Fu rapito e ucciso il 14 aprile 2011 da un gruppo terrorista dichiaratosi afferente all'area jihādistasalafita,[5] che lo accusavano di essere entrato a Gaza "per diffondere la corruzione", minacciandone l'uccisione e chiedendo in cambio della sua liberazione la scarcerazione del loro capo, lo sceicco Abu al Walid al Maqdisi, e di alcuni militanti jihādisti detenuti nelle carceri palestinesi.[5] Il cadavere di Arrigoni fu ritrovato il giorno successivo dalle milizie di Hamas nel corso di un blitz in un'abitazione di Gaza.[6]
Biografia
Nacque a Besana in Brianza, figlio di Ettore Arrigoni e di Egidia Beretta, piccoli imprenditori, e fratello minore di Alessandra, assistente sociale.[7] La madre fu sindaco di Bulciago dal 2004 al 2014; il padre morì nel dicembre del 2011 a seguito di una lunga malattia.[8][9] I nonni, antifascisti, avevano combattuto nella seconda guerra mondiale[10]. Dopo il diploma di ragioneria, lavorò inizialmente nell'azienda di famiglia, dedicandosi nel frattempo all'aiuto umanitario.[11]
Nel 2005 venne inserito a sua insaputa nella lista nera delle persone sgradite ad Israele. Per questa ragione, il 26 marzo dello stesso anno, fu fermato in ingresso alla frontiera con la Giordania. Picchiato dai militari israeliani,[18][19] venne poi abbandonato in territorio giordano e soccorso da militari giordani.[18][20][21] Dopo un'interrogazione parlamentare sulla vicenda da parte del senatore Sauro Turroni al Ministero degli Esteri italiano,[19] lo scrittore israelianoAmos Oz spiegò ad Arrigoni che la sua presenza a Gaza era a suo parere sgradita poiché avrebbe potuto testimoniare contro Israele per crimini di guerra alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia.[22] Il 20 dicembre dello stesso anno, giunto in Israele per partecipare all'International Nonviolence Conference, venne arrestato con altri attivisti internazionali direttamente all'aeroporto di Tel Aviv e ferito; dopo un ricovero in ospedale e una detenzione di sette giorni fu espulso e rimandato in Italia.[18][23]
Nel settembre del 2007 partì in missione umanitaria in Libano. Presso il campo rifugiati di Beddawi lavorò all'ampliamento della clinica locale.[12]
Dopo la precedente espulsione tornò, passando via mare, a vivere a Gaza come attivista umanitario il 23 agosto del 2008; al suo arrivo ricevette la cittadinanza onoraria palestinese.[26] Dalla Striscia diffuse informazioni sulle dure condizioni dei palestinesigazawi. Nel novembre dello stesso anno fu ferito, incarcerato ed espulso dall'esercito israeliano per aver difeso quindici pescatori palestinesi che cercavano di pescare nelle proprie acque territoriali.[27][28] Rientrò definitivamente a Gaza il 21 dicembre, a bordo della nave Dignity del movimento Free Gaza.[29]
Reporter e scrittore
Particolarmente attivo nella comunicazione via Internet, gestendo più canali di informazione su YouTube e alcuni blog, tra i quali anche uno personale di critica e poesia,[30] Arrigoni era reporter per il quotidiano Il manifesto, per PeaceReporter,[31] per Radio 2 (più precisamente per il programma Caterpillar), per Radio Popolare,[32] per l'agenzia stampa InfoPal,[33] per Radio Onda d'Urto,[34] nonché commentatore per numerose altre testate italiane e internazionali.[35] Con ManifestoLibri, pubblicò nel 2009 il libro GazaRestiamo umani, raccolta dei propri reportage da Gaza, tradotto in inglese, spagnolo, francese, tedesco, e arabo con l'aggiunta di una postfazione dello storico israeliano Ilan Pappé.[36][37][38]
Durante l'Operazione Piombo fuso, il suo blogGuerrilla Radio, nato nel luglio del 2004,[39] e i suoi reportage ottennero notorietà internazionale in quanto egli era l'unico cronista sul campo all'inizio dell'operazione.[40] Il sito di Arrigoni, durante il corso dell'operazione, divenne il blog più visitato in Italia.[41][42]
In quel periodo fu anche oggetto, con altri membri dell'International Solidarity Movement (ISM), di esplicite minacce di morte da parte di un sito web (StopTheISM), vicino ad ambienti dell'estrema destra filoisraeliana, e indicato come primo bersaglio.[17][43][44][45] Nel maggio del 2009 venne insignito del Premio Città Sasso Marconi, con la motivazione che «i suoi pezzi, raccolti anche da televisioni e organizzazioni internazionali, sono stati impressionanti per verità, capacità descrittiva in diretta, pietà, solidarietà con le vittime civili, finendo sempre con l'esortazione "restiamo umani"».[46]
Il 4 gennaio 2011 ripubblicò sul proprio blog il manifesto dei giovani di Gaza Gaza Youth Breaks Out, come segno di protesta e di rivendicazione di libertà e democrazia sia dall'occupazione israeliana sia dall'oppressivo regime di Hamas.[53] Nelle ultime settimane della sua vita prese posizione a favore della cosiddetta Primavera araba, con l'auspicio di giungere a maggiore libertà e istituzioni democratiche per le popolazioni musulmane coinvolte.[54]
Rapimento e morte
La sera del 14 aprile 2011 venne rapito da un gruppo terrorista dichiaratosi afferente all'area jihādistasalafita,[5][55] anche se tre di loro smentirono in seguito l'appartenenza al gruppo,[56] all'uscita dalla palestra di Gaza nella quale era solito recarsi.[57] In un video immediatamente pubblicato su YouTube, in cui Arrigoni viene mostrato bendato e legato, i rapitori accusano l'Italia di essere uno "stato infedele" e l'attivista di essere entrato a Gaza "per diffondere la corruzione". Viene inoltre lanciato un ultimatum, minacciando l'uccisione di Arrigoni entro il pomeriggio del giorno successivo, e chiedendo in cambio della sua liberazione la scarcerazione del loro leader, Hisham al-Saedni, più noto come sceicco Abu al Walid al Maqdisi, e di alcuni militanti jihādisti detenuti nelle carceri palestinesi.[5][58][6][59]
Il giorno successivo, il corpo senza vita di Arrigoni fu rinvenuto dalle Brigate Ezzedin al-Qassam nel corso di un blitz in un'abitazione di Gaza;[6][60] secondo le forze di sicurezza di Hamas, la morte sarebbe avvenuta nella notte tra il 14 e il 15 aprile per strangolamento.[61] L'autopsia svolta successivamente all'Istituto di medicina legale dell'Università Sapienza di Roma confermò i rilievi palestinesi.[62]
Indagini e processo
Nei giorni seguenti, le indagini delle forze di sicurezza di Hamas condussero all'individuazione dei presunti responsabili del rapimento; il 19 aprile 2011 le milizie armate di Gaza penetrarono nel campo profughi di Nuseirat per eseguire gli arresti. Due terroristi - tra cui il capo, il giordano Abdel Rahman Breizat[63] - rimasero uccisi in un conflitto a fuoco, mentre un terzo venne fermato.[64] Fonti dell'organizzazione salafita dichiararono successivamente che la responsabilità del rapimento sarebbe stata da attribuirsi a un gruppo illegale "impazzito".[65][66]
Il processo per omicidio iniziò a Gaza l'8 settembre 2011[67] a carico di quattro soggetti (Abu Ghoul, 25 anni, Khader Jram, 26 anni, Mahmoud al-Salfiti - nome di battaglia Abu Khattab -, 23 anni[68][69], e Hasanah Tarek)[70] e si concluse il 17 settembre 2012 con due condanne all'ergastolo per omicidio (ridotte a 15 anni di reclusione) e altre due a 10 anni e 1 anno di carcere rispettivamente per rapimento e favoreggiamento.[71][72] La famiglia Arrigoni in quell'occasione si era dichiarata contraria alla pena di morte per gli assassini.[73]
Reazioni internazionali e funerali
L'omicidio di Arrigoni suscitò sdegno e proteste in tutto il mondo e fu condannato in modo unanime dalle Nazioni Unite e da vari capi di stato.[74] Le autorità della striscia di Gaza tributarono un "saluto solenne" con centinaia di partecipanti alla salma di Arrigoni prima del suo trasferimento verso l'Italia.[75]
Per rispettare le volontà di Arrigoni, la famiglia dispose che la salma tornasse in Italia passando dall'Egitto e dal valico palestinese di Rafah anziché dal territorio di Israele.[76] I funerali, svoltisi a Bulciago e celebrati da Monsignor Hilarion Capucci, videro la partecipazione di migliaia di persone giunte da tutta Europa.[77] L'assenza di rappresentanti del governo italiano e di un riconoscimento pubblico in memoria di Arrigoni causarono forti polemiche.[77][78]
Tra le molte manifestazioni di affetto vi fu anche quella di Moni Ovadia, che definì Arrigoni "un essere umano che conosceva il significato di questa parola".[79]
^(DE) Rainer Sinz, Obamas Seiltanz/Friedens-kontra Kriegskultur-Ein lyrisch-prosaischer Appell an die Vernunft im historischen Abriss seit dem Serbien-Kosovo-Krieg, in Pro Business, Berlino, 2010, p. 193, ISBN9783868057140.
Sabina Antonelli, Il bambino che non voleva essere un lupo, Segni e parole, 2016, ISBN978-88-908494-8-0.
Maria Assunta Ciardullo, Restiamo Umani - La scrittura come (r)esistenza nell'opera di Vittorio Arrigoni, Edizioni Accademiche Italiane, 2019, ISBN9786202087131.