Uberti

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Uberti
Partito: nel 1° d'oro all'aquila di nero uscente dalla partizione; nel 2° scaccato d'oro e d'azzurro. (ramo di Firenze) Partito: nel primo di rosso con una mezz'aquila d'argento movente dalla partizione; nel secondo scaccheggiato d'oro e d'azzurro di cinque file. (ramo di Sicilia)
Data di fondazioneXI secolo[1]
Arme originaria Uberti
Blasonatura
Scaccato d'oro e d'azzurro.

Gli Uberti furono una famiglia nobile fiorentina[1] molto potente del partito ghibellino sino al XIII secolo e della Sicilia del XIV secolo.[1]

Storia

La famiglia era originaria di Firenze,[1] e il personaggio storico più famoso di essa fu Farinata degli Uberti,[1] guida della fazione ghibellina della città e menzionato da Dante Alighieri, con Fazio degli Uberti e San Bernardo degli Uberti.

A Firenze e dintorni, in particolare nel Chianti,[2] furono proprietari di diversi palazzi, tra i quali possono essere ricordati gli ormai scomparsi Palazzo dei Fanti e Palazzo dell'Esecutore di Giustizia,[3] sulle cui rovine fu successivamente costruito il celebre Palazzo Vecchio, conosciuto in un primo momento come Palazzo dei Priori o Palagio Novo, sul quale è posto lo stemma della famiglia.

Dopo la caduta degli svevi e il ritorno al potere dei guelfi a Firenze, gli Uberti, esponenti di primo piano della fazione ghibellina in Toscana, furono banditi dalla città in modo perpetuo e costretti a fuggire.[4] Alcuni di questi si trasferirono nel territorio di Castiglion Fiorentino, nei pressi della Rocca Montanina, da cui probabilmente prese il nome la piccola frazione di Valuberti.

Ramo siciliano

Arrivarono in Sicilia[1] alla fine del XIII secolo e Federico III d'Aragona, nel 1338, assegnò a Scaloro degli Uberti[5] il titolo di Gran Protonotaro del Regno di Sicilia in quanto figlio di Giacoma Palizzi e nipote di Damiano I Palizzi, signore di San Fratello e anch'egli Gran Protonotaro. Scaloro fu creato signore di Asaro (oggi Assoro), Condrò e Gatta, conte di Asaro nel 1337 e signore della terra di Sperlinga[6] dal gennaio 1338. La famiglia, caposaldo della "fazione latina" durante il Vespro siciliano, venne punita con l'esproprio nel 1347 e poi, con un successivo atto di clemenza di Federico IV d'Aragona, fu reintegrata delle proprietà. Giovanni degli Uberti, figlio e successore di Scaloro, si distinse per la strenua opposizione a Martino I di Sicilia, opposizione che gli sarebbe costata la vita.[7] Tutti i possedimenti del ramo siciliano passarono alla famiglia Montaperto.[8]

Ramo mantovano

Mantova, Piazza Sordello, Ca' degli Uberti

Un ramo della famiglia fiorentina si stabilì, agli inizi del XIV secolo, anche a Mantova,[1] dove edificò, in Piazza Sordello, il palazzo tardogotico che da loro prese il nome[9]. Appartennero alla famiglia anche due vescovi di Mantova[10]:

e altri personaggi:

Albero genealogico

 UBERTI
 
 
 Jacopo
 
 
 Farinata
1212-1264
sp. Adelata
 
  
Beatrice
sp. Guido Cavalcanti
Lapo
1247-1312
 
  
 Farinata
Ghino

Note

  1. ^ a b c d e f g Crollalanza, p.54.
  2. ^ Pievi, parrocchie e castelli di Greve in Chianti.
  3. ^ Manente degli Uberti detto Farinata.
  4. ^ Gli Uberti di Firenze: dall’apice al tracollo.
  5. ^ Antonio Marrone, I titolari degli Uffici centrali del Regno di Sicilia dal 1282 al 1390 (PDF).
  6. ^ Castello di Sperlinga - Storia Castello di Sperlinga - Dominazione Aragonese
  7. ^ E. Igor Mineo, Nobiltà di stato: famiglie e identità aristocratiche del tardo Medioevo: la Sicilia, Roma, Donzelli, 2001, SBN VIA0087299.
  8. ^ Scaloro degli Uberti, in Wikipedia, 2 settembre 2024. URL consultato l'11 novembre 2024.
  9. ^ Lombardia Beni Culturali. Cà degli Uberti.
  10. ^ Mario Castagna, Valerio Predari, Stemmario mantovano, vol. 1, Montichiari, 1991.
  11. ^ Liriche edite ed inedite di Fazio degli Uberti.

Bibliografia

  • Francesco Galvani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, vol. 3, Firenze, 1864.
  • Fazio degli Uberti, Rodolfo Renier, Liriche edite ed inedite di Fazio degli Uberti, Firenze, 1883.
  • Giovan Battista di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili o notabili italiane estinte e fiorenti, vol. 3, A. Forni, 1890.

Voci correlate

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