche diversi spunti della cultura popolare e dello stile di vita napoletano, come, per esempio, la presenza di piccole botteghe artigianali, oppure dei "bassi napoletani", o, ancora, di piccoli e bui vicoli caratterizzati da alte scalinate e dai panni stesi ad asciugare tra i palazzi. Tra i principali monumenti d'interesse del quartiere, vi sono:
^La realizzazione dei primi grandi terrazzamenti sorretti da murazioni ad archi e pilastri, derivante dall’eliminazione degli orti interni alla fabbrica medievale del monastero di San Martino (v. N. Spinosa, San Martino, Napoli 2000), potrebbe aver esercitato un ruolo nella risistemazione del declivio, lungo la Pedamentina e il Petraio.
^Nelle falde del Monte di Santo Martino, ha l’aspetto ad oriente ed a mezzo giorno; dicesi delle Mortelle perché da cento settant’anni fa v’erano boschi de mirti, che noi chiamiamo mortelle, e le frondi di questi servivano per accomodare i cuoi; essendo poi stato fatto il Regio Palazzo da don Pietro di Toledo, con la strada di questo nome, si cominciò talmente a populare che non vi è rimasto palmo di terra non habitato: Carlo Celano, Delle notizie del bello, dell’antico, e del curioso della città di Napoli per gli signori forastieri, divisa in dieci giornate, Napoli, 1692, giornata V, p. 108, citato da Gennaro Varriale, TRA IL MEDITERRANEO E IL FONTE BATTESIMALE: MUSULMANI A NAPOLI NEL XVI SECOLO, REVISTA DE HISTORIA MODERNA Nº 31 (2013), p.99.
^"Nella zona dei «quartieri spagnoli», tipica per l'andamento geometrico delle sue strade, trovano nella prima metà del Seicento, le truppe di stanza nella città. I soldati che hanno il loro domicilio nei «quartieri», e che abitano soprattutto nell'ambito della par- rocchia di S. Anna di Palazzo, costituiscono il 77% di quelli che risiedono nell'intera capitale": Claudia Petraccone, FONTI E PRIME RICERCHE SUI MESTIERI A NAPOLI ALLA VIGILIA DELLA RIVOLTA ANTISPAGNOLA, Quaderni storici, Vol. 9, No. 26 (2), Ceti, ordini, istituzioni (maggio / agosto 1974), p. 513.
^Cfr. C. Beguinot, Una preesistenza ambientale a Napoli: i «quartieri spagnoli», in «Quaderni di urbanistica», 1957, 5.
^G. Laino, Il cavallo di Napoli: i quartieri spagnoli, Milano 1984.
^Le milieu urbain lui-même intervient dans la limitation des coûts de la main-d'œuvre. Le centre de Naples en particulier associe l'économie informelle et l'habitat dégradé des quartiers historiques. Dans le «Quartier Espagnol», des ateliers semi-clandestins travaillent le cuir en sous-traitance pour les grossistes locaux et étrangers. La spécialisation du quartier, la proximité habitat-travail, l'exploitation de locaux d'habitation à usage professionnel font corps avec une structure entrepreneuriale naine à main-d'œuvre peu payée: Dominique RIVIÈRE, LA «DÉCENTRALISATION PRODUCTIVE» ET LES RAPPORTS VILLE-CAMPAGNE EN ITALIE, L'Espace géographique, Vol. 18, No. 3 (juillet/septembre 1989), p. 261.
^Daniela Lepore Il centro storico di Napoli. Vecchi propositi e nuovi progetti, Meridiana, No. 5, CITTÀ (GENNAIO 1989), pp. 129-142.