Dichiarazione d'indipendenza dell'Ucraina

Testo stampato sulla scheda elettorale per il referendum nazionale del 1 dicembre 1991.

L'Atto di dichiarazione d'indipendenza dell'Ucraina (in ucraino Акт проголошення незалежності України?, Akt prohološennja nezaležnostì Ukraïny) fu adottato dalla Verchovna Rada il 24 agosto del 1991[1] e istituì l'Ucraina come uno Stato indipendente.[1]

Il documento è conservato nell'Archivio di Stato centrale di Kiev.

Adozione

L'atto venne adottato nel periodo successivo al Putsch di agosto, quando i leader conservatori dell'Unione Sovietica cercarono di ripristinare il controllo centrale del Partito Comunista sull'URSS.[1] Come risposta, durante un'intensa sessione straordinaria di 11 ore,[2] il Soviet Supremo della RSS Ucraina approvò con una maggioranza assoluta l'Atto di dichiarazione,[1] con 321 voti favorevoli, 2 contro e 6 astenuti (su 360 presenti).[2] Il testo fu in gran parte scritto durante la notte tra il 23 e il 24 agosto principalmente da Levko Luk'janenko, Serhij Holovatyj, Mychajlo Horyn', Ivan Zajec e V″jačeslav Čornovil.[3]

I membri del Partito Comunista Ucraino, persuasi dal loro compagno di partito e presidente del parlamento Leonid Kravčuk,[3] capirono che non vi era alcuna scelta se non quella della secessione e di distanziarsi dagli eventi di Mosca, in particolare dal forte movimento anti-comunista nel Congresso dei deputati del popolo della Russia.[2] Durante il dibattito, il primo segretario del PCU Stanislav Hurenko disse che "se non votiamo per l'indipendenza, sarà un disastro".[2] I membri del partito furono snervati dalla notizia dell'arresto del Segretario generale ucraino del PCUS Vladimir Ivaško a Mosca, dalla ri-subordinazione dell'Armata Rossa ai leader della RSFS Russa e alla chiusura della sede del Comitato Centrale del PCUS.[3]

La prima pagina del giornale parlamentare Holos Ukrayiny con il testo della dichiarazione stampato sulla metà inferiore (27 agosto 1991).

Sempre il 24 agosto, il parlamento indisse un referendum come sostegno per la Dichiarazione d'Indipendenza,[1][2] su proposta dei leader d'opposizione Ihor Juchnov'skyj e Dmytro Pavlyčko.[2] Il parlamento votò anche per la creazione della Guardia nazionale dell'Ucraina e prese la giurisdizione di tutte le forze armate situate sul territorio ucraino.[2]

Oltre alla folla rumorosa che si era riunita sotto l'edificio del parlamento, in quel giorno le strade di Kiev erano tranquille e vi erano pochi segni di aperti festeggiamenti.[2]

Nei giorni successivi furono approvati numerosi decreti e risoluzioni: tutte le proprietà del PCUS furono nazionalizzate e affidate al Soviet Supremo e ai consigli locali, venne concessa un'amnistia per tutti i prigionieri politici, furono sospese tutte le attività del PCUS e tutte le azioni e i conti del Partito furono congelati in base alle indagini ufficiali su una possibile collaborazione con i golpisti moscoviti. Il parlamento formò un comitato d'inchiesta sulla reazione ufficiale durante il colpo di Stato e istituì un comitato sulle questioni militari relative alla creazione di un Ministero della difesa ucraino.[2]

Il 26 agosto 1991, il rappresentante permanente della RSS Ucraina alle Nazioni Unite (il Paese era con l'URSS un Paese fondatore[4]) Hennadyj Udovenko informò l'ufficio del Segretario generale dell'ONU che la sua missione permanente all'assemblea internazionale poteva ufficialmente essere designata in qualità di rappresentante dell'Ucraina.[4][5]

Nello stesso giorno, il comitato esecutivo di Kiev votò per rimuovere tutti i monumenti degli eroi comunisti dai luoghi pubblici, incluso il monumento di Lenin nella piazza Rivoluzione d'ottobre.[2] La grande piazza sarebbe stata rinominata Majdan Nezaležnosti (piazza Indipendenza) come anche la stazione della metropolitana posta al di sotto.[2]

Il 28 agosto 1991 più di 200 000 residenti di Leopoli dell'oblast' omonimo dichiararono la loro disponibilità nel servire la Guardia nazionale.[6]

Nel referendum sull'indipendenza dell'Ucraina del 1991, il popolo ucraino espresse un ampio consenso per l'Atto di Dichiarazione d'indipendenza, con più del 90% di voti favorevoli e l'affluenza dell'82%.[1] Il referendum si tenne nello stesso giorno della prima elezione presidenziale diretta dell'Ucraina, dove tutti i sei candidati presidenti appoggiarono l'indipendenza e fecero campagne per il "sì". Il turno referendario distrusse ogni speranza dell'Unione Sovietica di rimanere unita anche in una scala limitata, dato che l'Ucraina era seconda solo alla RSFS Russa per potere politico ed economico.

Una settimana dopo le elezioni, il neoeletto presidente Leonid Kravčuk si unì con la sua controparte russa e bielorussa nella firma dell'accordo di Belaveža, che decretò lo scioglimento dell'URSS,[7] avvenuto ufficialmente il 26 dicembre 1991.[8]

A partire dal 1992, il 24 agosto viene celebrato in Ucraina come il giorno dell'indipendenza.[9]

Riconoscimento internazionale

La Polonia e il Canada sono state le prime due nazioni a riconoscere l'indipendenza dell'Ucraina il 2 dicembre 1991,[10][11][12] seguite nello stesso giorno dal presidente del Soviet Supremo della RSFS Russa Boris El'cin.[13]

Gli Stati Uniti riconobbero il Paese il 25 dicembre 1991.[14][15] In quel mese l'indipendenza dell'Ucraina venne riconosciuta da 68 Stati e nel 1992 si aggiunsero altri 64 Paesi.[16]

Cronologia del riconoscimento internazionale dell'indipendenza dell'Ucraina
Data Stato
2 dicembre 1991 Polonia (bandiera) Polonia
2 dicembre 1991 Canada (bandiera) Canada
2 dicembre 1991 Russia (bandiera) RSFS Russa[17]
3 dicembre 1991 Ungheria (bandiera) Ungheria
4 dicembre 1991 Lettonia (bandiera) Lettonia
4 dicembre 1991 Lituania (bandiera) Lituania
5 dicembre 1991 Argentina (bandiera) Argentina
5 dicembre 1991 Croazia (bandiera) Croazia[18]
5 dicembre 1991 Cuba (bandiera) Cuba
5 dicembre 1991 Cecoslovacchia (bandiera) Cecoslovacchia
9 dicembre 1991 Estonia (bandiera) Estonia
11 dicembre 1991 Slovenia (bandiera) Slovenia
12 dicembre 1991 Georgia (bandiera) Georgia[19]
16 dicembre 1991 Bulgaria (bandiera) Bulgaria
16 dicembre 1991 Turchia (bandiera) Turchia
18 dicembre 1991 RSS Armena (bandiera) RSS Armena[19]
20 dicembre 1991 RSS Kirghisa (bandiera) RSS Kirghisa[19]
20 dicembre 1991 bandiera Turkmenistan[19]
23 dicembre 1991 RSS Kazaka (bandiera) RSS Kazaka[19]
23 dicembre 1991 Svizzera (bandiera) Svizzera
24 dicembre 1991 Afghanistan (bandiera) Afghanistan
24 dicembre 1991 Norvegia (bandiera) Norvegia
25 dicembre 1991 Iran (bandiera) Iran
25 dicembre 1991 Israele (bandiera) Israele
25 dicembre 1991 Messico (bandiera) Messico
25 dicembre 1991 bandiera Tagikistan[19]
25 dicembre 1991 Stati Uniti (bandiera) Stati Uniti
25 dicembre 1991 Jugoslavia (bandiera) Jugoslavia
26 dicembre 1991 Australia (bandiera) Australia
26 dicembre 1991 Brasile (bandiera) Brasile
26 dicembre 1991 Germania (bandiera) Germania
28 dicembre 1991 India (bandiera) India
26 dicembre 1991 Nuova Zelanda (bandiera) Nuova Zelanda
26 dicembre 1991 Perù (bandiera) Perù
26 dicembre 1991 Unione Sovietica (bandiera) Unione Sovietica
26 dicembre 1991 Siria (bandiera) Siria
26 dicembre 1991 Thailandia (bandiera) Thailandia
26 dicembre 1991 Uruguay (bandiera) Uruguay
27 dicembre 1991 Algeria (bandiera) Algeria
27 dicembre 1991 Bielorussia (bandiera) Bielorussia
27 dicembre 1991 Repubblica Popolare di Kampuchea (bandiera) Repubblica Popolare di Kampuchea
27 dicembre 1991 Cina (bandiera) Cina
27 dicembre 1991 Cipro (bandiera) Cipro
27 dicembre 1991 Francia (bandiera) Francia
27 dicembre 1991 Moldavia (bandiera) Moldavia
27 dicembre 1991 Vietnam (bandiera) Vietnam
28 dicembre 1991 Indonesia (bandiera) Indonesia
28 dicembre 1991 Italia (bandiera) Italia
28 dicembre 1991 Giappone (bandiera) Giappone
28 dicembre 1991 Giordania (bandiera) Giordania
29 dicembre 1991 Bangladesh (bandiera) Bangladesh
30 dicembre 1991 Finlandia (bandiera) Finlandia
30 dicembre 1991 Corea del Sud (bandiera) Corea del Sud
30 dicembre 1991 Libano (bandiera) Libano
30 dicembre 1991 Marocco (bandiera) Marocco
31 dicembre 1991 Belgio (bandiera) Belgio
31 dicembre 1991 Danimarca (bandiera) Danimarca
31 dicembre 1991 Grecia (bandiera) Grecia
31 dicembre 1991 Lussemburgo (bandiera) Lussemburgo
31 dicembre 1991 Paesi Bassi (bandiera) Paesi Bassi
31 dicembre 1991 Pakistan (bandiera) Pakistan
31 dicembre 1991 Spagna (bandiera) Spagna
31 dicembre 1991 Regno Unito (bandiera) Regno Unito
1 gennaio 1992 Iraq (bandiera) Iraq
2 gennaio 1992 Etiopia (bandiera) Governo di transizione dell'Etiopia
2 gennaio 1992 Laos (bandiera) Laos
2 gennaio 1992 Emirati Arabi Uniti (bandiera) Emirati Arabi Uniti
3 gennaio 1992 Egitto (bandiera) Egitto
3 gennaio 1992 Libia (bandiera) Libia
3 gennaio 1992 Panama (bandiera) Panama
4 gennaio 1992 Uzbekistan (bandiera) Uzbekistan
5 gennaio 1992 Bahrein (bandiera) Bahrein
7 gennaio 1992 Portogallo (bandiera) Portogallo
8 gennaio 1992 Romania (bandiera) Romania
10 gennaio 1992 Guinea (bandiera) Guinea
17 gennaio 1992 Mongolia (bandiera) Mongolia
19 gennaio 1992 Islanda (bandiera) Islanda
22 gennaio 1992 Filippine (bandiera) Filippine
24 gennaio 1992 Nepal (bandiera) Nepal
6 febbraio 1992 Azerbaigian (bandiera) Azerbaigian
11 febbraio 1992 Botswana (bandiera) Botswana
14 febbraio 1992 Sudafrica (bandiera) Sudafrica
4 marzo 1992 Madagascar (bandiera) Madagascar
7 maggio 1992 Ruanda (bandiera) Ruanda
2 giugno 1992 Senegal (bandiera) Senegal
8 giugno 1992 Tanzania (bandiera) Tanzania
23 luglio 1993  Macedonia

Note

  1. ^ a b c d e f Paul Robert Magocsi, A History of Ukraine: The Land and Its Peoples, University of Toronto Press, 2010.
  2. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Chrystyna Lapyčhak, Historic vote for independence, su The Ukrainian Weekly, 1º settembre 1991. URL consultato il 12 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 23 marzo 2014).
  3. ^ a b c (EN) A reform that ruined the Soviet Union, su The Ukrainian Week, 10 novembre 2018.
  4. ^ a b (EN) Activities of the Member States - Ukraine, su un.org, United Nations. URL consultato il 17 gennaio 2011.
  5. ^ (EN) Marta Kolomajec, U.N. Mission stresses statehood of Ukraine, su The Ukrainian Weekly, 1º settembre 1991. URL consultato il 12 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2016).
  6. ^ (EN) Newsbriefs From Ukraine, su The Ukrainian Weekly, 1º settembre 1991. URL consultato il 12 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2016).
  7. ^ Robert A. Saunders e Vlad Strukov, Historical Dictionary of the Russian Federation, Scarecrow Press, 2010, p. 75, ISBN 0810854759.
  8. ^ Rodney P. Carlisle e J. Geoffrey Golson, Turning Points – Actual and Alternate Histories: The Reagan Era from the Iran Crisis to Kosovo, ABC-CLIO, 2007, p. 111, ISBN 1851098852.
  9. ^ Ukraine Intelligence & Security Activities and Operations Handbook, International Business Publications, 2009, p. 268, ISBN 0739716611.
  10. ^ Roman Solchanyk, Ukraine and Russia: The Post-Soviet Transition, Rowman & Littlefield Publishers, 2000, p. 100, ISBN 0742510182.
  11. ^ Canadian Yearbook of International Law, vol. 30, University of British Columbia Press, 1992, p. 731, ISBN 9780774804387.
  12. ^ Roman Szporluk, Russia, Ukraine, and the Breakup of the Soviet Union, Hoover Institution Press, 2000, p. 355, ISBN 0817995420.
  13. ^ (EN) Francis X. Clines, Ex-Communist Wins in Ukraine; Yeltsin Recognizes Independence, in The New York Times, 3 dicembre 1991.
  14. ^ (EN) A Guide to the United States' History of Recognition, Diplomatic, and Consular Relations, by Country, since 1776: Ukraine, su Office of the Historian.
  15. ^ James E. Goodby e Benoit Morel, The Limited Partnership: Building a Russian-US Security Community, Oxford University Press, 1993, p. 48, ISBN 0198291612.
  16. ^ (EN) Ukrainian Independence, su Worldwide News Ukraine. URL consultato il 12 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2013).
  17. ^ Il riconoscimento dell'indipendenza dell'Ucraina da parte della RSFS Russa fu annunciata il 2 dicembre 1991 da Boris El'cin durante l'edizione della sera del notiziario Vesti.
  18. ^ De jure, repubblica costituente della RSF Jugoslava fino al 15 gennaio 1992. De facto, Stato indipendente
  19. ^ a b c d e f De jure repubblica costituente dell'URSS fino al 26 dicembre 1991. De facto Stato indipendente

Voci correlate

Collegamenti esterni

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