Il Signore degli animali è una figura sovrannaturale la cui origine si può far risalire sino alle società paleolitiche di cacciatori; era l'essere da cui dipendeva l'esito della caccia e quindi la sopravvivenza del gruppo. Quando, nel Neolitico, si introdussero l'agricoltura e l'allevamento, il ruolo del Signore degli animali si ampliò, conservando il suo patronato sugli animali selvatici ed estendendolo anche a quelli domestici e genericamente ad ogni cibo[1].
Anche in età protostorica il Signore degli animali rimase una figura di alta valenza simbolica, come mostrano i reperti dell'Italia preromana.
Nella Preistoria e nella Protostoria, l'idea di una figura sovrannaturale che sovrintende al Regno animale era diffusa in Europa, in Asia settentrionale, in Africa e in America, dall'Arcipelago artico alla Patagonia[2]. Presso i Celti si sovrappone alla divinità di nome Cernunnos, mentre tra i popoli dell'Adriatico di epoca preromana, il culto del Signore degli animali si sovrapponeva, nel delta del Po, alla foce del Timavo e ad Ancona, a quello dell'eroe greco Diomede, in quanto Signore dei cavalli. Anche un altro eroe della mitologia greca, Ercole, è associato al Signore degli animali[3]. La figura del Signore degli animali, inoltre, era particolarmente importante tra i Piceni, che ne hanno lasciato varie raffigurazioni[4].
Nelle diverse culture, residenza di questo spirito si pensava fosse l'albero o la foresta o la montagna o la caverna; nelle popolazioni che si occupavano di pesca di mammiferi marini e di pesci, si localizzava la sede del Signore degli animali negli abissi marini. Era considerato protettore degli uomini e si riteneva guidasse gli animali verso i cacciatori, oppure aiutava questi ultimi a identificare le loro tracce. I cacciatori lo invocavano prima della caccia, chiedendo aiuto, poi lo ringraziavano in caso di buon esito e, a volte, gli lasciavano delle offerte[2].
Si pensava che fosse pericoloso non rispettare questa figura mitica, cacciando più prede del necessario e non rispettando il corpo dell'animale ucciso, specialmente per ciò che riguardava le ossa. Era infatti viva l'idea che le ossa dovessero trattate con cura e andassero ben ripulite e spolpate, affinché nessun brano di carne andasse sprecato e perché l'anima dell'animale potesse tornare dal suo padrone spirituale, che gli avrebbe consegnato un nuovo corpo. Le conseguenze per chi non rispettava gli animali andavano dal perdere l'aiuto nella caccia allo sviluppo di malattie che rendono impossibile quest'attività[2].
Galleria di rappresentazioni artistiche del Signore degli animali nelle varie culture
Alcuni studiosi pensavano che, nell'arte picena, forse il modello di riferimento artistico del Signore degli animali/dei cavalli fosse greco laconico Oggi, invece si pensa ad un'origine locale di questa figura, rappresentata originariamente, secondo gli stilemi tipici dell'arte picena, nei dischi-corazza e nelle forme ceramiche con figure plastiche. In queste raffigurazioni è tipica la presenza di animali con tratti mostruosi, che si pensa indichi la natura sovrumana del Signore degli animali, capace di dominare entità dalle forme inquietanti per i mortali.
Successivamente il Signore degli animali/dei cavalli scomparve dai manufatti di diversa tipologia e per qualche motivo solo le hydriai continuano a riportarne l'immagine e i contenuti simbolici[6][7].
Rappresentazioni artistiche
L'aspetto con cui si rappresenteva il Signore degli animali varia nelle diverse culture: a volte gli si attribuiva un aspetto antropomorfo, oppure una forma in cui le caratteristiche umane e animali si fondevano[2].
Nella cultura celtica, picena, del Luristan, il Signore degli animali ha un aspetto umano ed è affiancato da animali reali, come cavalli, felini, rapaci, serpenti, cervi, oppure fantastici, come i grifoni.
Raffaella Papi e Giuseppe Grossi, Dischi-corazza abruzzesi a decorazione geometrica nei musei italiani, G. Bretschneider, 1990.
Edvige Percossi Serenelli, La tomba di Sant'Egidio di Tolentino nella problematica dell’orientalizzante piceno, in D. G. Lollini (a cura di), La civiltà picena nelle Marche - Studi in onore di G. Annibaldi, Ripatransone, Maroni, 1992, pp. 140‑177. (atti del Convegno, Ancona 10/13 luglio 1988)
Tommaso Ismaelli, Hippodamoi piceni - alcune osservazioni sulle anse bronzee con "despotes ton Hippon" dal Piceno, in Gianluca Tagliamonte (a cura di), Ricerche di archeologia medio-adriatica - I - le necropoli - contesti e materiali, Università del Salento, 2005. (atti dell'incontro di studio Cavallino-Lecce, 27-28 maggio 2005)
Maria Cristina Biella e Enrico Giovanelli (a cura di), Nuovi studi sul bestiario fantastico di età orientalizzante nella penisola italiana, in Aristonothos - scritti per il Mediterraneo antico. Quaderni, n. 5, 2015.
Antonio Invernizzi e Paola Piacentini (a cura di), Il Signore degli Animali. Un repertorio iconografico tra Antico e Moderno, 2018, ISBN978-88-6274-852-0. (abstract)