I due castra legionari di Vetera (in basso) con relative canabae e la vicina colonia (in alto a sinistra), oggi Xanten.
Periodo di attività
accampamento legionario semi-permanente in terra e legno dal 16 a.C. al 9 d.C. circa;[1] fortezza legionaria doppia dal 9 al 70; fortezza legionaria singola in pietra dal 70 al IV secolo.
primo campo doppio in legno e terra da Augusto a Nerone era di 910x610 metri circa, pari a 56,00 ha;[16] la fortezza in pietra per una sola legione costruita da Tito Flavio Vespasiano era di 575x430 metri circa pari a 24,65 ha.
Il primo castralegionario semi-permanente potrebbe appartenere ad un periodo di poco successivo al 20 a.C., quando Augusto e il futuro imperatore Tiberio, si recarono in Gallia nel 16 a.C.[1][18] Questo primo accampamento, costruito in legno e terra, fu fondato sul Fürstenberg vicino alla moderna Birten, e rimase attivo fino alla distruzione avvenuta in occasione della Rivolta batava del 70. Arrivò ad ospitare fino a 10.000 legionari, fungendo anche da base per la Classis Germanica. La posizione strategica dell'accampamento, costruito su un'altura, permetteva il controllo della confluenza del Reno e del Lippe.
Una volta affidato il compito di iniziare la conquista della Germania libera, al figliastro Druso, quest'ultimo nel 12 a.C., dopo aver respinto un'invasione di Sigambri, dei loro alleati Tencteri ed Usipeti, penetrò all'interno del territorio dei Batavi (probabili alleati di Roma) e devastò le terre di Usipeti e Sigambri. Dopo aver disceso con una flotta il Reno in direzione del Mare del Nord, si rese alleati i Frisi e penetrò nel territorio dei Cauci.[19]
Nell'11 a.C. Druso operò più a sud, affrontando e battendo nuovamente il popolo degli Usipeti. E proprio quest'anno utilizzò l'importante base legionaria di Castra Vetera, gettando nel corso della campagna un ponte sul fiume Lupia, l'attuale fiume Lippe e invase ancora una volta il territorio dei Sigambri (assenti poiché in lotta con i vicini Catti), costruendovi alcune fortezze (tra cui la latina Aliso); si spinse, infine, nei territori di Marsi e Cherusci, fino al fiume Visurgis, l'odierno Weser. Per questi successi ricevette gli onori trionfali (ovvero gli ornamenta triumphalia).[20]
Pochi anni più tardi (nell'8 a.C.), il fratello Tiberio, dopo aver condotto felicemente una nuova spedizione in territorio germanico contro i Sigambri, al termine delle operazioni militari ne trapiantò alcune decine di migliaia sulla riva sinistra del Reno, proprio nei territori circostanti l'accampamento di Vetera.[21]
Morto Augusto nel 14Vetera contribuisce all'ammutinamento delle legioni che volevano una riduzione della ferma militare ed un aumento della paga, ma che alla fine furono ricondotte all'obbedienza da Germanico, figlio adottivo dell'imperatoreTiberio. Partecipa con i suoi legionari alle successive operazioni contro i Germani di Arminio, al termine delle quali (nel 16), Tiberio creava due nuove "aree militarizzate" ad ovest del fiume Reno, divenute settant'anni più tardi le nuove province della Germania inferiore e della superiore.[24][25]
Nel 21 i suoi legionari presero parte alla repressione di una sollevazione nelle Gallie per avere ragione della quale devono intervenire le forze congiunte delle province di Germania e di Gallia. Ed ancora condussero una nuova campagna in territorio germano nel 28 contro i Frisi senza successo. Con la morte dell'imperatore Nerone, nel 69 le sue due legioni acclamarono Vitellio nuovo imperatore, lasciando che parte delle sue forze scendesse in Italia a sostenerlo. Nel 69-70, il castrum fu coinvolto nella Rivolta batava, al termine della quale entrambe le vexillationes lasciate a guardia del castrum (della V Alaudae e XV Primigenia), furono distrutte.[26][27]
Con il nuovo imperatore Vespasiano, dopo la distruzione conseguente la Rivolta batava, un secondo accampamento fu costruito a Bislicher Insel, con il nome Castra Vetera II.
Il vicino insediamento civile, abitato per lo più da ex-soldati, avendo raggiunto i 10.000-15.000 abitanti, ricevette attorno al 100 lo status di colonia romana dall'imperatore Traiano, che diede il proprio nome alla città chiamandola Colonia Ulpia Traiana. La nuova colonia vide aumentare rapidamente la propria importanza, fino a divenire la seconda città della Germania Inferior dopo Colonia Agrippinensis (la moderna Colonia).[17]
La Colonia Ulpia Traiana fece parte per i secoli successivi del settore nord del limesrenano, ed ebbe il difficile compito di respingere le numerose invasioni che si susseguirono in seguito alla formazione della federazione germanica dei Franchi a partire dal III secolo. Nel 275 la colonia fu quasi totalmente distrutta da un'incursione delle tribù germaniche dei Franchi: in suo luogo venne insediata una nuova città, più piccola ma fortificata e più facile da difendere, chiamata Tricensimae.[36] Questa nuova colonia fu poi abbandonata all'inizio del V secolo, in conseguenza dell'aumentare della pressione esercitata dalle popolazioni barbariche.
Alla città è associato il mito della Legione tebana, in quanto uno dei martiri di questa mitica legione, che si dice siano stati uccisi per essersi rifiutati di sacrificare agli dei sotto Diocleziano, era Vittorio di Xanten, e perché il martirio avvenne nei pressi della moderna Birten, quindi vicino alla Colonia Ulpia Traiana. L'attuale città di Xanten deriva il suo nome dal latino tardo "ad sanctos".
Nel 342 la federazione dei Franchi fu protagonista di un'incursione in territorio gallico, condotta a partire dalla loro area d'insediamento presso il Reno. Anche se furono respinti da Costanzo Cloro, la colonia presso l'attuale Xanten fu distrutta nel 351/352. Un decennio più tardi, nel 355-358Giuliano trovò ancora le rotte del Reno sotto il controllo dei Franchi e ancora una volta li pacificò, ma questa volta ai Franchi fu lasciata una fetta considerevole della Gallia Belgica, compresi i territori circostanti al castrum di Vetera.[37]
Da questo momento in poi i Franchi erano diventati foederati dell'Impero Romano. In sostanza costituirono il primo popolo germanico a stabilirsi permanentemente all'interno del territorio romano, incaricati di difendere la frontiera del Reno contro Alani, Suebi e Vandali.
Archeologia e vestigia di epoca romana
Dell'antica colonia di Colonia Ulpia Traiana e dei due castra ci sono rimaste numerose testimonianze archeologiche come testimonia la successiva galleria fotografica.
Il Reno in prossimità di Vetera.
L'ingresso al parco archeologico di Xanten è una ricostruzione della porta di Colonia Ulpia Traiana
Ricostruzione dell'antico anfiteatro romano di Colonia Ulpia Traiana (parco archeologico)
Ricostruzione dell'antico anfiteatro romano di 87x99 metri[38] di Colonia Ulpia Traiana (parco archeologico)
Ricostruzione delle antiche mura di Colonia Ulpia Traiana (parco archeologico)
Ricostruzione delle antiche mura di Colonia Ulpia Traiana con il "camminamento" (parco archeologico)
Ricostruzione di un antico tempio a Colonia Ulpia Traiana (parco archeologico)
Scavi archeologici a Colonia Ulpia Traiana
Le Terme ed il calidarium
Il sistema di riscaldamento delle Terme
Ricostruzione ipotetica dello spazio occupato dalle Terme
Altri dettagli dei ritrovamenti archeologici presso le Terme
Note
^abCarroll, Romans, Celts & Germans: the german provinces of Rome, p. 34.
Campbell, D.B., Roman legionary fortresses 27 BC - AD 378, Oxford 2006.
Carroll, Maureen, Romans, Celts & Germans: the german provinces of Rome, Gloucestershire & Charleston 2001.
Hanel, Norbert, Vetera I. Die Funde aus den römischen Lagern auf dem Fürstenberg bei Xanten, Köln, Bonn 1995.
Hanel, Norbert, Die Militärlager von Vetera I und ihre Lagersiedlungen, in Müller, Martin et alii (ed.), Colonia Ulpia Traiana. Xanten und sein Umland in römischer Zeit, Mainz 2008.
Keppie, Lawrence, The making of the roman army, University of Oklahoma 1998.
Liberati,A. – Silverio, E., Organizzazione militare: esercito, catalogo del Museo della civiltà romana, vol. 5.
Parker, H., Roman Legions, New York 1993.
Schonberger, H., The roman frontier in Germany: an archeological survey, in Journal of Roman Studies 59, Londra 1969.
Wells, C.M.,The German Policy of Augustus, in Journal of Roman studies 62, Londra 1972.