Share to: share facebook share twitter share wa share telegram print page

Padre provinciale (personaggio)

Padre provinciale
Il Padre provinciale e il Conte zio in un'illustrazione di Francesco Gonin
UniversoI promessi sposi
AutoreAlessandro Manzoni
1ª app. inFermo e Lucia
Ultima app. inI promessi sposi
Caratteristiche immaginarie
Specieumano
SessoMaschio
Etniaitaliano
Professionefrate

Il Padre provinciale è un personaggio immaginario presente ne I promessi sposi, romanzo di Alessandro Manzoni.

Biografia del personaggio

L'uomo, di cui non si conosce il nome anagrafico, è il superiore della provincia ecclesiastica dei cappuccini alla quale appartiene il padre Cristoforo.

In un colloquio col Conte zio, per evitare il rischio di un conflitto tra l'Ordine francescano e la nobiltà lombarda, accetta di trasferire fra Cristoforo a Rimini come predicatore. Il colloquio occupa la prima parte del cap. XIX dei Promessi sposi ed è considerato uno dei più celebri del romanzo: in particolare per il suo incipit ("due potestà, due canizie, due esperienze consumate") definito da Luigi Russo[1] ironicamente epico, e in realtà preparatorio di un "misfatto elegante e farisaicamente onesto"; e soprattutto per il citatissimo "sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire", che abbassa definitivamente le difese d'ufficio del padre provinciale.

Analisi del personaggio

Il personaggio del padre riveste anche per molti critici un ruolo chiave per decifrare la complessa religiosità manzoniana e i suoi rapporti col Cristianesimo e con la chiesa. In particolare Donadoni[2] lo definisce "il superiore tipo, l'uomo salito in dignità per la sua dappocaggine... non impersona un'idea, ma esercita una funzione: e in quella funzione è tutto. Della morale cristiana non pensa più altamente del dottor Azzeccagarbugli. Quella morale non deve penetrare, molesta, nella vita: la parola di Cristo deve restare sui pulpiti... e tocca a lui fare che un cristiano ingenuo non trovi modo né tempo che quella parola fruttifichi... è il cattolicesimo che protesta contro il cristianesimo".

Il già citato Donadoni scrive anche che "per questo fariseo la pace dell'ordine è troppo più importante dello spirito del Vangelo [....]. Codardo e servile, [...] il Provinciale ardisce di insistere: perché non c'è solamente da salvare il prestigio della casta nobiliare, ma anche il prestigio del convento. [...] L'essenziale è che siano salvi tutti i decori, tutti i prestigi e tutte le menzogne".[3]

Policarpo Petrocchi[4] ironizza sulla diplomazia del padre provinciale ("anche il padre sarà stato fratello di qualche conte zio e sa far la sua parte"). Giovanni Getto[5] vede invece il padre provinciale avvolto da "una luce di dignità" che non lo salva però dalla condanna manzoniana; Attilio Momigliano[6] nota la differenza tra lo stile "dozzinale" e "da caporale della politica" del conte zio rispetto a quello "aristocratico" del padre provinciale; Angelo Stella[7] vede un'implicita condanna manzoniana della "raffinatezza diplomatica dell'uomo di chiesa".

Note

  1. ^ I Promessi sposi, Firenze, La Nuova Italia, 1954
  2. ^ Personaggi d'autorità nei Promessi sposi, pp. 322-3
  3. ^ Scritti e discorsi letterari, Firenze, Sansoni, 1921.
  4. ^ I Promessi sposi, Firenze, Sansoni, 1919
  5. ^ I Promessi sposi, Firenze, Sansoni, 1964
  6. ^ I Promessi sposi, Firenze, Sansoni, 1951
  7. ^ I Promessi sposi, Torino, Einaudi-Gallimard, 1995

Altri progetti

  Portale Letteratura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di letteratura
Kembali kehalaman sebelumnya