Già nei primi anni di carriera abbandonò sia le prime tendenze barocche, frutto della prima educazione artistica, sia le influenze del Rubens, per orientarsi verso uno stile, un colore e un impianto figurativo più misurato.
Nel 1628 entrò a servizio della regina madre Maria de' Medici, che gli affidò la decorazione pittorica del Palazzo del Lussemburgo: a corte ebbe modo di far apprezzare la sua opera al cardinale Richelieu, di cui divenne l'artista preferito e che gli affidò decorazioni nella sua residenza privata e nella sede della Sorbona, e a Luigi XIII, per il quale eseguì diversi dipinti; realizzò anche sei tele per i carmelitani di Faubourg Saint-Jacques a Parigi.
In queste opere, Champaigne sviluppò la sua proverbiale semplificazione rigorosa, caratterizzata da un ordinato naturalismo, da una fissità ieratica dei personaggi e da una prospettiva quasi frontale dei visi.[1]
Dopo la prematura perdita della moglie e di alcuni dei suoi figli si volse maggiormente alla religione ed iniziò a frequentare gli ambienti giansenisti. Divenne il pittore di Port-Royal, dove si era anche ritirata l'ultima sua figlia che, in occasione della sua miracolosa guarigione, egli rappresentò assieme alla Madre Superiora Agnès Arnauld nel quadro Ex voto (1662), ritenuto il suo capolavoro (Musée du Louvre).
I suoi contatti religiosi inasprirono ulteriormente l'immobilità formale e la severità della rappresentazione a scapito della suggestione emotiva.