Il ritratto di Dorian Gray (titolo orig. The Picture of Dorian Gray) è un romanzo filosofico e horror gotico scritto dall'autore irlandese Oscar Wilde. Pubblicato dapprincipio in una versione più breve come racconto sul numero di luglio 1890 del periodico americano Lippincott's Monthly Magazine, la versione in formato romanzo fu pubblicata nell'aprile 1891. La storia ruota attorno a un quadro di Dorian Gray, dipinto da Basil Hallward, amico di Dorian e artista infatuato della bellezza eccezionale del giovane. Attraverso Basil, Dorian incontra Lord Henry Wotton e rimane presto affascinato dalla visione edonistica del mondo enunciata dall'aristocratico, secondo il quale la bellezza e l'appagamento sensuale sono le uniche cose che valgano la pena di perseguire nella vita. Comprendendo che la propria bellezza svanirà, Dorian esprime il desiderio di vendere la sua anima, per garantire che l'immagine dipinta, piuttosto che il proprio corpo, invecchierà e svanirà. Il desiderio è esaudito e Dorian persegue una vita libertina fatta di varie esperienze amorali pur rimanendo negli anni sempre giovane e bello; nel frattempo, il suo ritratto invecchia e registra visivamente tutti i peccati di Dorian.
Unico romanzo di Wilde, al suo apparire fu soggetto a molte controversie, critiche e stroncature, ma col tempo è stato riconosciuto come un capolavoro, un classico della letteratura gotica.
(Lord Henry Wotton, Il ritratto di Dorian Gray, capitolo I)
Alla fine di marzo del 1890, Wilde inviò il dattiloscritto ai redattori della rivista Lippincott's Monthly Magazine. Fu pubblicato, in una forma purgata dai redattori per censurare alcuni passi ritenuti scabrosi, nel luglio dello stesso anno; all'inizio del 1891 l'autore pubblicò su The Fortnightly Review una prefazione al romanzo ("A Preface to The Picture of Dorian Gray") per rispondere ad alcune polemiche sollevate dalla sua opera.
Nell'aprile 1891 Wilde fece stampare in volume il romanzo, unendovi la propria prefazione, da Ward, Lock & Company. L'autore modificò a sua volta il dattiloscritto, cancellando delle parti rischiose, aggiunse molti capitoli (il 3°, il 5°, il 15°, il 16°, il 17° e il 18°) per raggiungere le centomila parole richieste dall'editore, e anche per depistare i critici. L'autocensura fu inutile, e il romanzo fu usato - per il suo contenuto omosessuale, visibile soprattutto nel personaggio di Basil Hallward e in diverse allusioni fatte da Wilde all'immaginario degli omosessuali vittoriani - come arma processuale contro Wilde[1].
(Lord Henry Wotton, «Il ritratto di Dorian Gray»)
Il romanzo è ambientato nella Londra vittoriana del XIX secolo, un'epoca pervasa da una mentalità tipicamente borghese. Narra di un giovane di bell'aspetto, Dorian Gray, che arriverà a fare della sua bellezza un rito insano. Egli comincia a rendersi conto del privilegio del suo fascino quando Basil Hallward, un pittore, nonché suo amico, gli regala un ritratto da lui dipinto, il quale lo riproduce nel pieno vigore della gioventù.
Lord Henry Wotton avrà un ruolo decisivo nella vita dell'ancora ingenuo Dorian, che conosce proprio presso lo studio di Hallward. Ed è proprio lì che Wotton, con i suoi panegirici sulla bellezza, influenza negativamente Dorian, il quale comincia a guardare la giovinezza come qualcosa di veramente importante, tanto da provare invidia verso il proprio stesso ritratto, che sarà eternamente bello e giovane mentre lui invecchierà. Colpito dal panico, Dorian afferma che avrebbe dato qualsiasi cosa, anche la sua anima, per rimanere eternamente giovane e bello, cosa che avviene, con il quadro che mostrerà i segni della decadenza fisica e della corruzione morale al suo posto.
Dorian intraprende poi una tormentata storia d'amore con l'attrice di teatro Sybil Vane, con la quale avrebbe dovuto sposarsi. Ad un certo punto, Dorian inizia a notare che la sua figura raffigurata nel quadro stava iniziando a invecchiare, per poi assumere smorfie gradualmente spaventose tutte le volte che egli commetteva un atto feroce e ingiusto, come se fosse la rappresentazione della corruzione della sua coscienza. Nasconde perciò il quadro in soffitta e si dà a praticare una vita all'insegna del piacere, sicuro che il quadro patirà le miserie della sorte al posto suo.
Non rivelerà a nessuno l'esistenza del quadro, se non a Hallward, che poi ucciderà in preda alla follia fomentata dalle critiche del pittore, che ritiene causa dei suoi mali in quanto creatore dell'opera. Ogni tanto, però, si reca segretamente nella soffitta per controllare e schernire il suo ritratto che invecchia e si imbruttisce giorno dopo giorno, ma che gli crea anche tanti rimorsi e timori finché, stanco della sua malvagia vita, lacera il quadro con lo stesso coltello con cui aveva ucciso Hallward. Questo atto riporta il quadro alla bellezza originaria, mentre Dorian, ora con le fattezze di un vecchio ripugnante, giace a terra, morto, con il coltello conficcato nel petto.
Oscar Wilde in una lettera al suo amico Ralph Payne dice:
(Oscar Wilde, dalla Prefazione a «Il ritratto di Dorian Gray»)
L'opera, così come molte altre, appare ispirarsi in parte al mito del Dottor Faust, limitatamente al tema generale del conflitto tra piacere estetico-edonistico e moralità.[2][3]
Il ritratto di Dorian Gray si configura come un eccellente capolavoro della letteratura inglese e come una vera e propria celebrazione del culto della bellezza. Una ‘professione di fede’ che Wilde tende a fare propria e a perseguire nell'arco della sua intera esistenza, sia attraverso la sua produzione artistica sia per mezzo della sua condotta decisamente anti-vittoriana e anti-conformista, sprezzante del buonsenso e dei canoni della morale borghese.
La vita, per Wilde, si configura infatti come un'opera d'arte ben riuscita. Wilde opta quindi per il rovesciamento del principio secondo cui è l'arte che imita la vita, trasformandolo nel presupposto per il quale è la vita a imitare l'arte. La vita è pertanto prodotto e risultato dell'arte. Di qui l'importanza attribuita all'apparenza e al dominio dei sensi, che perviene quindi all'estetismo (dal greco αἴσθησις, ‘percezione con i sensi’), atteggiamento tipicamente wildiano e pateriano (ma anche dannunziano) e caratterizzato dalla concezione di un'arte fondamentalmente fine a sé stessa (art for art's sake).
Un'esperienza, quella estetica, che non sempre si rivela giusta e retta. La visione della vita come arte implica infatti da un lato la ricerca del piacere, ovvero l'edonismo, dall'altro uno stile di vita disinibito e dissoluto che porta allo sfacelo morale e, nel caso di Dorian Gray, al crimine.
Come tutte le opere di Wilde, anche Il ritratto di Dorian Gray è ricco di sentenze, collocate dai critici nella categoria di aforismi; questo particolare tipo d'espressione, artificiosamente spontanea se vogliamo, conferisce allo stile di Wilde un modo tagliente di affrontare le verità della vita, aderendo perfettamente al carattere, quasi armonizzato ai suoi stessi pensieri, di quello che probabilmente è il "crypto-personaggio principale" dell'opera, Lord Henry Wotton. La maggior parte degli aforismi, infatti, prende vita attraverso la straordinaria eloquenza di Henry, o comunque viene quasi sempre ricondotta alle sue oscure teorie sulla vita e sull'arte. Lord Wotton, per usare le parole con cui lo stesso autore lo descrive all'interno del romanzo, "sembra aver riassunto il mondo in una frase".
Non c'è affatto da stupirsi, quindi, se leggendo il romanzo ci sembra improvvisamente di avvertire un rovesciamento radicale dei ruoli conferiti ai personaggi della storia. Lord Henry molto spesso ne sembra l'indiscusso protagonista, quasi parlasse per bocca dello stesso autore. Wilde stesso parlò di questo punto in più occasioni, notando quasi con rammarico che tutti pensassero al romanzo come a un'opera autobiografica in cui, attraverso i vari personaggi, lo stesso autore non faceva altro che rappresentare i suoi conflitti. Non è da dimenticare che questa fu una parte decisiva rispetto alla sua successiva incarcerazione; i capi d'accusa contro di lui (derivati da quello che oggi appare un moralismo ipocrita e anti libertario) si rifacevano a passi di questo romanzo. Le colpe di Dorian Gray e gli affilati aforismi di Lord Henry diventarono ciò che veniva rimproverato all'autore stesso. L'impatto di Wilde sulla Londra vittoriana fu di inquietante potere culturale, nettamente d'avanguardia. Tutto quello che egli diceva, come si comportava, veniva preso come una rivolta contro le regole che facevano da pilastri a quel moralismo vittoriano che la psicoanalisi avrebbe demistificato. I suoi aforismi lo condannarono così come lo portarono ad avere un posto nella storia immortale della letteratura e del costume. Wilde inventò il coming out e lo argomentò su un piano filosofico e culturale inaccessibile ai suoi giudici e al pubblico meno evoluto.
Come molti critici si divertono molto spesso a sottolineare - non ci si stupisce poi che lo stesso autore detestasse questa particolare categoria -, quelli di Wilde non sono veri e propri aforismi, ovvero generalmente non sono autonomi, o slegati dal contesto; molti faticano a vedere le verità che si nascondono dietro il loro paradosso artistico. Ma la loro forma non è che il pretesto. Nonostante ciò, infatti, essi riescono forse con maggior precisione a far notare, o forse provare, al lettore tutto ciò che lo stesso scrittore precisamente voleva che arrivasse all'io segreto di chi legge.
Molte sentenze di Lord Wotton, pur parendo solo frasi a effetto o teorie che condensano luoghi comuni per poi rovesciarli, rispecchiano un profondo e arguto interesse filosofico nei confronti non solo della natura umana, ma anche verso ogni sua sfumatura, tanto da riuscire a giungere nei più nascosti e inconfessabili meandri dell'animo umano.
Vero è che molti aforismi del romanzo possono essere facilmente rovesciati, anche perché molti derivano dallo stesso rovesciamento di luoghi comuni; però esprimono ugualmente argute riflessioni, alle volte difficili da accettare per qualcuno; essi sottolineano l'enorme genialità di Wilde e la sua profonda conoscenza della vita e dell'Arte. È vero che Lord Wotton non sembra nutrire alcun riguardo verso la morale, ma questo solo poiché nella mente di Wilde, una mente dominata dall'Art for Art's sake (Arte per amore dell'Arte), - cioè devota al movimento culturale secondo il quale la bellezza giustificava i mezzi attraverso cui essa poteva essere raggiunta -, non esisteva affatto moralità o immoralità nel pensiero, così come nell'espressione, anzi, era solito dire che "in letteratura non esistono libri morali o immorali, un libro è ben scritto o mal scritto, tutto qui".
Lord Henry pronuncia anche molti paradossi autentici, questo a detta di molti, ma in qualche strano modo la cosa non fa che renderli più veri. Quasi incontestabili.
Non si percepisce nel libro un'esplicita condanna morale da parte di Wilde verso Dorian, anche se, ovviamente, dobbiamo assolutamente ricordare cosa pensasse l'autore riguardo l'influenza in generale, definendola il morbo supremo che deturpa il genere umano. È anche vero, però, che il pensiero di Wilde riguardo al suo rapporto col protagonista del suo romanzo e, forse, con sé stesso, era particolarmente controverso. In una delle sue ultime lettere infatti, egli scrive che non si capacitava di come tutti avessero frainteso il suo stesso libro: "Lord Henry," diceva "è come tutti pensano che io sia. Dorian è come vorrei essere. Basil, quello che in realtà sono."
Inoltre, il rapporto che hanno Dorian Gray e Lord Henry è il corrispettivo del reale rapporto che correva tra Walter Pater e Oscar Wilde: l'uno insegna all'altro l'arte di vivere secondo i principi dell'Estetismo, ma mentre il maestro conduce una vita tuttavia tranquilla (infatti Pater spese tutta la sua vita sui libri), spetta all'allievo mettere in pratica le regole del vivere.
Ecco uno degli aforismi di Lord Henry:
Nel periodo post bellico relativo alla Seconda guerra mondiale i comici Wayne e Shuster fecero una parodia del romanzo dove il protagonista mangiava a dismisura e il ritratto aveva alla lunga problemi con la cornice.
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