Essendo il latino una lingua tendenzialmente SOV, il verbo si trova di solito alla fine di ogni proposizione. Il verbo, a seconda di forma, modo e tempo cambia la sua parte finale: questa modifica è chiamata coniugazione.
Nei lemmi dei verbi che si trovano su un dizionario latino, i verbi sono ordinati secondo la prima persona singolare del presente indicativo attivo e subito segue l'intero paradigma.
Dalla prima e dalla seconda voce si risale al tema del presente, utile per formare i tempi dell'infectum, dalla seconda e dalla quinta voce si risale alla coniugazione (la presenza della seconda persona personale è fondamentale per i verbi in io di terza coniugazione), dalla terza si ricava il tema del perfetto, che serve a formare alcuni tempi del perfectum e dalla quarta il tema del supino, indispensabile per i tempi composti passivi e per alcuni nomi o aggettivi verbali.
Per esempio:
laudō
prima persona singolare presente indicativo attivo
laudās
seconda persona singolare presente indicativo attivo
laudā- tema del presente con vocale tematica ā
laudāvī
prima persona singolare perfetto indicativo attivo
laudāv- tema del perfetto
laudātum
supino attivo
laudāt- tema del supino
laudāre
infinito presente attivo
-āre: il verbo appartiene alla prima coniugazione
Si noti che, nonostante siano possibili dei "raggruppamenti" come i seguenti per la formazione del tema del perfetto e del tema del supino, non è possibile sapere a priori quale sia la forma corretta. Inoltre, non possiamo dimenticarci due verbi suppletivi:
sum, fuī, ---, esse
ferō, tulī (*tutulī sincopato in -(t)tulī nei composti), lātum, ferre
...e degli irregolari con vocale rotica:
cernō, crēvī, crētum, cernere
sternō, strāvī, strātum, sternere
spernō, sprēvī, sprētum, spernere
Per il tema del perfetto, solitamente ci sono tre metodi:
Perfetto ad u: innovazione del proto-Italico tramite un suffisso *-β, i cui esiti sono -āv nella prima (laudō, laudāvī; eccezione: micō, micuī e gli altri verbi nella prima con supino senza ā, ma non pōtō, pōtāvī), -u nella seconda (moneō, monuī), -īv nella quarta (audiō, audīvī), allungamento della vocale nella radice nella terza (edō, ēdī; peculiare il caso di agō, ēgī ed alcuni altri in cui la a si allunga in ē)
Perfetto ad s: discendente dell'aoristo del proto-Indo-Europeo, prevede l'aggiunta di una -s, con alcune assimilazioni: c e g si fondono dando x, tranne se preceduti da altra consonante nel caso in cui quindi cadono.
Perfetto duplicato: si raddoppia la consonante iniziale (se s impura, tutto il gruppo consonantico viene raddoppiato) con una vocale epentetica, solitamente e (stō, stetī), tranne se la prima sillaba della radice ha vocale o oppure u, caso in cui viene ripetuta anche la vocale. Questa vocale epentetica, poi, viene ridotta ad i nei composti di stō, viene sincopata se il perfetto ha più di tre sillabe (respondeō, *respopondī > respondī). Nei verbi con a breve o ae quale vocale del tema, questa nel perfetto raddoppiato si riduce rispettivamente ad i ed ī (cadō, *cecadī > cecidī oppure caedo, *cecaedi, cecīdī), tranne se seguita da liquida, caso in cui diventa e/ē (fallō, *fefallī > fefellī). Possono essere difficile da riconoscere i composti di dō, dare come ad esempio perdō, ma si comportano regolarmente con riduplicazione in -didī (o sincopata in -dī).
Non è facile prevedere quale sia il perfetto di un verbo latino conoscendone solo il presente, ma si può comunque indovinare con buona probabilità:
La prima coniugazione utilizza il perfetto ad u, tranne i verbi dō e stō.
La seconda coniugazione utilizza il perfetto ad u, anche se nei seguenti verbi la ē viene mantenuta lo stesso: dēleō (che fa dēlēvi e non dēlui), fleō, neō, vieō, -plēo; irregolari sedeō con sēdī, strideō con strīdī, videō con vīdī; mordeō, pendeō, prandeō (composto di edō nei temi del perfetto e del futuro) usano raddoppiamento; altri verbi, però, usano il perfetto ad s: algeō, ārdeō, audeō, augeō, fulgeō, haereō, indulgeō, iubeō, lūceō, lūgeō, maneō, mulceō, mulgeō, rideō, suādeō, tergeō, torqueō, turgeō, urgeō.
La terza coniugazione è imprevedibile, perché annovera tutt'e tre i tipi di perfetto senza prediligerne alcuno; ci sono alcuni verbi che nel formare il perfetto con u ricalcano la quarta coniugazione dando -īv: arcessō, capessō, cupiō, incessō, lacessō, petō, quaerō, rudō, sapiō, terō.
La quarta coniugazione usa primariamente il perfetto ad u, anche se alcuni verbi perdono la ī nei temi del perfetto (aperiō, operiō, saliō) ed eccezionalmente usano il perfetto ad s i verbi amiciō, farciō, fulciō, hauriō, saepiō, sanciō, sarciō, sentiō, vinciō; usa raddoppiamento sincopato il componente *-periō; veniō forma il perfetto ad u come fosse della terza, quindi dando vēnī.
Per il tema del supino, solitamente si rimuovono gli infissi del tema del presente e si aggiunge -tum senza vocale epentetica. Avremo quindi amā-tum, moni-tum, lec-tum, audī-tum, ma ci sono altre regole da aggiungere:
La ē della seconda coniugazione scompare, diventa una -i epentetica se necessario (non *mon-tum ma moni-tum, però da auge-ō avremo auc-tum);
i suoni b e g si assimilano in p e c (*leg-tum diviene lec-tum);
i suoni qu e gu si delabializzano in c (*reliqu-tum diventa relic-tum);
la v finale si mischia alla vocale precedente, dando au, ō, ū (cav- di caveō dà cau-tum), con l'eccezione di lavō che dà lōtum e non lautum (lautus esiste, ma è participio passato perfetto e non supino). Raramente, la v etimologicamente diventa una c, come in vivō–victus;
le dentali d e t assimilano col suffisso, creando -ssum. (sed-ē- diventa quindi ses-sum). Questo incontro, anche se non sempre, perde una s e allunga la vocale che lo precede (da cad-ō avremo *cas-sum, cioè cā-sum). Eccezioni: gaudeo fa gāvīsum; maneō, mansus
per lo stesso motivo, da rg avremo -rsus;
i suoni ll e rr si semplificano, ma assimilano il suffisso in -sum (da curr-ō avremo *curr-tum, cioè cur-sum);
con la m viene inserita una p per facilitare la pronuncia (da *sum-tum avremo sump-tum).
Tuttavia, queste regole hanno sicuramente delle eccezioni, in particolare:
Certi verbi della prima coniugazione perdono la ā nella crezione del supino. I seguenti usano una i epentetica: crepō, cubō, domō, plicō, sonō, tonō, vetō; i seguenti, invece, aggiungono direttamente il suffisso (con le relative regole di assimilazione): domō, fricō, iuvō, secō; per finire, irregolare è pōtō con supino pōtum
Della seconda coniugazione, i seguenti verbi conservano la ē nel supino: dēleō, fleō, vieō, -pleō
Certi verbi della quarta coniugazione perdono la ī nella creazione del supino: veniō, amiciō, farciō, fulciō, hauriō, i composti del quasi-verbo -periō, saliō, sanciō, sarciō, sentiō, sepeliō (che fa sepultum), vinciō.
Non tutti i verbi posseggono il supino. Caso particolare d'esempio è il participio futuro del verbo essere (futūrus), che punterebbe ad un supino in *fū̆tum, cioè all'originale supino del verbo fīō, fierī, cambiamenti vocalici permettendo.
Le quattro coniugazioni
Le coniugazioni si distinguono, esclusivamente nei tempi derivati dal tema del presente, in base alla vocale tematica e sono:
tema in ā, ad esempio laud-āre. Caso eccezionale è il verbo dō, dare, dove la -a tematica è corta, tranne in dās (tu dài) e dā! (da'!), così come i suoi composti. Un particolare composto di questo verbo è il difettivo avente solo l'imperativo cedo!, cette! (*ced-te!), senza vocale alcuna.
tema in ē, ad esempio mon-ēre;
tema senza vocale tematica, con l'aggiunta:
di una ĕ, ad esempio leg-ĕre
di una ĭ, come cap-ĭō (infinito cap-ĕre per analogia: sono i cosiddetti verbi in -io di terza);
tema in ī, ad esempio aud-īre. Per via di leggi metriche della lingua latina, questa i tematica si accorcia se seguita da altra vocale (audiō, non audīō)
Tutti i verbi regolari rientrano in una di queste coniugazioni.
Forme, modi e tempi
Forme
Sono tre le forme che possono avere i verbi latini:
Attiva (cioè quando il soggetto compie l'azione)
Media (equivalente alla riflessiva italiana, o a forme come fare + infinito, cioè svolte nell' interesse del soggetto)
Passiva (quando il soggetto subisce l'azione). Solo i verbi transitivi hanno forma passiva.
Esistono poi verbi detti deponenti che hanno forma passiva e significato attivo, e altri chiamati semideponenti , in cui perfetto, piucchepperfetto e futuro anteriore hanno forma passiva e significato attivo.
Modi
Indicativo: come il corrispondente italiano, è il modo della certezza. Al suo interno si distinguono sei tempi:
Presente;
«Māter laudat puellam»
«La madre loda la fanciulla»
Imperfetto;
«Māter laudābat puellam»
«La madre lodava la fanciulla»
Futuro semplice (o futuro primo)
«Māter laudābit puellam»
«La madre loderà la fanciulla»
Perfetto;
«Māter laudāvit puellam»
«La madre ha lodato/lodò/ebbe lodato la fanciulla»
Piuccheperfetto;
«Māter laudāverat puellam»
«La madre aveva lodato la fanciulla»
Futuro anteriore
(o futuro secondo)
«Māter laudāverit puellam»
«La madre avrà lodato la fanciulla»
Congiuntivo: indica il dubbio, l'incertezza e la possibilità. È usato per tradurre anche il condizionale italiano. Ha quattro tempi:
Presente;
«Māter laudet puellam»
«Che la madre lodi la fanciulla»
Imperfetto;
«Māter laudāret puellam»
«Che la madre lodasse la fanciulla/La madre loderebbe la fanciulla»
Perfetto;
«Māter laudāverit puellam»
«Che la madre abbia lodato la fanciulla»
Piuccheperfetto;
«Māter laudāvisset puellam»
«Che la madre avesse lodato la fanciulla/La madre avrebbe lodato la fanciulla»
Imperativo: è il modo dell'ordine. Diversamente dall'italiano, in latino esiste sia un imperativo presente che uno futuro.
Futuro anteriore o futuro secondo: è il tempo che indica l'anteriorità temporale di un evento rispetto ad un momento del futuro e in italiano viene espresso dal futuro anteriore.
Coniugazione dei verbi regolari
Le desinenze personali
Esistono alcune desinenze caratteristiche di ognuna delle sei persone e si trovano in gran parte dei modi e dei tempi. Queste sono solitamente precedute dalla vocale tematica del verbo. Si distinguono tra l'attivo e il passivo e sono:[1][2]
Persona
Attivo
Passivo
1ª sing.
-ō/-m
-r
2ª sing.
-s
-ris/-re
3ª sing.
-t
-tur
1ª plur.
-mŭs
-mur
2ª plur.
-tis
-mĭnī
3ª plur.
-nt
-ntur
Le desinenze -m, -t, -nt attive e -r, -ntur passive accorciano la vocale alla quale si uniscono. La desinenza attiva -s, invece, allunga la vocale cui si unisce, a meno che non sia la vocale epentetica della terza coniugazione (legis, non legīs), la -i dei verbi in -io (capis, non capīs), la -i del futuro (amābis e amāveris, non amābīs e amāverīs).
Indicativo
Presente
Per formare il presente indicativo attivo si prende il tema del presente (1° voce del paradigma), si toglie la -ō e si aggiungono le desinenze personali.
La prima persona singolare fa eccezione: la desinenza utilizza è -ō all'attivo, -or al passivo. Questa, per crasi, fa cadere la -ā tematica della prima coniugazione.
Nella terza coniugazione, la vocale epentetica è -i, assente però nella prima persona singolare e nella terza plurale.
Nella terza persona plurale di terza e quarta coniugazione, la desinenza personale diventa -unt(ur).[3]
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-ō
mon-ĕō
leg-ō
aud-ĭō
laud-ās
mon-ēs
leg-ĭs
aud-īs
laud-ăt
mon-ĕt
leg-ĭt
aud-it
laud-āmus
mon-ēmus
leg-ĭmus
aud-īmus
laud-ātis
mon-ētis
leg-ĭtis
aud-ītis
laud-ant
mon-ent
leg-unt
aud-ĭunt
Stessa cosa per il passivo, con la sola differenza delle desinenze personali. La prima persona singolare aggiunge -or e non -r. La vocale epentetica della terza coniugazione cambia in -e alla seconda persona singolare.
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-or
mon-eor
leg-or
aud-ior
laud-āris
mon-ēris
leg-eris
aud-īris
laud-ātur
mon-ētur
leg-itur
aud-ītur
laud-āmur
mon-ēmur
leg-imur
aud-īmur
laud-āmini
mon-ēmini
leg-imini
aud-īmini
laud-antur
mon-entur
leg-untur
aud-iuntur
Imperfetto
Per quanto riguarda l'imperfetto, dopo il tema del presente si inserisce la vocale tematica, il suffisso -ēba- e la desinenza personale. Per crasi, questa e lunga scompare nella prima coniugazione (-ā-bā-) e nella seconda (-ē-bā-).
Il suffisso dell'imperfetto, così come quello del futuro delle prime due coniugazioni, deriva da una versione arcaica del verbo essere, più precisamente da un tema del presente in *-bhuH.[4]
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-ābam
mon-ēbam
leg-ēbam
aud-iēbam
laud-ābās
mon-ēbās
leg-ēbās
aud-iēbās
laud-ābat
mon-ēbat
leg-ēbat
aud-iēbat
laud-abāmus
mon-ebāmus
leg-ebāmus
aud-iebāmus
laud-abātis
mon-ebātis
leg-ebātis
aud-iebātis
laud-ābant
mon-ēbant
leg-ēbant
aud-iēbant
Così per il passivo (si cambiano come sempre le desinenze personali)
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-ābar
mon-ēbar
leg-ēbar
aud-iēbar
laud-abāris (-āre)
mon-ebāris (-āre)
leg-ebāris (-āre)
aud-iebāris (-āre)
laud-abātur
mon-ebātur
leg-ebātur
aud-iebātur
laud-abāmur
mon-ebāmur
leg-ebāmur
aud-iebāmur
laud-abāmini
mon-ebāmini
leg-ebāmini
aud-iebāmini
laud-abāntur
mon-ebāntur
leg-ebāntur
aud-iebāntur
Futuro semplice (o primo)
Il futuro semplice attivo presenta delle differenze tra le prime due coniugazioni e le altre.
Nella prima e nella seconda coniugazione, si ha il suffisso -bi. La i, epentetica e quindi non allungabile, viene perduta nella prima persona singolare (amābō, non amābiō) e nella terza plurale ove si aggiunge una u (amābunt, non amābint).
Nella terza e quarta coniugazione, si ha invece una semplice -ē, che diviene però -a alla prima persona singolare. Questo poiché nell'antico indoeuropeo, non esisteva una vera forma per il futuro, ma si usava il congiuntivo. Nel latino arcaico le due forme, del congiuntivo presente e del futuro semplice si stavano separando, con forme in -am, -as... per il congiuntivo e in -am, -es per il futuro. Si spiegano così le desinenze della terza e della quarta coniugazione
I suffissi in -bi- delle prime due hanno un'origine oscura, ma molti glottologi sono ormai concordi nell'affermare che sia l'evoluzione di una forma perifrastica: si partirebbe da "laudare bhuo", cioè "io sia (sarei/sarò) nel lodare". "Bhuo" sarebbe un antico congiuntivo di sum, il cui congiuntivo attivo nel periodo classico è, infatti, "sim", residuo non di un congiuntivo proprio, bensì di un ottativo, scomparso in latino ma attivo in molte lingue indoeuropee. "Bh" ha dato vita, per esempio, al tema del perfetto "-fu-", bhui>fui. Ad ogni modo, "laudare bhuo" si sarebbe evoluto in "laudabo". Rimane poi un'antica forma di futuro in -so, come capso o faxo[5] (da capio e facio) (vedere il greco λύσω) rapidamente scomparsa ma che si può trovare negli autori più antichi.
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-ābō
mon-ēbō
leg-am
aud-ĭam
laud-ābis
mon-ēbis
leg-ēs
aud-ĭēs
laud-ābit
mon-ēbit
leg-et
aud-ĭet
laud-ābimus
mon-ēbimus
leg-ēmus
aud-ĭēmus
laud-ābitis
mon-ēbitis
leg-ētis
aud-ĭētis
laud-ābunt
mon-ēbunt
leg-ent
aud-ĭent
Per quanto riguarda il passivo, è sufficiente cambiare le desinenze personali, ricordandosi che la i epentetica del suffisso -bi- diventa e alla seconda singolare.
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-ābor
mon-ēbor
leg-ar
aud-ĭar
laud-āberis
mon-ēberis
leg-ēris
aud-iēris
laud-ābitur
mon-ēbitur
leg-ētur
aud-iētur
laud-ābimur
mon-ēbimur
leg-ēmur
aud-iēmur
laud-ābimini
mon-ēbimini
leg-ēmini
aud-iēmini
laud-ābuntur
mon-ēbuntur
leg-entur
aud-ientur
Perfetto
Il perfetto latino ha un suo tema (la terza voce del paradigma) e delle sue desinenze particolari. Corrisponde al Passato prossimo, Passato remoto, Trapassato remoto italiano. Per formare quello attivo si prende il tema del perfetto, si toglie la i finale e si aggiungono queste desinenze:[6]
Desinenze
Esempio
-ī
laudav-ī
-istī
laudav-istī
-it
laudav-it
-ĭmus
laudav-imus
-īstis
laudav-īstis
-ērunt/-ēre
laudav-ērunt
Il passivo, invece, aggiunge, al participio perfetto del verbo, il verbo sum al presente indicativo.
Maschile
Femminile
Neutro
laudātus sum
laudāta sum
laudātum sum
laudātus es
laudāta es
laudātum es
laudātus est
laudāta est
laudātum est
laudāti sumus
laudātae sumus
laudāta sumus
laudāti estis
laudātae estis
laudāta estis
laudāti sunt
laudātae sunt
laudāta sunt
Ovviamente, quando le persone sono plurali, anche il participio perfetto viene declinato.[7]
Piuccheperfetto
Dal tema del perfetto deriva anche il piuccheperfetto. Corrisponde al Trapassato prossimo italiano. Per formarlo si aggiunge al tema del perfetto si aggiunge l'imperfetto del verbo sum (che è irregolare).[8] Si avrà quindi:
laudāv-eram
laudāv-erās
laudāv-erat
laudāv-erāmus
laudāv-erātis
laudāv-erant
Per il passivo, si aggiunge al participio perfetto l'imperfetto di sum:
Maschile
Femminile
Neutro
laudātus eram
laudāta eram
laudātum eram
laudātus erās
laudāta erās
laudātum erās
laudātus erat
laudāta erat
laudātum erat
laudāti erāmus
laudātae erāmus
laudāta erāmus
laudāti erātis
laudātae erātis
laudāta erātis
laudāti erant
laudātae erant
laudāta erant
Futuro anteriore o futuro secondo
E così anche per il futuro anteriore o futuro secondo[9], con la differenza che al posto dell'imperfetto è utilizzato il futuro semplice di sum, ma laudāv-erint viene usato al posto di *laudāv-erunt. Anche questa è solo una regola pratica. -er- è un vero suffisso, derivato da -is-e la i è la vocale del futuro[senza fonte].
Infatti, una definizione dice che il futuro anteriore o futuro secondo si forma con il tema del perfetto, unito a -eri- o -er- nella prima persona singolare e alle desinenze personali.[10]
Il futuro perfetto e il congiuntivo perfetto hanno forme identiche in tutto, fuorché per la lunghezza vocalica. Infatti, il suffisso nel futuro è -eri-, nel congiuntivo -erī-. Tuttavia, alcune forme diventano omofone, come laudav-erit (avrà lodato, che egli abbia lodato), per via degli accorciamenti dovuti alle desinenze personali.
laudāv-erō
laudāv-eris
laudāv-erit
laudāv-erimus
laudāv-eritis
laudāv-erint
Come per il piuccheperfetto si coniuga il futuro anteriore passivo, posponendo al participio perfetto il futuro semplice di sum:
Maschile
Femminile
Neutro
laudātus erō
laudāta erō
laudātum erō
laudātus eris
laudāta eris
laudātum eris
laudātus erit
laudāta erit
laudātum erit
laudāti erimus
laudātae erimus
laudāta erimus
laudāti eritis
laudātae eritis
laudāta eritis
laudāti erunt
laudātae erunt
laudāta erunt
Congiuntivo
Presente
Il Presente congiuntivo attivo denota un cambiamento della vocale tematica dei verbi: per la prima coniugazione il tema diventa ē, per la seconda le due vocali eā (che non formano dittongo), ā per la terza e il dittongo iā per la quarta.
Della formazione di queste voci si è già trattato nella sezione relativa al futuro semplice indicativo, ma esiste un altro tipo di congiuntivo presente, che si può trovare, per esempio, in sum (sim, sis, sit...) rimanenza di un antico presente ottativo.
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-em
mon-eam
leg-am
aud-iam
laud-ēs
mon-eās
leg-ās
aud-iās
laud-et
mon-eat
leg-at
aud-iat
laud-ēmus
mon-eāmus
leg-āmus
aud-iāmus
laud-ētis
mon-eātis
leg-ātis
aud-iātis
laud-ent
mon-eant
leg-ant
aud-iant
Il passivo è uguale all'attivo, con la sola differenza delle desinenze personali.
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
laud-er
mon-ear
leg-ar
aud-iar
laud-ēris
mon-eāris
leg-āris
aud-iāris
laud-ētur
mon-eātur
leg-ātur
aud-iātur
laud-ēmur
mon-eāmur
leg-āmur
aud-iāmur
laud-ēmini
mon-eāmini
leg-āmini
aud-iāmini
laud-entur
mon-eantur
leg-antur
aud-iantur
Per ricordare più facilmente le vocali tematiche del congiuntivo presente, si può fare ricorso a una formuletta: "Enea va via" ,che contiene in sequenza le vocali tematiche di tutte e quattro le coniugazioni -e- per la prima, -ea- per la seconda -a- per la terza ed -ia- per la quarta
Imperfetto
Per l'imperfetto congiuntivo, le desinenze personali vengono aggiunte all'infinito presente attivo del verbo (quinta voce del paradigma).[11] In verità, -rē- è un vero e proprio suffisso temporale, che anticamente era *-sē-. La s si è poi trasformata per rotacismo in r venendo a congiungersi con la forma dell'infinito. Soltanto nel verbo sum (infinito presente: esse) è rimasto l'antico suffisso. Così la regola pratica vale per tutte e quattro le coniugazioni e anche per i verbi irregolari. Sarà quindi:
laudā-rem
laudā-rēs
laudā-ret
laudā-rēmus
laudā-rētis
laudā-rent
lo stesso per il passivo (al solito cambiano le desinenze)
laudā-rer
laudā-rēris
laudā-rētur
laudā-rēmur
laudā-rēmini
laudā-rentur
Perfetto
Il perfetto congiuntivo si forma aggiungendo al tema del perfetto -er-[12], una -ī- (tipica dell'antico ottativo) e le desinenze personali. Questo tempo si può considerare in maniera euristica l'univerbazione fra il tema del perfetto (ad esempio, laudāv-), una -e- di supporto ed il congiuntivo del verbo essere dopo rotacizzazione (quindi *rim da sim). Ad eccezione di alcune sue forme, la lunghezza della vocale è l'unica differenza con gli omofoni dell'indicativo futuro perfetto.
laudāv-erim
laudāv-erīs
laudāv-erit
laudāv-erīmus
laudāv-erītis
laudāv-erint
Il passivo aggiunge al participio perfetto il congiuntivo presente di sum.
Maschile
Femminile
Neutro
laudātus sim
laudāta sim
laudātum sim
laudātus sīs
laudāta sīs
laudātum sīs
laudātus sit
laudāta sit
laudatum sit
laudātī sīmus
laudātae sīmus
laudāta sīmus
laudātī sītis
laudātae sītis
laudāta sītis
laudātī sint
laudātae sint
laudāta sint
Piuccheperfetto
Per il piuccheperfetto congiuntivo invece si prende l'infinito perfetto del verbo (cioè il tema del perfetto seguito da -issē)[13] seguito dalle desinenze personali:
laudāv-issem
laudāv-issēs
laudāv-isset
laudāv-issēmus
laudāv-issētis
laudāv-issent
e, al passivo, il participio perfetto con l'imperfetto congiuntivo di sum:
Maschile
Femminile
Neutro
laudātus essem
laudāta essem
laudātum essem
laudātus essēs
laudāta essēs
laudātum essēs
laudātus esset
laudāta esset
laudātum esset
laudātī essēmus
laudātae essēmus
laudāta essēmus
laudātī essētis
laudātae essētis
laudāta essētis
laudātī essent
laudātae essent
laudāta essent
Usi del congiuntivo
il congiuntivo esortativo esprime una preghiera, un'esortazione o un incitamento. Il suo tempo è il congiuntivo presente e la sua negazione è nē (oppure nēmō, nihil, nūllus, umquam).
Esempio. Cum dignitāte moriāmur.[Moriamo con dignità]
Il congiuntivo dubitativo, la cui negazione è nōn, esprime dubbio, incertezza ed è sempre sotto forma di interrogazione diretta. In italiano per lo più è introdotto dal futuro o dal condizionale dei verbi servili "dovere" o "potere" che in latino sono fraseologici, quindi non espressi direttamente. Si usa il congiuntivo presente se l'incertezza riguarda il presente o il futuro; il congiuntivo imperfetto se l'incertezza riguarda il passato.
Esempi. Rogem tē ut veniās? nōn rōgem ? [Dovrei pregarti di venire? non dovrei pregarti?]
Cūr illum nōn dēfenderem ? [Perché non avrei dovuto difenderlo?]
Il congiuntivo potenziale esprime la possibilità di un fatto puramente immaginario. Il suo soggetto è quasi sempre indeterminato. È introdotto dal futuro o dal condizionale dei verbi servili "potere" o "dovere" che in latino sono fraseologici. La sua negazione è nōn. In latino si esprime con il congiuntivo presente o perfetto se la possibilità è riferita al presente o al futuro; con il congiuntivo imperfetto se la possibilità è riferita al passato. Reggono il congiuntivo potenziale anche le espressioni fierī potest ut (= può accadere che) e forsitan (= può darsi che).
Esempi. Hīc dīxerit quispiam [A questo punto qualcuno potrebbe dire] (Cicerone)
Quis hoc putāret ? [Chi avrebbe potuto credere questo?] (Cicerone)
Il congiuntivo ottativo o desiderativo esprime un desiderio o un augurio. In italiano è di solito introdotto dalle espressioni "volesse il cielo che..", "chissà se...", "oh se...!", ecc. In latino si usa la particella utinam. Il congiuntivo ottativo ha quattro tempi: il presente se il desiderio è ritenuto possibile nel presente, l'imperfetto se è ritenuto impossibile nel presente; il perfetto, se il desiderio è ritenuto possibile nel passato, il piuccheperfetto se è ritenuto impossibile nel passato.
Esempi. Utinam veniās ! [Oh, se tu venissi!] (e ciò è possibile)
Utinam Fabius vīveret ! [Oh, se Fabio vivesse!] (irreale poiché è morto)
Utinam id fēcerit ! [Oh, se avesse fatto questo!] (possibile, dato che non so se l'abbia fatto o no).
Utinam id fēcisset ! [Oh, se l'avesse fatto!] (irreale, poiché so che non l'ha fatto).
Il congiuntivo concessivo esprime cosa che si accetta come vera, anche se non sempre è ritenuta tale. In italiano è introdotto dalle espressioni "ammetto pure che...", "concediamo pure che..." che in latino si rendono con le particelle sānē che segue subito il verbo o licet che solitamente lo precede.. La sua negazione è nē. Si usa il congiuntivo presente, se la concessione riguarda il presente, il congiuntivo perfetto se la concessione riguarda il passato.
Esempi. Nē sint in senectūte vīrēs; nē postulantur quidem [Ammettiamo che nella vecchiaia non vi siano le forze; ma in essa non si richiedono neppure] (Cicerone)
Fremant omnēs licet, dīcam quod sentiō [Si mettano pure tutti a strepitare, io dirò quello che penso] (Cicerone)
Il congiuntivo suppositivo esprime una supposizione o un'ipotesi. In italiano è introdotto dalle espressioni "supponiamo" o "supposto che", "poniamo" o "posto che...". La sua negazione è nōn. I tempi usati sono il presente o il perfetto, se la supposizione è considerata come possibile rispettivamente nel presente o nel passato; l'imperfetto o il piuccheperfetto, quando la supposizione è considerata irreale.
Esempi. Rogēs mē; nihil respondeam [Supponiamo che tu m'interroghi; io non ti risponderei nulla] Cicerone). (Qui c'è l'idea di possibilità).
Dedissēs huic animō pār corpus, fēcisset quod optābat [Supponiamo che tu avessi potuto dare a questo animo un corpo conforme: egli avrebbe fatto ciò che desiderava] Plinio). (Supposizione irreale).[14]
Imperativo
L'imperativo latino, ha, a differenza dell'italiano, oltre ad un tempo presente anche uno futuro. Le sue forme sono tutte derivate dal tema del presente, ma le desinenze sono proprie. Per il presente, esistono soltanto la seconda persona singolare e plurale, mentre per il futuro esistono uscite sia per le seconde persone che per le terze.
Presente
Attivo
Si forma con il tema del presente seguito dalla vocale tematica e desinenza zero per la seconda singolare, il plurale si forma aggiungendo semplicemente -te al presente, ma la vocale epentetica della terza coniugazione passa da e a i. La vocale epentetica può poi scomparire al singolare in certi verbi come dīcere (dīc!).
Persona
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
2° sing.
laud-ā
mon-ē
leg-e
aud-ī
2° plur.
laud-āte
mon-ēte
leg-ite
aud-īte
Passivo
Persona
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
2° sing.
laud-āre
mon-ēre
leg-ere
aud-īre
2° plur.
laud-āminī
mon-ēminī
leg-iminī
aud-īminī
Futuro
L'imperativo futuro non esiste in italiano, e in latino ha anche le terze persone.
Attivo
L'imperativo futuro attivo si forma aggiungendo una particella -tō alla forma presente. Il tō viene posposto alla vocale tematica, che per la terza coniugazione diventa i alla seconda e terza singolare. La terza plurale si forma aggiungendo alla forma presente una n e tō, ma per la terza e la quarta coniugazione la vocale tematica diventa, rispettivamente, u e iu.
Persona
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
2° sing.
laud-ātō
mon-ētō
leg-itō
aud-ītō
3° sing.
laud-ātō
mon-ētō
leg-itō
aud-ītō
2° plur.
laud-ātōte
mon-ētōte
leg-itōte
aud-ītōte
3° plur.
laud-antō
mon-entō
leg-untō
aud-iuntō
Passivo
La forma passiva dell'imperativo futuro è usata pochissimo[15] e si forma semplicemente aggiungendo una r alle voci attive, accorciando la vocale. Secondo rarissime testimonianze letterarie, in particolare inerenti al linguaggio sacrale, e come riportato nel trattato di grammatica antica De Verbo[16], esisterebbe una forma di seconda persona plurale, formata aggiungendo il suffisso minor alle forme dell'imperativo futuro attivo in -tōte, dopo aver rimosso questo suffisso: amāminor, monēminor, audīminor, legiminor. Tuttavia, alcuni glottologi sono del parere che questa forma sia in realtà stata creata a tavolino dai grammatici stessi e mai usata.
Per la seconda persona singolare e plurale l'imperativo negativo si rende con nē e il perfetto congiuntivo, se il comando è energico (es.: Nē fūgeritis, mīlitēs! = non scappate, soldati!). Si rende con la perifrasinōlī, nōlīte e l'infinito (anche con cave, cavēte o fac, facite nē e il congiuntivo presente) se il comando è dolce (es.: nōlī flēre; cave fleās = non piangere). Per le altre persone si usa nē e il congiuntivo presente, cioè il congiuntivo esortativo (es.: Nē difficilia optēmus = non desideriamo le cose difficili).
Infinito
Il modo infinito ha tre tempi: presente, perfetto e futuro. Quest'ultimo si può tradurre in italiano con una perifrasi del tipo essere per/stare per + l'infinito presente del verbo.
Presente
Il presente si forma aggiungendo al tema del presente:
-āre per la prima coniugazione;
-ēre per la seconda;
-ĕre per la terza;
-īre per la quarta.
Il passivo invece aggiunge queste desinenze:
-ārī per la prima coniugazione;
-ērī per la seconda;
-ī per la terza;
-īrī per la quarta.
Forma
1ª coniugazione
2ª coniugazione
3ª coniugazione
4ª coniugazione
Attiva
laud-āre
mon-ēre
leg-ĕre
aud-īre
Passiva
laud-ārī
mon-ērī
leg-ī
aud-īrī
Perfetto
L'infinito perfetto invece aggiunge al tema del perfetto la desinenza isse, formata dal tipico -is- dei tempi del sistema del perfectum e dal -se dell'infinito presente. Si avrà quindi, per esempio, laudāv-isse.
Il passivo aggiunge al participio perfetto l'infinito presente di sum (esse)
Numero
Maschile
Femminile
Neutro
Singolare
laudātum esse
laudātam esse
laudātum esse
Plurale
laudātōs esse
laudātās esse
laudāta esse
Futuro
L'infinito futuro attivo si forma con il participio futuro + l'infinito presente di sum
Numero
Maschile
Femminile
Neutro
Singolare
laudātūrum esse
laudātūram esse
laudātūrum esse
Plurale
laudātūrōs esse
laudātūrās esse
laudātūra esse
Il passivo vuole invece il supino del verbo (4° voce del paradigma) + īrī (forma derivata dal verbo irregolare eō, che significa andare) Sarà quindi, per esempio, laudātum īrī (traducibile come essere per venire lodato). In genere quindi si può dire che la forma infinita del futuro passivo esprime una intenzione o una volontà di fare qualcosa (quindi traducibile anche come intenzione di essere lodato)
Infinito storico-narrativo
L'infinito storico o descrittivo (detto anche narrativo) è usato al presente al posto dell'indicativo imperfetto con lo scopo di dare maggiore vivacità alla narrazione.
Esempio. Diem ex diē dūcere Haeduī; cōnferrī, comportārī, adesse dīcere [Gli Edui tiravano le cose in lungo; dicevano che lo si raccoglieva, che era in viaggio, che era in arrivo] (Cesare)
Gerundio
Il gerundio è la declinazione dell'infinito presente utilizzato come verbo sostantivato. Questa declinazione ha cinque casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, ablativo), ma il nominativo è l'infinito presente stesso. Le desinenze sono quelle di un nome della seconda declinazione con radice il tema del presente, ma prima di queste si aggiunge alla vocale tematica accorciata (a per la prima, e per la seconda e l terza, ie per la quarta) il suffisso nd.
Sarà quindi:
Caso
In latino
In italiano
Nom.
laud-āre
lodare
Gen.
laud-andī
di lodare
Dat.
laud-andō
a lodare
Acc.
(ad) laud-andum
per lodare
Abl.
laud-andō
per lodare
Come si evince dalla tabella, solo il gerundio ablativo corrisponde al gerundio italiano in quanto rende il complemento di tempo assoluto e andrebbe tradotto nel lodare e cioè lodando. Il gerundio accusativo, utilizzato per le proposizioni finali, è quasi sempre accompagnato dalla preposizione ad, anche se molte volte non si ricorre per le finali al gerundio ma al gerundivo.
Il gerundio può essere accompagnato da un oggetto diretto solo nei casi genitivo o ablativo senza preposizione; negli altri casi (dativo, accusativo e ablativo con preposizione) si utilizza di norma il gerundivo. Anche nei due casi in cui si può utilizzare il gerundio, si preferisce l'uso del gerundivo, eccetto quando l'oggetto è rappresentato da un pronome neutro.
L'infinito declinato che dipende da un verbo non si traduce con il gerundio: infatti nella frase Decisi di venire, non si esprime una declinazione dell'infinito, ma una subordinata oggettiva.
Gerundivo
Il gerundivo è un aggettivo verbale di sola forma passiva che indica necessità e bisogno.
«Puella laudanda »
«La fanciulla da lodare»
Si forma aggiungendo al tema del presente i suffissi:
-and- per la prima coniugazione;
-end- per la seconda e la terza;
-iend- per la quarta
e le uscite di un aggettivo della prima classe (-us, -a, -um). Dunque, almeno nella forma neutra, esso sarà identico al gerundio.
Caso
Masc. sing.
Masc. plur.
Femm. sing.
Femm. plur.
Neutro sing.
Neutro plur.
Nom.
laud-andus
laud-andī
laud-anda
laud-andae
laud-andum
laud-anda
Gen.
laud-andī
laud-andōrum
laud-andae
laud-andārum
laud-andī
laud-andōrum
Dat.
laud-andō
laud-andīs
laud-andae
laud-andīs
laud-andō
laud-andīs
Acc.
laud-andum
laud-andōs
laud-andam
laud-andās
laud-andum
laud-anda
Voc.
laud-ande
laud-andī
laud-anda
laud-andae
laud-andum
laud-anda
Abl.
laud-andō
laud-andīs
laud-andā
laud-andīs
laud-andō
laud-andīs
Questo modo è molto utilizzato nella costruzione chiamata perifrastica passiva (gerundivo + verbo essere) che esprime l'idea passiva del dovere:
«Puella laudanda est mātrī»
«La fanciulla è da lodare/va lodata dalla madre»
L'agente va in dativo, ma per evitare confusioni si può trovare anche nella solita costruzione di ā/ab e ablativo.
In latino il participio ha tre tempi: presente, perfetto e, a differenza dell'italiano, anche il futuro.
Presente
Di significato uguale all'italiano, si forma aggiungendo al tema del presente le desinenze:
-āns, -antis per la prima coniugazione;
-ēns, -entis per la seconda
-ens, -entis per la terza;
-iens, -ientis per la quarta.
Si declina poi come un nome del terzo gruppo della terza declinazione. L'ablativo singolare esce in -e quando il participio è usato come sostantivo, in -ī quando aggettivo.
Caso
Singolare
Plurale maschile o femminile
Plurale neutro
Nominativo
laud-āns
laud-antēs
laud-antia
Genitivo
laud-antis
laud-antium
laud-antium
Dativo
laud-anti
laud-antibus
laud-antibus
Accusativo
laud-antem
laud-antēs
laud-antia
Vocativo
laud-āns
laud-antēs
laud-antia
Ablativo
laud-antī/e
laud-antibus
laud-antibus
Perfetto
Il participio perfetto, oltre ad avere un significato proprio identico al participio passato italiano, come nella nostra lingua è importante per formare i tempi composti della forma passiva.
Come già detto in precedenza, si forma posponendo al tema del supino (4° voce del paradigma), le desinenze di un aggettivo della prima classe. Sarà quindi:
Caso
Masc. sing.
Femm. sing.
Neutro sing.
Masc. plur.
Femm. plur.
Neutro plur.
Nominativo
Laudāt-us
Laudāt-a
Laudāt-um
Laudāt-ī
Laudāt-ae
Laudāt-a
Genitivo
Laudāt-ī
Laudāt-ae
Laudāt-ī
Laudāt-ōrum
Laudāt-ārum
Laudāt-ōrum
Dativo
Laudāt-ō
Laudāt-ae
Laudāt-ō
Laudāt-īs
Laudāt-īs
Laudāt-īs
Accusativo
Laudāt-um
Laudāt-am
Laudāt-um
Laudāt-ōs
Laudāt-ās
Laudāt-a
Vocativo
Laudāt-e
Laudāt-a
Laudāt-um
Laudāt-ī
Laudāt-ae
Laudāt-a
Ablativo
Laudāt-ō
Laudāt-ā
Laudāt-ō
Laudāt-īs
Laudāt-īs
Laudāt-īs
Futuro
Il participio futuro non esiste più in italiano: può essere tradotto tramite una perifrasi del tipo che + il verbo al futuro semplice (laudātūrus sarà che loderà). Questa forma rimane però in alcune parole italiane che terminano in -uro, come nascituro (che nascerà) o futuro (futūrus è il participio futuro di sum e quindi che sarà). Per formarlo si aggiunge al tema del supino il suffisso -ūr- e le desinenze di un aggettivo della prima classe.
Il supino è un nome verbale della quarta declinazione, 4° voce del paradigma di ogni verbo, che però presenta solo due casi:
Il supino attivo, o accusativo con desinenza -um (per esempio laudāt-um)
Il supino passivo, o ablativo con desinenza -ū (laudāt-ū). Si forma sostituendo la -um del tema del supino con una -ū
Il supino attivo ha un valore di direzione o fine di un movimento (è a tutti gli effetti un accusativo). Si trova quindi nelle proposizioni che contengono verbi di moto con funzione finale e va quindi tradotto con una proposizione finale implicita:
«Māter īvit Rōmam laudātum puellam»
«La madre andò a Roma per lodare/a lodare la fanciulla.»
Il supino passivo ha una funzione di ablativo di limitazione usato spesso in relazione ad aggettivi come facilis, difficilis, horribilis:
«Facilis dictū »
«Facile a dirsi»
Verbi in -iō della terza coniugazione
Quindici verbi della terza coniugazione, dodici attivi e tre deponenti, hanno alcune forme con tema in i tanto che questi sono a volte inseriti nella cosiddetta coniugazione mista. Questi verbi (come cupiō, -is, cupīvī, cupītum, cupere) sono perfettamente regolari tra i tempi del perfectum, mentre nelle forme dell'infectum il tema è in -i-, ma diventa -e- davanti ad una r o a fine parola, per il fenomeno del frangimento.
Alcuni verbi hanno deposto la forma attiva per quella passiva ma hanno mantenuto lo stesso significato. Questi sono detti deponenti.
Formano come un regolare verbo passivo tutte le loro forme, ma hanno:
forma passiva e significato passivo per gerundivo e supino ablativo;
forma attiva e significato attivo per infinito futuro (hortātūrus esse e non hortātum īrī), gerundio e supino accusativo.
I verbi semideponenti hanno le forme derivate dal presente deponenti, ma regolari quelle dal perfetto. Il verbo revertor invece ha le voci dal perfetto regolari, quelle dal presente deponenti.
Coniugazione dei verbi irregolari
I verbi irregolari, o atematici sono quelli che non presentano temi fissi o non hanno la vocale tematica. Le irregolarità si presentano quasi esclusivamente tra le voci derivate dal tema del perfetto.
Sum, es, fui, esse
Il verbo essere in latino ha una funzione importantissima, ma una coniugazione altamente irregolare. È un verbo intransitivo quindi non ha forma passiva.
L'irregolarità principale di sum sta nel tema del presente (es), che diventa: s davanti a [i] o [u], er prima di un'altra vocale (rotacismo).
Si trovano, nel congiuntivo presente, anche le forme siēm, siēs, siēt... e fuam, fuās, fuat...; per l'imperfetto congiuntivo esiste anche forem, forēs, foret...
Sono regolari le voci derivati dal tema del perfetto (fu-)
Il verbo sum non ha supino, né gerundio, ha solo il participio futuro: futūrus, -a, -um; l'infinito presente è esse[20], quello futuro futūr-us, -a, -um, -i, -ae, -a esse oppure l'invariabile fore, quello perfetto fa regolarmente fu-isse
Come sum si coniugano i composti, ma
absum e praesum hanno i participi presenti absēns e praesēns
prōsum, che è formato da prōd e sum mantiene la d prima delle vocali nei tempi derivati dal presente (prōderam) ma la perde davanti a consonanti (prōsunt)
possum (pot + sum) mantiene la t nei tempi derivati dal presente davanti a vocale (potes), ma la trasforma in s davanti a consonante (possunt). Manca dell'imperativo e ha il participio presente potēns utilizzato però solo come aggettivo.
Ferō, fers, tulī, lātum, ferre
Questo verbo (portare) ha un'enorme diversità tra i temi (fer per il presente, tul per il perfetto e lāt per il supino) e manca della vocale tematica, anche se a volte aggiunge una i. All'imperativo non ha desinenza, o meglio, ha desinenza zero.[21]
Indicativo presente attivo
fer-ō
fer-s
fer-t
fer-i-mus
fer-tis
fer-unt
Indicativo presente passivo
fer-or
fer-ris
fer-tur
fer-i-mur
fer-i-minī
fer-untur
Indicativo imperfetto attivo
fer-ēbam
fer-ēbās
fer-ēbat
fer-ēbāmus
fer-ēbātis
fer-ēbant
Indicativo imperfetto passivo
fer-ēbar
fer-ēbāris
fer-ēbātur
fer-ēbāmur
fer-ēbāminī
fer-ēbantur
Indicativo futuro attivo
fer-am
fer-ēs
fer-et
fer-ēmus
fer-ētis
fer-ent
Indicativo futuro passivo
fer-ar
fer-ēris
fer-ētur
fer-ēmur
fer-ēminī
fer-entur
Congiuntivo presente attivo
fer-am
fer-ās
fer-at
fer-āmus
fer-ātis
fer-ant
Congiuntivo presente passivo
fer-ar
fer-āris
fer-ātur
fer-āmur
fer-āminī
fer-antur
Congiuntivo imperfetto attivo
fer-rem
fer-rēs
fer-ret
fer-rēmus
fer-rētis
fer-rent
Congiuntivo imperfetto passivo
fer-rer
fer-rēris
fer-rētur
fer-rēmur
fer-rēminī
fer-rentur
Imperativo presente attivo
fer
fer-te
Imperativo futuro
fer-tō
fer-tō
fer-tōte
fer-untō
Tutto il resto è regolare; non esiste imperativo passivo, l'infinito presente è ferre (passivo ferrī). Per participio presente, gerundio e gerundivo ferō si comporta come un verbo della seconda coniugazione.
Sul modello di ferō si coniugano i suoi composti [22], ma il perfetto e il supino di sufferō (avendo ceduto questi due modi a tollō, -īs, substulī, sublātum, tollere che li ha perduti per ferō) sono, rispettivamente, sustinuī e sustentum.[23]
Volō, nōlō e mālō
I tre verbi volō, nōlō e mālō significano volere, non volere e preferire. I loro paradigmi sono i seguenti:
volō
vīs
voluī
velle
nōlō
nōn vīs
nōluī
nōlle
mālō
māvīs
māluī
mālle
Volō
Questo verbo presenta il tema in tre modi diversi: vol-, vel- e vi-
Mancano i tempi dal supino, l'imperativo; l'infinito presente è velle, il participio presente volēns ha solo valore di aggettivo. Regolari i tempi derivati dal perfetto. Accanto a vult e vultis, arcaicamente, si trova volt e voltis; le forme di cortesia sī vīs e sī vultis (se vuoi/se volete) possono essere contratte in sīs e sūltis
Nōlō
Il verbo è formato da nōn e volō (significa infatti non volere), il nōn non si fonde nel verbo in alcune forme dell'indicativo presente.
Indicativo presente
nōlō
nōn vīs
nōn vult
nōlumus
nōn vultis
nōlunt
Indicativo imperfetto
nōl-ēbam
nōl-ēbās
nōl-ēbat
nōl-ēbāmus
nōl-ēbātis
nōl-ebant
Indicativo futuro
nōl-am
nōl-ēs
nōl-et
nōl-ēmus
nōl-ētis
nōl-ent
Congiuntivo presente
nōl-im
nōl-īs
nōl-it
nōl-īmus
nōl-ītis
nōl-int
Congiuntivo imperfetto
nōllem
nōllēs
nōllet
nōllēmus
nōllētis
nōllent
Imperativo presente
nōlī
nōlīte
Imperativo futuro
nōlītō
nōlītōte
Mancano i tempi dal supino, l'imperativo futuro ha solo le seconde persone; l'infinito presente è nōlle, il participio presente nōlēns. Regolari i tempi derivati dal perfetto.
Mālō
Il verbo è formato da magis e volō (letteralmente volere di più e quindi preferire) contratto prima in māvolō e poi ridottosi per similitudine a nōlō in mālō.
Indicativo presente
mālō
māvīs
māvult
mālumus
māvultis
mālunt
Indicativo imperfetto
māl-ēbam
māl-ēbās
māl-ēbat
māl-ēbāmus
māl-ēbātis
māl-ēbānt
Indicativo futuro
māl-am
māl-ēs
māl-et
māl-ēmus
māl-ētis
māl-ent
Congiuntivo presente
māl-im
māl-īs
māl-it
māl-īmus
māl-ītis
māl-int
Congiuntivo imperfetto
māllem
mālles
māllet
māllemus
mālletis
māllent
Mancano i temi dal supino, niente imperativo, il participio presente è mālēns e l'infinito presente mālle.
Eō, īs, iī/īvī, itum, īre
Questo verbo significa andare ed è intransitivo, ma ha forma passiva solo per la terza persona singolare e per le forme verbali nominali.
Nelle voci derivate dal presente ha radice e davanti a vocale, ī prima di consonante;
A differenza di ferō e volō, eō ha il futuro in -bō.
Indicativo presente
e-ō
ī-s
i-t
ī-mus
ī-tis
e-unt
Indicativo imperfetto
ī-bam
ī-bās
ī-bat
ī-bāmus
ī-bātis
ī-bant
Indicativo futuro
ī-bō
ī-bis
ī-bit
ī-bimus
ī-bitis
ī-bunt
Congiuntivo presente
e-am
e-ās
e-at
e-āmus
e-ātis
e-ant
Congiuntivo imperfetto
ī-rem
ī-rēs
ī-ret
ī-rēmus
ī-rētis
ī-rent
Imperativo presente
ī
ī-te
Imperativo futuro
ī-tō
ī-tō
ī-tōte
e-untō
Le forme passive sono le seguenti (equivalgono alle forme italiane si va e simili); nei tempi composti data l'assenza del participio perfetto, sono formate dal supino seguito dal verbo essere.
Indicativo presente
ī-tur
Indicativo imperfetto
ī-bātur
Indicativo futuro
ī-bitur
Indicativo perfetto
itum est
Indicativo piuccheperfetto
itum erat
Indicativo futuro anteriore
itum erit
Congiuntivo presente
e-ātur
Congiuntivo imperfetto
ī-rētur
Congiuntivo perfetto
itum sit
Congiuntivo piuccheperfetto
itum esset
Il tema del perfetto può essere indifferentemente i- e īv- e le desinenze sono regolari.
L'infinito presente è īre (passivo īrī), quello perfetto e quello futuro regolari, ma quello futuro non ha il passivo.
Il supino attivo è itum, il passivo fa regolarmente itū.
Non c'è participio perfetto, il presente è iēns, euntis, il futuro itūrus.
Il gerundio è eundī (genitivo), eundō (dativo), eundum (accusativo) e eundō (ablativo).
Composti di eō
Così come eō, si coniugano allo stesso modo i suoi numerosi composti. Mentre, però eō è intransitivo, alcuni dei suoi composti sono transitivi per effetto della preposizione (ab, ad eccetera), e ammettono dunque il passivo in diverse forme.
ab-eō, -īs, abiī, abitum, abīre, «andare via»;
ad-eō, -īs, adiī, aditum, adīre, «andare presso» e con significato transitivo, «incontrare»;
ante-ēo, -īs, anteiī, anteitum, anteīre, «andare inanzi» e con significato transitivo, «superare»;
circum-eō, -īs, circumiī, circumitum, circumīre, «andare attorno» e con significato transitivo, «circondare»;
co-ëō, -īs, coiī, coitum, coīre, «riunirsi» e con significato transitivo, «stringere» (un'alleanza);
ex-eō, -īs, exiī, exitum, exīre, «uscire»;
in-eō,-īs, iniī, initum, inīre, «entrare» e con significato transitivo, «intraprendere»;
inter-eō, -īs, interiī, interitum, interīre, «andare in rovina», «decadere»;
ob-eō, -īs, obiī, obitum, obīre, «andare verso» e con significato transitivo, «affrontare»;
per-eō, -īs, periī, perīre, «perire», (pereo viene utilizzato come passivo di perdō, «mandare in rovina» ed è mancante di supino. Esiste però il participio futuro che è peritūrus);
sub-eō, -is, subiī, subitum, subīre, «andare sotto» e con significato transitivo, «subire»;
trāns-eō, -īs, trānsiī, trānsitum, trānsīre, «passare oltre» e con significato transitivo, «attraversare»;
vēn-eō, -īs, vēniī, vēnitum, vēnīre, «essere venduto» (composto di vēnum+eō, «andare in vendita», è usato come passivo di vēndō, «dare in vendita», che ha soltanto le forme passive vēnditus e vēndendus).
Appartenente alla quarta coniugazione è ambiō, -īs, ambiī (o ambīvī), ambitum, ambīre, «andare intorno», anch'esso composto di eō (da amb+eō).
Sono composti di eō anche: queō, quīs, quīvī, quitum, quīre, «potere», «essere in grado di», «capaci di» e nēqueō, nēquīs, nēquīvī, nēquitum, nēquīre, «non potere», «non essere in grado di», «non capaci di». Entrambi i verbi sono mancanti in molte forme (part. futuro, imperativo, supino, gerundivo e gerundio); alcune forme sono arcaiche, altre rare, altre ancora poetiche.
Indicativo presente
queō
(quīs)
quit
(quīmus)
(quītis)
queunt
Indicativo imperfetto
(quībam)
(quībat)
(quibant)
Indicativo futuro
(quībō)
quībunt
Perfetto
(quīvī)
quīvit (o quiit)
qui(v)ērunt
Futuro anteriore
qui(v)erō
Congiuntivo presente
queam
queās
queat
queāmus
(queātis)
queant
Congiuntivo imperfetto
quīrem
quīret
quīrent
Congiuntivo perfetto
quīverit
(quīverint)
Infinito
quīre (al presente)
quīsse (al passato)
Participio Presente
quiēns
queuntis
Indicativo presente
nēqueō
(nēquīs)
nēquit
(nēquīmus)
nēquītis
nēqueunt
Indicativo imperfetto
(nēquībam)
nēquībat
nēquībant
Indicativo futuro
(nēquībit)
(nēquībunt)
Perfetto
nēquīvī
nēquīvistī
nēquīvit
nēquīvērunt
Piuccheperfetto
nēquīverat
nēquīverant
Congiuntivo presente
nēqueam
nēqueās
nēqueat
nēqueāmus
nēqueant
Congiuntivo imperfetto
nēquīrem
nēquīret
nēquīrent
Infinito
nēquīre (al presente)
nēquīvisse o nēquīsse (al passato)
Participio Presente
nēquiēns
nequeuntis
Nota: tra parentesi vengono messe le forme utilizzate solamente da autori del periodo post-classico. Come si può notare molte forme non vengono neanche inserite, alcune vengono usate su queō, altre su nequeō.
Fīō, fīs, fāctus sum, fierī
Questo verbo significa divenire, accadere (solo nelle terze persone) e viene usato come passivo di faciō (fare). È un verbo semideponente, perché ha le voci derivate dal presente attive e quelle dal tema del perfetto passive. Particolarità di questo verbo è che il tema del presente mantiene la vocale lunga (fī-) anche davanti ad altra vocale, in contrasto con le regole metriche della lingua latina.
Indicativo presente
fī-ō
fī-s
fi-t
fī-mus
fī-tis
fī-unt
Indicativo imperfetto
fī-ēbam
fī-ēbās
fī-ēbat
fī-ēbāmus
fī-ēbātis
fī-ēbant
Indicativo perfetto
fāctus, -a, -um (sum, es, est)
fāctī, -ae, -a (sumus, estis, sunt)
Indicativo futuro
fī-am
fī-ēs
fī-et
fī-ēmus
fī-ētis
fī-ent
Congiuntivo presente
fī-am
fī-ās
fī-at
fī-āmus
fī-ātis
fī-ant
Congiuntivo imperfetto
fie-rem
fie-rēs
fie-ret
fie-rēmus
fie-rētis
fie-rent
Imperativo presente
fī
fī-te
Imperativo futuro
fī-tō
fī-tō
fī-tōte
Tutte le voci derivanti dal perfetto si coniugano nello stesso modo, tranne che per il tempo del verbo essere.
Si avrà infatti:
eram, erās, erat / erāmus, erātis, erant (Indicativo Piucheperfetto)
erō, eris, erit / erimus, eritis, erunt (Indicativo Futuro Anteriore)
sim,sīs,sit / sīmus, sītis, sint (Congiuntivo Perfetto)
essem, essēs, esset / essēmus, essētis, essent (Congiuntivo Piucheperfetto)
Il participio perfetto è factus, -a, -um, manca quello presente, faciendus il participio futuro.
L'infinito presente è fierī, quello perfetto factus esse e quello futuro factum īrī.
Manca il gerundio, il gerundivo è faciendus, -a, -um.
Edō, edis, ēdī, ēsum, edere
Il verbo edere (= mangiare) accanto alla flessione regolare, ha in alcuni tempi (indicativo presente, infinito presente e tempi da esso derivati) forme secondarie atematiche che apparentemente coincidono con le voci del verbo sum, ma che in realtà sono diverse per la quantità della vocale radicale. Al presente indicativo seconda singolare si ha ēs oltre ad edis, alla seconda plurale si ha ēstis. Al congiuntivo imperfetto troviamo, oltre alle voci regolari, anche: ēssem, ēssēs, esset, ēssēmus, ēssētis, ēssent. All'infinito presente, oltre a edere, c'è ēsse. All'imperativo presente incontriamo anche le forme ēs, ēste. All'imperativo futuro ci sono anche le forme ēstō, ēstō, estōte. Al passivo si trova la doppia forma solo nelle voci impersonali: editur ed ēstur (= si mangia) ederētur ed ēssētur (= si mangiasse).[25]
Verbi impersonali
I verbi impersonali, in latino, possono dividersi in cinque categorie: i verbi di fenomeni naturali, i verbi assolutamente impersonali e quelli relativamente impersonali, i verbi personali che a volte diventano impersonali e i verbi intransitivi, che, al passivo prendono valore impersonale.
I verbi come iuvat, iūvit, iuvāre (piacere), detti anche di sentimento hanno solo la terza persona singolare. La loro costruzione è particolare: la persona che prova il sentimento va in accusativo, la cosa verso cui si prova il sentimento in genitivo.
I verbi come decet, decuit, decēre (addicersi) hanno sia la terza persona singolare che quella plurale. Si costruiscono con l'accusativo della persona cui (per esempio) si addice qualcosa; per quanto riguarda la cosa che si addice, si può trovare, a seconda dei casi, il nominativo (se la cosa è costituita da un nome o un pronome), l'infinito (se la cosa è costituita da un verbo) oppure una frase infinitiva (se la cosa è costituita da una frase.)
Seppure i verbi difettivi sarebbero quelli mancanti anche del solo perfetto, o del supino, quelli che in latino sono solitamente definiti tali si possono dividere in tre gruppi:
Verbi a cui mancano i tempi derivati dal tema del presente
Verbi che hanno solo poche forme
Forme verbali stereotipate
Verbi senza presente
I verbi senza presente sono coepī, meminī e ōdī.
Coepī (iniziare) si traduce normalmente, e viene sostituito per i tempi derivati dal tema del presente da un sinonimo.
Meminī (ricordare) ed ōdī (odiare), invece, hanno nella loro coniugazione solo i tempi derivati dal tema del perfetto più alcune forme, ma si traducono come fossero presenti. Cioè meminī, che sarebbe un perfetto, non si traduce con io ricordai, ma con io ricordo. E così memineram (piuccheperfetto) si trasforma nell'imperfetto italiano io ricordavo, meminerit (futuro anteriore) diventa nella traduzione il futuro semplice egli ricorderà. La stessa cosa avviene per ōdī.
Meminī possiede anche un imperativo futuro (mementō, mementōte) che naturalmente si traduce in italiano con l'imperativo presente (ricorda, ricordate).
Ōdī invece ha anche un participio futuro ōsūrus, -a, -um.
Se però si vuole il vero perfetto, piuccheperfetto o futuro anteriore di meminī o ōdī è necessario utilizzare sinonimi come recordor (ricordare) o, per, ōdī, la perifrasi odium habeō [in aliquem].
Il verbo aiō (= affermo). Introduce un discorso indiretto. Si incontrano le seguenti forme: indicativo presente (aiō, ais, ait, -, -, aiunt); imperfetto indicativo (aiēbam, aiēbās, aiēbat, aiēbāmus, aiēbātis, aiēbant); perfetto (-, aistī, ait); congiuntivo presente (-, aiās, aiat); participio presente (aiēns).
Il verbo inquam (= dico io). si usa inserito nel discorso diretto. Si trovano le seguenti forme: inquam, inquis, inquit, inquimus, inquitis, inquiunt); imperfetto (-, -, inquiēbat); futuro (-, inquiēs, inquiet); perfetto (inquiī, inquistī, inquit); congiuntivo presente (-, -, inquiat); imperativo (inque! al presente, inquitō! al futuro).
Il verbo for (= parlare). Il suo uso è poetico. Si incontrano: il presente indicativo (for, fāris, fātur, fāmur, fāminī, fantur); il futuro (fābor, fābēris, fābitur); l'imperativo (fāre); l'infinito (fārī); il participio presente (fāns, fantis); il participio perfetto (fātus, a, um); il gerundio al genitivo (fandī) ed ablativo (fandō); il gerundivo (fandus).[27]
Verbi frequentativi, incoativi, desiderativi, causativi
Sono verbi frequentativi gli intensivi e iterativi. Morfologicamente sono verbi in -ā derivati dal tema del participio perfetto o del supino: dīctus da dīctāre; pulsus da pulsāre; raptus da raptāre; territus da territāre; dormītum da dormitāre.
Gli incoativi sono verbi della III coniugazione caratterizzati dal suffisso -scō ed indicano l'inizio del processo verbale: rubeō (sono rosso) /rubēscō (divento rosso); albeō (sono bianco) / albēscō (divento bianco); palleō (sono pallido)/ pallēscō (divento pallido); caleō (sono caldo)/calēscō (mi riscaldo); flōreō (fiorisco)/flōrēscō (incomincio a fiorire); etc.
I desiderativi sono ad esempio: capessō (voglio prendere); facessō (voglio fare); lacessō (cerco di attirare), etc.
Sono causativi i verbi che "causano", "fanno fare" l'azione espressa nella radice. Hanno tema in -ē. Sono ad esempio: mon-e-ō (faccio ricordare); noc-e-ō (faccio danno); fov-e-ō (faccio riscaldare), etc.[28]
Il verbo videor
Il verbo videor, vidēris, vīsus sum, vidēri ("sembrare") in latino ha la costruzione personale e la costruzione impersonale.[29]
Costruzione personale
1. Sembra che...
Si prende il soggetto, espresso o sottinteso, della proposizione dipendente e si fa soggetto di videor, mentre la proposizione dipendente si pone all' infinito col nominativo del complemento predicativo, se questo è espresso (Esempio: "Camillus ā cīvibus pulsus esse vidētur" = Sembra che Camillo sia stato allontanato dai cittadini).
Sembra di.....
In questo caso soggetto di videor sarà la persona stessa cui sembra, cioè il complemento di termine, che è il soggetto logico della proposizione; per il resto valgono le norme già enunciate. (Esempio: "Beātī (nōbīs) esse vidēmur" = Ci sembra di essere felici [= noi sembriamo (a noi) essere felici.]
Costruzione impersonale
La costruzione impersonale alla terza persona singolare (vidētur, vidēbātur, vīsum est, vīsum erit) si ha:
1. Nelle frasi incidentali (Esempio: "Dīvidāmus, sī tibi vidētur, iniūriam ā contumēliā" = Separiamo, se ti va, l'ingiuria dall'insulto).
2. Quando la proposizione dipendente ha un soggetto indeterminato; il che avviene:
a) nel significato di sembrar bene, sembrare opportuno (Esempio: "Vīsum est mihi dē senectūte aliquid cōnscrībere" = Mi è parso opportuno scrivere qualcosa intorno alla vecchiaia);
b) quando il verbo "sembrare" è accompagnato da un aggettivo neutro, come iūstum, aequum, ūtile, vērisimile, etc. (Esempio: "Optimum vīsum est cōnsulem revocārī" = Parve cosa migliore che si richiamasse il console);
c) quando nella proposizione dipendente si trova un verbo impersonale, come piget, pudet, etc. (Esempio: "Mihi vidētur eās studiī taedēre" = Mi sembra che esse abbiano a noia lo studio); oppure quando nella dipendente si trova la perifrasi futūrum esset o fore ut e il congiuntivo (Esempio: "Mihi vīsum est fore ut studērēs" = mi parve che tu avessi studiato).
Forme isolate
Esistono in latino delle forme verbali isolate. [30]
Age, agĭte (= orsù ! Suvvia ! Animo!) sono propriamente le forme imperative di agō, usate con valore di interiezione. Esempio: Ēia, age, rumpe morās (Virgilio) = Suvvia, rompi gli indugi!
Avē, avēte (= sta, state bene; salute!). Ritenuti da alcune forme disusate dell'imperativo di aveō, in realtà nascono come saluto dal Cartaginese ḥawe (con plurale ḥawū latinizzato in (h)avō). Esempio: Avē, Caesar, imperātor ! = Salute, Cesare, comandante!
Quaesō, quaesumus (= ti prego, ti preghiamo = di grazia). Sono forme arcaiche di quaerō. Esempio: Dīcite mihi, quaesō, quid fēcerītis = Ditemi, di grazia, che cosa avete fatto.
Salve, salvēte (= buon giorno; ti saluto, vi saluto, ecc.) sono forme dell'imperativo di salveo e si usavano negli incontri.
Vale, valēte (= sta, state bene; addio), voci del verbo valeō usate come formula di commiato anche nelle lettere.
Forme sincopate ed accorciate
Forme sincopate. Nei perfetti in -vī (-āvī, -ēvī, -ōvī, -īvī) e nei tempi derivati si può sopprimere la sillaba -vī, vē̆ quando trovasi dinanzi a s o r. Per effetto di tale accorciamento o sincope la vocale precedente (a, e, o) si allunga. Esempi: amāram (per amāvēram), amārim (per amāverim), delērat (per delēverat); audīstis (per audīvistis), etc. Invece i perfetti in -īvī, quando al sillaba vī, ve è seguita r, perdono solo la consonante v. Esempi: audīeram (per audīveram); audīerint (per audīverint).
Forme accorciate. Nella terza persona plurale del perfetto indicativo, oltre la forma regolare fuerunt, amāverunt, etc., il cui uso si trova fra poeti e alcuni scrittori. Nella seconda persona singolare dei passivi e deponenti è abbastanza frequente, soprattutto in Cicerone, la terminazione in -re (invece che in -ris), fatta eccezione dell'indicativo presente. Esempi: Monēbere (per monēberis); legēbāre (per legēbāris); amārēre (per amārēris).[31]
Costruzione a senso
La costruzione a senso (constructio ad sententiam) è quella particolare concordanza in cui il genere e il numero del predicato è determinato più dal soggetto naturale o logico della proposizione, che da quello grammaticale.[32] Questo avviene:
con i nomi collettivi al singolare, come multitūdō, cōpia, turba, exercitus, classis, pars, etc. in cui il predicato non solo può essere collocato al plurale, ma, quando sia espresso attraverso un aggettivo o un participio, può prendere anche il genere del soggetto logico (cioè, del genitivo dipendente). Ad esempio: Multitūdō hominum occīsī sunt.
Con i sostantivi neutri mīlia e capita (= i capi, nel senso di promotori), purché siano accompagnati da un genitivo di persona 8non di cosa).
Ad esempio: Samnītium caesī (più frequentemente: caesa) sunt tria mīlia (Livio). Capita coniūratiōnis virgīs caesī sunt (Livio).
Legge dell'anteriorità
In azione contemporanea l'uso dei tempi è uguale nelle due lingue [Es.: Sī valēs, bene est = se stai bene, è buona cosa]. In azione non contemporanea, invece, si dovrà osservare la legge dell'anteriorità, mentre in italiano principale e dipendente sono allo stesso tempo.[33] Ciò avviene soprattutto con:
l'ipotetica se (anche iterativa = tutte le volte che) [Es.: Sī quis puer in hortum intrāverat, dominus eum mulcābat = se un ragazzo entrava (tutte le volte che...era entrato) nell'orto, il padrone lo conciava per le feste];
la temporale quando (pure di valore iterativo = tutte le volte che = cum in latino) [Es.: Cum vīderit necārī patrem suum fīliumve, vir bonus nōn flēbit ? (Seneca) = L'uomo dabbene, quando vedrà (ogni volta che avrà visto) che si uccide o il proprio padre o il proprio figlio, non si metterà a piangere?];
i pronomi e avverbi o che raddoppiano o che escono in -cumque (quisquis, quīcumque, chiunque; ubīcumque, quōcumque, ovunque, ecc.); nonché tutte le congiunzioni temporali di valore iterativo.[Es.: Plausum sī quis accēperat, nē quid peccāsset pertimēscēbat (Cicerone) = Se uno (ogni volta che uno) riceveva (in latino: "aveva ricevuto") un applauso, cominciava a temere d'avere sbagliato in qualche cosa]. [Es.: Sī tē rogāverō aliquid, nōnne respondēbis? (Cicerone) = Se ti chiederò (in latino: "avrò chiesto") qualcosa, non mi risponderai forse?]
Note
^ Fabio Cupaiuolo, Problemi di lingua latina, Napoli, Loffredo, 1991, pp. 193-197.
^"Vocali lunghe nell'ultima sillaba di polisillabi dinnanzi a -t, -r, -s, -l sono ancora lunghe negli antichi scenici, ma sono abbreviate più tardi (Ennio ha talvolta la quantità antica, talvolta la recente): Plauto uxōr, arāt, solēt; Ennio splendĕt, mandebăt, ma anche ponebāt" Giorgio Pasquali, PROSODIA, in Enciclopedia italiana, 1935. URL consultato il 20 agosto 2018.
^Per rappresentare con maggior efficacia cose o avvenimenti già passati e per farli rivivere sotto gli occhi del lettore, si trova il presente storico, in luogo del perfetto. Ad esempio: "Caesar suas copias in proximum collem subducit, aciem instruit (Cesare) = Cesare ritira le sue truppe sul più vicino colle e ne prepara lo schieramento". Con la congiunzione temporale dum (= mentre, ma nel senso di nel momento in cui) si usa il presente storico in luogo dell' imperfetto, come accade in italiano, per esprimere un'azione simultanea a quella della principale. Ad esempio:" Dum Romani consultant, Saguntum summa vi oppugnabatur = Mentre i Romani stavano discutendo, Sagunto era stretta d'assedio con tutte le forze". (Italo Bartoli, Sintassi del verbo per la V ginnasio, pag. 15, SEI, Torino, 1975).
^L'imperfetto può anche avere valore di conato, quando si vuole esprimere il semplice tentativo di un'azione senza però condurla a termine. In italiano si ricorre ad un verbo fraseologico, come "tentare di....", "cercare di...." [Es.: Britanni nostros intra munitiones ingrĕdi prohibebant (Cesare) = I Britanni cercavano d'impedire ai nostri di penetrare entro le fortificazioni]. L'imperfetto può anche avere il valore di consuetudine, quando si intende indicare il ripetere abituale di un fatto. In italiano si ricorre ad espressioni fraseologiche quali: "soleva....", "era solito....". [Es.: Carthagine quotannis bini reges creabantur (Nepote) = A Cartagine ogni anno si solevano eleggere due re].
^La terminazione è in xo anziché in so perché la voce verbale è composta da fac + so e la cs diventa x.
^Esistono in latino perfetti in -vi (amavi, implevi, audivi, etc.); perfetti a raddoppiamento (pu- pŭgi da pungĕre; te-tigi da tangĕre; tu-tŭdi da tundĕre; cu-curri da currĕre, etc.); perfetti ad alternanza vocalica radicale rispetto al presente indicativo (ĕdo /ēdi; lĕgo/lēgi; vĕnio/vēni; fŭgio/fūgi; ăgo/ēgi; căpio/cēpi; făcio/fēci); perfetti sigmatici che escono in -sī (dico/dixi; spargo/sparsi, scribo/scripsi, etc.).(Alfonso Traina, Giorgio Bernardi Perini, Propedeutica al latino universitario, pagg. 134-144, Pàtron editore, Bologna, 1981).
^In latino esiste il perfetto logico (che corrisponde al nostro passato prossimo) che si ha quando si vuole indicare un’azione compiuta nel presente: vīxērunt, sono vissuti = non sono più; oppure quando si vuole indicare un’azione del passato i cui effetti però durano nel presente: Deus mundum creāvit = Dio ha creato il mondo. Così, per estensione, alcuni perfetti logici hanno significato di presente, in quanto denotano uno stato presente ottenuto come effetto di un’azione passata. Si indicano qui questi perfetti logici nel loro significato fondamentale e poi nel significato di presente: cognōvī, didicī, nōvī (ho imparato a conoscere; so, conosco); cōnsēdī (da cōnsīdo: mi sono seduto; seggo, sto seduto); cōnstitī (da cōnsistō: mi sono fermato; sto); cōnsuēvi (mi sono abituato, sono solito); dēcrēvī (mi sono deciso; sono deciso); meminī (ho richiamato alla memoria, ricordo); oblītus sum (mi sono dimenticato; non ricordo); ōdī (ho preso in odio; odio); perspexī (da perspiciō: ho osservato; conosco bene). (Italo Bartoli, Sintassi del verbo per la quinta ginnasio, pag. 20, SEI, Torino, 1975).
^Questa è solo una regola pratica. -er- è un vero suffisso, derivato da -is- e la a è la vocale del passato.
^La regola non è esatta perché il suffisso dell'imperfetto congiuntivo è rē (lungo), mentre per l'infinito è rĕ (breve)
^-er- (antico -is) è un suffisso comune tra i tempi derivati dal perfetto
^E anche questa è solo una regola pratica: c'è l'-is- dei tempi derivati dal perfetto (stavolta non trasformatosi in -er-) seguito dal -se- del congiuntivo imperfetto.
^ "Il congiuntivo" in Sintassi latina per la quinta ginnasio di Italo Bartoli, pagg. 41-51, SEI, Torino, 1975.
^A tal punto che Vittorio Tantucci, in Urbis et orbis lingua neppure la inserisce nella coniugazione verbale
^Sussidi Eruditi 38 - Tre testi grammaticali Bobbiesi - GL V 634-654, pag. 33)
^Queste quattro forme sono attestate solo nel suddetto manuale di grammatica antica De Verbo. L'unica forma letterariamente accertata di imperativo futuro passivo alla seconda plurale è Praefamino, con terminazione in mino e non in minor, utilizzata da Catone con scopi sacrali.
^Queste forme in i sono rimasugli dell'antico ottativo
^Forma alternativa dalla morfologia dell'imperfetto, viene utilizzata come futuro
^Questo -se è la desinenza originaria dell'infinito, tramutatasi poi negli altri verbi in -re per rotacismo
^L'imperativo a desinenza zero si ha anche con la seconda persona singolare di dīcere (dīc), dūcere (dūc) e facere (fac).