Oltre, sottotitolato: un mondo uomo sotto un cielo mago, è l'undicesimo album da studio del cantautore Claudio Baglioni, pubblicato il 17 novembre 1990 dalla CBS.
L'album contiene sperimentazioni con la world music, e fu registrato e prodotto nel giro di tre anni, rappresenta il progetto più ambizioso e monumentale della carriera di Baglioni ed è considerato dalla critica specializzata il suo «capolavoro».[2][3] In molte interviste Baglioni lo definì come l'inizio di una trilogia del tempo, in cui Oltre rappresenta il passato, Io sono qui il presente e Viaggiatore sulla coda del tempo il futuro. L'album divise la critica musicale e segna uno spartiacque nella carriera di Baglioni e nella storia della musica popolare italiana.[4][5]
Il disco si basa su una lunga storia ispirata a un poema epico scritto dallo stesso Claudio Baglioni, intitolato Guscio. Questo poema è incluso nel cofanetto dell'album, distribuito ai 500 000 fan che lo avevano prenotato l'anno precedente. Descritto come un album "magico", Baglioni lo ha presentato come un viaggio dall'origine verso l'origine, in cui il protagonista, senza conoscere la sua destinazione, è alla ricerca delle proprie radici: l'uomo in cerca del proprio destino. L'opera è una sorta di monologo interiore basato sul flusso di coscienza, con protagonista Cucaio, alter ego di Claudio, di cui viene tracciata una biografia a ritroso.
L'album è suddiviso in quattro parti, ciascuna rappresentata da uno dei quattro elementi della natura: acqua, fuoco, terra e aria. Il filo conduttore che attraversa tutto il processo creativo è la vicenda di Cucaio, una sorta di alter ego "fantastico" dell'autore. Il nome Cucaio deriva dalla storpiatura che il piccolo Baglioni faceva del proprio nome.[6] La storia di Cucaio è narrata attraverso un onirico flusso di consapevolezza, che anima il booklet all'interno della copertina. Quest'ultima è adornata da segni, tratti, simboli e colori ispirati all'arte aborigena, creando un collegamento visivo e simbolico con l'intero progetto.[7][8]
In una breve intervista pubblicata sul n. 1703 di Topolino, Baglioni rivelò in maniera implicita che il titolo del nuovo album sarebbe stato A presto.[9] Riguardo al processo creativo nella realizzazione delle canzoni, Minieri disse:[12]
«[...] C’è tutta una procedura molto complicata per lavorare con Claudio. In una primissima fase lui mi portò a sentire – poi stavamo insieme ad Ansedonia in una casa – solo la parte musicale, ma scriveva tutte cose cortissime, di venti secondi. Ma tipo... fai conto... centoventi, centocinquanta al pianoforte, e un altro centinaio alla chitarra. Brevissime cose musicali di venti secondi, massimo trenta. Dopo, cominciammo a scegliere, fra tutti questi pezzi, quelli che ci piacevano, e a dargli una definizione nelle varie strutture della canzone. Cioè: questo brano di trenta secondi è bello come strofa, questo come inciso, questo come ponte. Tra l’altro in quella fase, al di là del lavoro, ho imparato molto: eravamo in due. Dopodiché provavamo a montare tutti questi pezzi in tutti i modi, fino ad arrivare alla fase dei pezzi finiti, che poi erano molto più di venti (poi ne verranno scelti venti). La fase del testo, per il suo modo di lavorare, arrivava proprio alla fine e, una volta che tutto il disco musicalmente era finito, lui per ben tre volte scrisse tutti i testi: non gli piacevano e li buttò, e li riscrisse daccapo.»
Per quanto riguardava il titolo provvisorio, Minieri affermò:[12]
«A presto può essere una qualunque di queste fasi, ma sicuramente è in quelle canzoni che poi lui ha buttato – nei testi che ha buttato – perché poi riscrisse tutto e alla fine scrisse Oltre.»
Durante l'esibizione, un gruppo di persone incominciò a fischiare e lanciargli contro oggetti, reputandolo insensibile alle tematiche del concerto e fuori posto in un evento da loro ritenuto come esclusivamente rock.[9][14][15] L'incidente ebbe un forte impatto su Baglioni il quale decise di non apparire più in pubblico e di concentrarsi soltanto sull'album.
Nell'ottobre del 1989, iniziarono le prevendite del disco con il titolo provvisorio: Un mondo più uomo sotto un cielo mago[16]. La CBS tuttavia rinviò la pubblicazione dell'album al 1990[9], il che alimentò voci secondo le quali Baglioni non sarebbe stato soddisfatto del lavoro svolto fino a quel momento e avesse perciò deciso di riscrivere completamente l'album, rimandandone la data di uscita.[17]
Oltre è un concept album che segue la storia e l'evoluzione di Cucaio, nome ispirato dal modo in cui Baglioni pronunciava il suo nome da bambino.[19] Riguardo al personaggio, l'autore disse:[20]
«Cucaio è la parte magica del disco, di questo cielo mago che non è qualcosa di impalpabile, ma è terreno. Cucaio è l’uomo che non sa pronunciare bene il proprio nome, che non sa da dove tragga origine né dove stia andando; quali siano le sue ansie, i suoi problemi e le sue gioie. Credo esista, nella vita di ognuno, una parte umana e una magica: la prima è quella che soffre di più, perché nel tentativo di confrontarsi con la seconda sa di non poterla emulare. Cucaio è questo, e rappresenta il momento in cui, oltretutto, lo si deve abbandonare per passare oltre.»
(Claudio Baglioni)
Un libretto allegato al disco contiene un testo scritto con la tecnica del flusso di coscienza, nel quale il cantautore nasconde il significato di tutte le canzoni.[21][22]
Disco 1
Dagli il via
In questo primo brano Baglioni ripercorre brevemente il suo passato con aneddoti, domande, opportunità perse e amori perduti.[23][24] Nel ritornello dà il via a una corsa per la libertà e alla voglia di cercare il destino, rivolgendosi anche all'ascoltatore.[24][25] L'uomo che si sente correre all'inizio della canzone è Walter Savelli, pianista e collaboratore di Baglioni.[23]
Dagli il via è il brano di partenza, l'introduzione di questo viaggio, del viaggio dell'uomo dalla sua origine. Con una serie di immagini legate alla vita autobiografica del cantautore; "mi ubbriacai di una città Polacca", "bruciai una macchina e il mio passato", "sorpresi donne a sciogliersi i capelli". Immagini della vita personale ma della quale Cucaio diventa il simbolo di tutta l'umanità.
Io dal mare
Il mare viene ritratto come la madre di Cucaio e dell'intera umanità.[26] L'arpeggio iniziale fu improvvisato da David Sancious durante una pausa dal lavoro con Peter Gabriel per L'ultima tentazione di Cristo;[27]Pino Daniele contribuisce nel finale con un solo di chitarra acustica e vocalizzi scat all'unisono. Manieri ha raccontato che Pino voleva fare «quella cosa con Claudio» prima di un suo intervento al cuore e che il gruppo di lavoro si trasferì momentaneamente a Formia per registrare la canzone.[27] In un'intervista rilasciata per il mensile Chitarre, Baglioni disse:[28]
«Pino Daniele è un capitolo a parte. Mi ha colpito la grande napoletanità nella sua voce, nel suo modo di suonare: questo bellissimo lamento di voce e chitarra. C’è quel finale a seste che sembra quasi una tarantella suonata in quarti... sono queste le cose che la musica ti offre: le parole non si mescolano così facilmente, sono troppo pesanti.»
(Claudio Baglioni)
Il testo descrive con immagini suggestive l'alba dell'uomo e della vita sulla terra, viene considerata una vera e propria poesia con una ricerca stilistica e tematica che non appare in nessun artista della musica italiana. Nel ritornello di questo brano è uno dei primi brani dell'artista dove viene fuori una caratteristica letteraria fondamentale che lo accompagnerà per tutta la sua produzione da qui in avanti che è il gioco parole e la capacità di accostare le parole in un senso combinatorio, c'è quindi una ricerca di musicalità nel verso prima ancora che nella musica.
Naso di falco
Il tema principale è la presa di coscienza da parte dell'uomo di avere un sogno, mentre è alla ricerca di sé stesso.[29] La canzone inizia con la descrizione di un falco appena nato che si pone le stesse domande ingenue che il cantautore si faceva da bambino.[29] A queste se ne alternano altre più mature e rimaste senza risposta, relative a eventi come la strage di Ustica, la discussa repressione di Timișoara del 1989, il conflitto armato colombiano, disastro di Černobyl' e la strage dell'Heysel. Alla fine, il falco si libra nel cielo e vola via sull’albero più alto “laddove un sogno è ancora libero e l’aria non è cenere”.
Dopo essere venuto dal mare, l'uomo che va, adesso alza la testa e vede le cose per la prima volta con l'innocenza della sua condizione, non sapendosi spiegare tutto quello che gli sta intorno, ponendosi domande. Ma guardando dall'alto di un albero, come un falco che guarda lontano, cerca di darsi risposta a tutti perchè, raffigurando la capacità di analisi di un uomo che cerca la verità.
Io lui e la cana femmina
In questo brano, Baglioni descrive i suoi due cani da pastore tedesco e le passeggiate con loro, come se uscisse con degli amici a bere qualcosa insieme, sognando di essere libero e privo di inibizione come un animale e sottolineando come in fondo animali e uomini possano essere uguali.[30] La canzone ospita Richard Galliano alla fisarmonica.[18]
Stelle di stelle
Baglioni parla delle stelle dello spettacolo scomparse, la cui arte continua a vivere come la luce delle stelle che raggiunge la Terra nonostante esse siano morte milioni o miliardi di anni fa.[31]
«Secondo me Stelle di stelle è uno dei brani più belli mai realizzati. È nato da una idea di Claudio, mi ha chiamato e mi ha chiesto se ero disponibile a cantare un pezzo insieme a lui nel disco. La prima volta che mi ha fatto sentire la canzone non era esattamente così, come poi è stata sviluppata in un secondo momento da Claudio. Era un pezzo molto più breve che avremmo dovuto cantare all’unisono. Abbiamo ascoltato insieme questa prima stesura, a me è piaciuta molto e poi Claudio mi ha richiamato e mi ha detto: "Ho sentito la tua voce, mentre provavi insieme a me, e ho cambiato completamente la stesura costruendo praticamente un’altra canzone nella canzone".
Ho trovato bellissima questa cosa, oltretutto anche molto nuova, perché è un pezzo veramente all’avanguardia, non era mai stato scritto in questa maniera, sia per quanto riguarda il lato melodico che il lato armonico. Addirittura ha aggiunto una parte di testo, mentre prima dovevamo cantare le stesse parole, improvvisamente, la mia è diventata come una specie di voce della coscienza.
Con il mio intervento, il pessimismo dell’artista che fa questo cammino all’indietro e poi smette di brillare e sparisce dalle scene, viene un attimino illuminato da un po’ di speranza. E allora io gli dico queste cose che cercano di risollevare il suo pessimismo: ‘ma può il cielo finire qui, può il mare finire prima dell’orizzonte…’ Gli offro questa speranza che poi in fondo è la forza che vuole ricevere un artista per riuscire ad andare avanti, perché è molto difficoltosa la strada da percorrere.
Melodicamente ha aggiunto dopo una parte, che è quella mia cantata, che non è conseguente alla melodia che canta lui ma è scritta come se fosse una partitura di basso, addirittura un contrabbasso, nel brano ci sono pochissimi strumenti, c’è un pianoforte, la batteria - sono soltanto delle spazzole, molto raffinate e leggere - e c’è questo contrabbasso meraviglioso registrato con tre sovrapposizioni e tre bassi diversi, per cui diventa tutto molto avvolgente e coinvolgente, la mia parte musicalmente è un po’ più intesa come una batteria tra la ritmica e il supporto del contrabbasso, è anche divertente per me entrare in questa melodia in maniera completamente diversa dalle mie normali interpretazioni.»
Baglioni descrive la relazione tra gli uomini e le donne, con ironia e paragoni, affermando alla fine che gli uomini sono dei marinai in un oceano di donne che non capiranno mai.[36]
Domani mai
Torna il tema dell'amore fisico, ma questa volta la canzone descrive il lamento per la futura rottura di una coppia a causa di una relazione impossibile.[37]Paco de Lucía è ospite nel brano: durante la preparazione dell'album, il chitarrista andaluso studiò lo spartito del brano per una settimana e quando presentò le sue idee in fase di registrazione, nonostante fossero state molto apprezzate, disse: «Mah, non so se potevo suonare ancora meglio».[38] Baglioni dirà nel 1992:[28]
«Paco de Lucia è un musicista che ho sempre amato, per la sua straordinaria capacità di creare una musica così particolare, che vive di tempi incredibili che si susseguono uno all’altro, difficilissimi da contare, ed anche una straordinaria capacità armonica, un mondo che si srotola con sorprese continue.»
(Claudio Baglioni)
Acqua dalla luna
La canzone parla del desiderio di Baglioni/Cucaio di incantare il pubblico come un mago o un circense e di stupire in particolare chi è triste, poco fortunato o emarginato per una presunta stranezza.[39] Con un'amara riflessione finale, il cantautore afferma che sarebbe bello se gli artisti potessero alleviare ogni sorta di tristezza o dolore, ma che ciò è impossibile come trovare acqua sulla Luna.[39]
Tamburi lontani
Ogni persona ha il proprio tamburo, un proprio ritmo e canto con cui interagisce con gli altri uomini.[40] Il ritmo in particolare ha stretti legami con le pulsioni vitali, come il battito cardiaco, e i cicli della Terra, come l'alternanza delle stagioni.[41] Baglioni chiede conferma al suo interlocutore sul fatto che il tempo, nonostante tutto, non abbia provocato un allontanamento tra loro due, molto probabilmente un riferimento alla separazione dalla moglie Paola Massari e dal figlio Giovanni.[41] Alla fine il tempo si mostra nuovamente potente, nonché indifferente all'infelicità dell'uomo, ma in quest'ultimo al contempo c'è la pulsione a ribellarsi a tale condizione esistenziale.[41]
Disco 2
Noi no
Canzone scritta per essere cantata in coro durante un concerto e per coinvolgere il pubblico.[42] È un inno dedicato ai ribelli che lottano contro le ingiustizie, la mafia, la guerra e le scelte cattive, un inno a chiunque voglia un futuro migliore per sé, per le generazioni successive e per il mondo intero.[24][42]
Signora delle ore scure
La donna descritta è una figura sconosciuta: una giovane ragazza che vive nella notte, proveniente forse da un distante Paese tropicale, e il desiderio di averla con sé è peccaminoso.[43]Secondo alcuni è la descrizione della compagna incontrata nel 1987.[senza fonte]
Navigando
Il racconto di una nottata folle passata con una donna, paragonando il navigare i mari alla navigazione di un amore:[44] il marinaio della canzone naufraga tra bellezze provenienti da tutto il mondo, riflettendo sul fatto che alla fine ogni donna racchiude la bellezza di tutte le altre presenti sul pianeta.[44] Baglioni, nel descrivere le caratteristiche somatiche di donne esotiche, riprende il melakarta di Vivi.[44] Alla fine Baglioni si rende conto di essere stato come “Ulisse, Simbad e Gilgameš”, tre famosi personaggi epici che navigarono i mari e che si persero da soli, proprio come lui che al termine di questo amore si ritrova solo “come un lupo nella tana”.[44] È l'altro brano del disco con Richard Galliano alla fisarmonica.[18]
Le mani e l’anima
Il brano è dedicato al dramma di chi è costretti a lasciare la propria terra natia per cercare la redenzione in un altro Paese,[24] descrivendo in particolare le radici africane dell'uomo e con parallelismo tra le parti del corpo e gli elementi naturali tipici dell'ambiente africano.[45] L'io lirico rivuole indietro le sue mani (sineddoche del corpo) e la sua anima, la sua "Africanima", poiché l'Africa è lo spirito del mondo intero.[45] Alla fine, delle frasi di rassegnazione vengono pronunciate con l'accento usato dallo stereotipo negativo del venditore ambulante africano ("Che vù campà", "Che vù parlà" e "Che vù tornà") ma sono sovraesposte da un ritmo africano, significando che gli Africani devono reclamare il proprio diritto di non essere considerati inferiori o culturalmente sottosviluppati e il diritto di considerare l'Africa come la madre e l'anima dell'umanità.[45] La base strumentale fu realizzata ai Real World Studios, mentre le voci furono registrate a Roma.[46] Il cantautore senegalese ed esponente della mbalaxYoussou N'Dour collaborò con la sua voce e il suo stile, raccontando nel 2009:[46]
«Ho incontrato Claudio in Italia, ma non ricordo bene chi me lo ha presentato. Abbiamo suonato in studio di registrazione per tutta la notte, a Roma, e lui mi ha lasciato la massima libertà nell’interpretare il suo brano. Io ho solo cercato di seguire la melodia e portare il mio contributo. Ho un ricordo molto buono di lui, che è oltretutto una persona musicalmente molto preparata.»
(Yossou N'Dour)
Mille giorni di te e di me
La storia di un amore finito, dove ognuno va via incontro a chi insegnerà ciò che ha imparato assieme all’altro, sognando quell’attimo di eterno che però non c’è mai stato tra due amanti.[47] Le motivazioni della separazione non sono chiarite; l'io lirico aveva considerato l'amore come un riparo dal mondo e cerca di immaginare una nuova relazione che tuttavia avrà le cicatrici di quella appena finita.[48] Nel saluto finale tra i due, l'io lirico consegna il ricordo di se stesso a colui che lo sostituirà come fidanzato di lei.[48]
«[La canzone] è venuta fuori otto anni prima che la registrassi, perché ogni volta la portavo ad ascoltare ai miei collaboratori – anche a degli arrangiatori – uno in particolare mi disse che secondo lui era una canzone un po’ ordinaria, un po’ comune, e io mi feci convincere. Molte volte il destino di certe canzoni che diventano incredibilmente popolari, amate dal pubblico, è proprio quello di essere neglette e un po’ osteggiate all’inizio.
È una canzone che nasce dall’idea che l’innamoramento, il vero amore, nasca spesso quando l’amore è finito. È una canzone che nella sua fase ultima diventò più completa e che nacque proprio dal fatto che secondo me un uomo, quando incontra una donna e s’innamora veramente, cerca di nascondersi in lei e poi di nascondere lei stessa – quindi il suo involucro – agli occhi del mondo. Quello secondo me è il momento in cui un uomo s’innamora veramente. [...] Praticamente tutta la canzone è autobiografica, ma con quel gusto dell’autobiografia che gli artisti hanno di mettere insieme diverse biografie, cioè di creare una rete attraverso la quale sia anche misterioso entrare. C’è un verso, in particolare, che dice “Chi ci sarà dopo di te respirerà il tuo odore pensando che sia il mio”: e questo è un verso a cui sono particolarmente affezionato perché penso che la memoria abbia un odore, l’assenza delle persone si misura ancora con il loro profumo.»
(Claudio Baglioni)
Dov’è dov’è
Dopo un'introduzione parlata in cui l'attore Oreste Lionello descrive il declino morale della società, Baglioni paragona il sé stesso da piccolo che scappava dalle attenzioni dei parenti al sé stesso grande che scappa dai paparazzi, dai fan e dal mondo.[24][50] Tutti lo cercano disperatamente come se inseguissero un criminale evaso dal carcere.[50] La canzone contiene intermezzi cantati dai genitori del cantautore, Riccardo Baglioni e SIlvia Saleppico, dal suo ex insegnante Mario Pescetelli e della domestica di casa sua quando era piccolo, Teresita Lastoria: ciascuno descrive un aspetto del carattere di Baglioni da ragazzino.[50] Alla fine del testo, il "ricercato" viene catturato e portato a processo, dove eventi della sua vita privata diventano accuse di persone impiccione e invadenti.[50]
Tieniamente
La canzone è dedicata agli eventi della Protesta di piazza Tienanmen del 1989, e il titolo è un gioco di parole tra "Tienanmen" e la frase “tieni a mente” per invitare a non dimenticare ciò che successe.[51]
Qui dio non c’è
Il brano ritrae la rabbia e la sofferenza (sia personale sia collettiva) provocate dai mali e dalle ingiustizie presenti nel mondo, dove probabilmente non esiste alcun Dio nonostante quest'ultimo avrebbe dovuto essersi realizzato nella natura.[52]
La piana dei cavalli bradi
La canzone inizia con l'immagine di cavalli che corrono liberi nelle praterie, e successivamente descrive la distanza tra due amanti: probabilmente è un riferimento ai due anni di ritiro di Baglioni ad Ansedonia per comporre la musica dell'album, isolato da tutti.[53] L'Io lirico accetta e attende il proprio futuro, come i cavalli nelle stalle aspettano di correre.[54] Alla fine, l'uomo riesce a trovare la pace interiore in quell'attesa e inizia a correre verso "la piana dei cavalli bradi".[53]
«L’Umbria me la sono sempre portata nel cuore e negli occhi, fino ad arrivare a Castelluccio. Castelluccio è un paesino che si trova sopra Norcia e che io conosco dal 1971; me lo fece conoscere Franco Zeffirelli, in occasione di una delle mie prime cantate, delle mie prime performance. Io sono stato la voce cantante di Francesco d’Assisi nel film Fratello sole, sorella luna, che appunto aveva la regia di Franco Zeffirelli, e da quell’anno, amando particolarmente questo posto, ho cominciato a fare un pellegrinaggio, praticamente quasi tutti gli anni, e addirittura ad ispirarmi per una mia canzone che si chiama La piana dei cavalli bradi. E pensare che siamo tutti un po’ in attesa, come i cavalli nelle stalle, e che gli uomini e i cavalli in fondo si assomigliano, e il cavallo come l’uomo decide di sottomettersi, perché sente che c’è qualcosa alla quale non può dire di no. Avrebbe una forza incredibile, il cavallo, ma decide a un certo punto di fare in modo che le cose vadano, un po’ come l’uomo. E l’occhio del cavallo, un po’ come la mente dell’uomo, contiene dei guizzi di follia e di irrequietezza.»
(Claudio Baglioni a Mezzogiorno con..., Rai Radio 2, 19 maggio 1998)
Pace
Nel brano che chiude l'album, l'Io lirico riesce a fare pace con sé stesso, col sé bambino e col mondo: adesso è un adulto e ha ritrovato da solo quel cuore in un mondo così simile agli esseri umani, sotto un cielo che ci inganna come un mago.[55] Salutato Cucaio, l'Io lirico dichiara di esser finalmente diventato libero, un uomo, "oltre" quasi come lo Übermensch di Nietzsche.[55]
«Non è un disco che fa un bilancio, anzi: è un disco senza risposte, alla fine, perché per come abbiamo voluto – io insieme ad altre persone – raffigurarlo anche graficamente, l’essenza del disco è una lunga onda, e un’onda non si ritrova mai, cioè non riesce mai a ricongiungersi dalla parte opposta, dalla parte finale. Quindi è una maniera di continuare, di essere in una continua metamorfosi, sperando ogni tanto di avere delle risposte, ma le risposte sono un vero miracolo. L’importante, comunque, è chiedersi cosa sta succedendo. E credo che il disco, nel suo tessuto musicale ma anche nel suo tessuto – diciamo – letterario, possa rispecchiare questo. È un disco senza una risposta vera finale, ma un disco con tante domande»
(Claudio Baglioni al Maurizio Costanzo Show, 15 novembre 1990)
Nell'ottobre 1990, RaiStereoDue trasmise le prime due tracce dell'album un mese prima della pubblicazione ufficiale.[9]
Il successivo 4 novembre Baglioni subì un incidente automobilistico a Roma con la sua Porsche, riportando lacerazioni alla mano, al volto e alla lingua. I bollettini medici specificarono che gli interventi chirurgici non avrebbero costretto il cantautore a interrompere la sua carriera.[21][57][58] Il 15 novembre, Baglioni fu unico ospite in una puntata del Maurizio Costanzo Show di Canale 5, la sua prima apparizione pubblica dopo l'incidente.[59]
Il 17 novembre 1990, dopo tre anni dal suo annuncio, l'album di inediti fu pubblicato in Italia con il titolo Oltre - un mondo uomo sotto un cielo mago. Nel 1991 venne rilasciata una versione di Oltre in vari paesi tra cui Spagna, Canada, Germania, Francia, Nord e Sud America. Oltre è l’unico album di Claudio Baglioni pubblicato in tutta l’Europa,[60] a differenza di quegli degli anni settanta pubblicati solo in Spagna e Francia, e quelli degli anni ottanta pubblicati in Germania. Nel febbraio 1991, la CBS dichiarò che l'album in Italia aveva venduto più di 900 000 copie.[61]
«Ecco un compositore di canzoni [Baglioni] che non si è mai standardizzato. Sempre coerente, mai schiavo dei 'vizi' che falsificano l'eventuale originalità che una canzone di buon livello deve avere.»
«Bisognerà cominciare a prenderlo sul serio il signor Claudio Baglioni, di professione cantautore. [...] E diciamo subito che siamo ai massimi livelli della produzione discografica.[...] La magniloquenza è palese, ma in fondo è un tratto tipico di Baglioni, che ha compiuto imprese spesso eccessive e che va vista nell'ambito di questa strana storia di cantautore, assolutamente unica, tutta fondata su una inestinguibile voglia di riscatto intellettuale che egli coltiva fin dai tempi in cui era il più grande autore di canzoni per adolescenti innamorati. [...] L'ambizione, questa volta davvero sfrenata, è quella della grande allegoria che riunisca il senso della vita, e qui si fa davvero fatica a seguire il discorso, peraltro sorretto sempre da un eccezionale lavoro musicale. Si potrebbe pensare indifferentemente alle peregrinazioni di Ulisse (omerico, dantesco o joyciano fate voi), al percorso simbolico dei tarocchi, alle grandi saghe cosmogoniche della fantascienza e chi più ne ha più ne metta, oppure più prosaicamente alla storia fin troppo personale di un uomo che vive l'ambizione di lasciare un forte segno di sé. Altro che canzonette. L'enfasi diventa talmente accentuata, nel corso del viaggio, che si avverte tutta la fatica, il peso, l'insostenibilità delle domande poste, e alle quali (anche questo lo abbiamo appreso dal Costanzo show), non c'è risposta, ma guarda caso sono in sé una molla del vivere. [...] Se Baglioni dimostra di essere poeta lo è proprio in alcune splendide intuizioni melodiche, dove il suo talento brilla senza alcuna ambiguità. E c'è di più in quelle briciole di note che in tutta la velleitaria saga letteraria su cui il disco è imperniato.»
«Crediamo sia lecito, dunque, leggere il “concept album” di Baglioni come la storia di un lungo viaggio – una Genesi in piena regola – dove vige sovrana la legge instancabile del luogo comune. Canzoni estremamente ambiziose che dicono la loro sui mali del mondo, ma che non vanno quasi mai al di là di un fastidioso sapore didascalico. [...] Cosi ecco che ai suoni perfetti (certe frasi ritmiche sono d'alta scuola, cosi come certe atmosfere, soprattutto chitarristiche, suonano convincenti), fa da riscontro una musica che non si stacca dal Baglioni vecchio stile, morbido e ridondante, ovattato e tranquillizzante. Con tutti quei dubbi, quella Genesi che va dal mare fino alla rivelazione di «aver trovato se stesso», almeno una certezza il divo Claudio ce la dà: quella che ci toccherà pensare con qualche nostalgia agli amori da spiaggia e alle passioni adolescenti, ai «piccoli grandi amori» di tanti anni fa. Quando le ambizioni filosofiche erano meno. E la freschezza sembrava vera.»
«[...] Il caso più interessante è certamente quello di Claudio Baglioni e del suo doppio album Oltre: la casa discografica dichiara vendute ben novecentomila copie del disco [...]»