Eos (in greco antico: Ἠώς?, Ēṑs) o Eo è un personaggio della mitologia greca. È la dea greca dell'alba e corrisponde alla divinità romana Aurora e a quella etrusca Thesan.
Figlia di Iperione[1][2] e Tia[1][2], ebbe da Astreo[2] i quattro venti (Zefiro, Borea, Austro e Apeliote)[2], gli Astri (le stelle)[3], Fosforo[4], Vespero[5] e Astrea[6]. Dai mortali Titone[7] ebbe i figli Emazione[7] e Memnone[7], da Cefalo[8] ebbe Fetonte[8][9] e da Clito ebbe Cerano[10][11].
Tra i suoi padri, Ovidio e Gaio Valerio Flacco aggiungono Pallante[12][13], mentre tra gli altri figli a lei attribuiti c'è un altro Titone[14][15].
Al termine di ogni notte Eos giunge da est a bordo di una biga trainata da due cavalli (Faetonte e Lampo)[16].
Omero la descrive mentre è intenta ad aprire le porte del paradiso affinché il sole sorga e con la veste color zafferano e ricamata o tessuta con fiori con le dita rosee e le braccia dorate ed è raffigurata nella ceramica greca come una bella donna, incoronata con una tiara o un diadema sul capo e con le grandi ali di uccello[17][18].
Tra i suoi amanti divini ci fu Orione, che portò con sé a Delo e Ares, il dio della guerra, con cui condivise più volte il suo letto[19].
Offesa per il tradimento, Afrodite punì la dea sua rivale, condannandola a innamorarsi continuamente di comuni mortali e la maledizione ebbe il suo effetto poiché Eos, durante una sua passeggiata presso la città di Troia, intravide Titone, un giovane di straordinaria bellezza e di sangue reale. Così un giorno lo rapì[20] e lo condusse con sé in Aethiopia[7][21] e dalla loro unione nacquero i figli, Emazione e Memnone[7], quest'ultimo ucciso da Achille nella guerra di Troia. Da quel giorno, ogni mattina Eos piange inconsolabilmente il proprio figlio e le sue lacrime formano la rugiada[16].
Eos rapì anche Cefalo (che portò in Siria[8]) e Clito, che portò con sé nella dimora degli dei[10].
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