«Girotondo della guerra e dei bambini superstiti e alienati, i sopravvissuti a una guerra atomica che giocando e cantando sono convinti che prima un soldato li salverà, il soldato che la guerra rifiuterà, poi il buon Dio, poi l'aviatore, poi la gente e i fiori, finché le parole si intersecano e sovrappongono diventando illogiche .»
«“Girotondo” è la (canzone) più disperata (dell'album), perché nulla è più disperato e disperante del coro di bambini ebbri e pazzi di guerra: “la terra è tutta nostra”, ma se prima “ne faremo una gran giostra”, poi “giocheremo a farla nostra”. Un gioco che trova sempre nuovi estimatori, marcondiro’ndero marcondiro’ndà»
Il brano è una filastrocca cantata al ritmo di Marcondiro, scritta da De André sulla falsariga della tradizionale canzone italiana per bambini Oh che bel castello. Il testo rappresenta un dialogo formato da domande e risposte; i due interlocutori sono interpretati da De André, che si accompagna con la chitarra, e da un coro di bambini. Nella canzone sono presenti due dei temi trattati nell'album: la morte fisica e la morte psicologica riferita alla perdita dell'innocenza da parte dei bambini.[4]
La storia raccontata è in un certo senso kafkiana[5], sostenendo che il male succede senza che nessuno ne abbia consapevolezza o volontà: il soldato potrebbe non fare la guerra ma la guerra scoppia, Dio potrebbe intervenire ma non lo fa, l'aviatore potrebbe non gettare la bomba ma la bomba è già caduta e colpirà tutti indistintamente.[4]
L'autore nel testo si è servito della metafora del girotondo per esprimere la follia insita nella guerra. Il testo descrive un mondo sconvolto da bombe e carri armati dove per i bambini non vi è più spazio per giocare.
De André pone una domanda scomoda e terribile, "se verrà la guerra", ma anziché chiederlo a chi governa il mondo interroga i bambini, che non conoscono il male e che nella loro innocenza non possono neppure concepirlo, e ritrae l’assoluta follia della guerra attraverso il girotondo dei bambini che, come una metafora, ne riprende il ritmo forsennato, accelerato e senza senso. Il brano ha per quasi tutta la sua durata un ritmo lento e regolare, come una ballata, e solo verso la fine accelera in maniera sfrenata, dando l'idea di un'escalation fino a raggiungere il culmine.
De André in conclusione lancia un messaggio di speranza: la guerra è già scoppiata, la bomba è già caduta e ci sono troppe buche, ma comunque il mondo si riprenderà, perché saranno i bambini a garantire una speranza per l’umanità, abitando il mondo anche dopo la distruzione. Le stagioni, i colori e i profumi torneranno e i fiori continueranno a fiorire[6].
La canzone nel tempo è divenuta un manifesto contro la guerra[6][7].
«La filastrocca dei bambini impazziti, unici abitanti della terra dopo lo scoppio della bomba.» in Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, Roma 1999
Matteo Borsani e Luca Maciacchini, Anima salva. Le canzoni di Fabrizio De André, Tre Lune edizioni, Mantova, 1999 ISBN 8887355193