Raimondo Sala (Frugarolo, 1890 – Roma, 1956) è stato un politico italiano.
Biografia
Nato nel 1890 a Frugarolo, nella provincia di Alessandria, svolse la professione di odontotecnico e fu membro della massoneria.[1] Prese parte alla campagna di Libia, rimanendo mutilato alla mano sinistra, e combatté durante la prima guerra mondiale con il grado di capitano.[1]
Nel settembre 1920 aderì ai Fasci italiani di combattimento e fu un attivo squadrista.[1] L'11 giugno 1921 guidò una spedizione punitiva a Litta Parodi contro l'assessore comunale socialista di Frugarolo Domenico Balza, il quale, lo ferì in uno scontro a fuoco.[1]
Ricoprì le cariche di segretario cittadino di Alessandria del Partito Nazionale Fascista fino al 1923 e federale provinciale dal 20 maggio al 4 luglio 1923.[1] Fu anche console della milizia, consigliere provinciale e nel gennaio 1923 venne eletto sindaco di Alessandria.[1]
Ben presto Sala si distinse per una personalizzazione dell'ideologia fascista che portò una netta spaccatura nel contesto alessandrino.[2] Autoritario e conservatore, si mostrò insofferente per la deriva nazionalista e anticostituzionalista del movimento di Mussolini, criticandone anche l'involuzione borghese.[1][2] In aperto contrasto con il deputato fascista di Alessandria, Edoardo Torre, condusse una propria campagna elettorale in vista delle politiche del 1924.[1] Mussolini, nel mese di agosto, in una missiva al prefetto apostrofò il comportamento di Sala come «ormai inqualificabile».[2] Il 14 ottobre 1923 Sala si dimise dal Partito Nazionale Fascista e fondò nel mese di dicembre il fascio autonomo di Alessandria, caratterizzato da un programma dichiaratamente anti-mussoliniano che supportava la libertà di espressione e di stampa e tutelava il libero associazionismo.[2]
Alleatosi con il dissidente fascista Cesare Forni, fu tra i primi aderenti all'associazione costituzionale Patria e Libertà il 31 gennaio 1924 e poi co-fondatore dei Fasci nazionali, partito formato per le elezioni che si sarebbero tenute nello stesso anno.[1][2] La campagna elettorale fu caratterizzata da violenze e intimidazioni da parte dei fascisti mussoliniani.[2] Una circolare governativa definiva Sala e Forni come «i più temibili nemici del fascismo» e il prefetto di Novara emise un'istruttiva nella quale dichiarava: «Sala e Forni non devono parlare nella provincia. Occorre siano stangati».[2] Alle elezioni la lista non ottenne i risultati sperati, ma riuscì a vincere un seggio alla Camera, che andò a Cesare Forni.
Con l'inizio della dittatura, ormai allontanato dalla vita politica, Sala lavorò come informatore della polizia fascista.[3] Morì nel 1956.[1]
Note
Bibliografia
- Francesco Luigi Ferrari, Lettere e documenti inediti, a cura di Giuseppe Rossini, vol. 1, Edizioni di Storia e Letteratura, 1986.
- Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Feltrinelli, 2003.
- Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell'Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia fascista, Torino, Bollati Beringhieri, 2021.
- Pierangelo Lombardi, Per le patrie libertà. La dissidenza fascista tra "mussolinismo" e Aventino (1923-1925), Milano, FrancoAngeli, 1990.
- Lorenza Lorenzini, Fascismo e dissidentismo in provincia di Alessandria (1919-1925), Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1980.
Collegamenti esterni
Predecessore
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Sindaco di Alessandria
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Successore
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Francesco Bozzolo (commissario prefettizio)
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27 gennaio 1923 – settembre 1923
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Francesco Piomarta (commissario prefettizio)
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