Fu bibliofilo, filologo, scrittore, letterato e teologo, lasciando numerosi scritti sulla cultura e religiosità bizantina e sulla identità degli albanesi. La sua opera ha contribuito notevolmente alla storia d'Albania[1][2]. Fu il fondatore della congregazione religiosa delle Suore basiliane figlie di Santa Macrina, assieme alle sorelle Elena e Agnese Raparelli, e tra i pionieri della nuova missione basiliana in Albania. Inoltre, fondò nella abbazia di Grottaferrata il laboratorio di restauro del libro e pose le basi della creazione dell'Istituto di patologia del libro in Italia.
Giovane quindicenne si consacrò alla vita religiosa cristiana nell'Abbazia di Grottaferrata (Roma), ove si formò all'ascetica monastica. Fu ordinato sacerdote il 25 marzo1894.
Si dedicò con passione agli studi letterari ed ecclesiastici, e, nel 1909, fu nominato bibliotecario dell'abbazia[3]. Ricoprì anche l'incarico di ispettore bibliografico[4] per i comuni di Marino, Rocca di Papa e Grottaferrata.
Ebbe una profonda pietà monastica e un ardente amore alle scienze sacre, prediligendo, tra le profane, quelle che hanno maggiore attinenza con l'Oriente cristiano, al quale aveva dedicato le sue energie. Con elevata dottrina, guidò molte anime italo-albanesi alla vita dei santi.
Nel desiderio ardente di unire e dilatare la fede tra i fratelli del vicino Oriente e specialmente in Albania, sua terra d'origine, e nelle Colonie Albanesi d'Italia, ideò una istituzione di Suore di rito bizantino. L'idea, benedetta dal Papa Benedetto XV, fu patrocinata da S.E. Mons. Isaia Papadopulos, Assessore alla Sacra Congregazione per la Chiesa Cattolica Orientale. L'opera venne incoraggiata dagli Arcivescovi di Monreale e Palermo, al quale allora appartenevano i territori ecclesiastici delle Colonie albanesi di rito orientale.
Nel 1930 riuscì a fondare nella stessa abbazia il primo laboratorio di restauro del libro[6] in Italia e pose le basi della creazione dell'Istituto di patologia del libro[7], che sorse qualche anno dopo e che trovò in Alfonso Gallo l'organizzatore e il primo direttore. Lasciò molti scritti, prevalentemente di carattere storico, teologico, letterario e liturgico[8].
P. Nilo Borgia assistette ai primi studi Eqrem Çabej, uno dei più eminenti albanologi del XX secolo. Nel suo costante studio sulla lingua e cose albanesi, nel 1931 scoprì, da un manoscritto in alfabeto greco antico della Biblioteca Ambrosiana, il più antico testo albanese conosciuto, in un codice attestato da P. Nilo Borgia al secolo XIV: la "Pericope Evangelica"[9].
I monaci basiliani d'Italia in Albania, Roma 1935-1942.
Curiosità
Originariamente il cognome di Padre Nilo, diffuso tra le comunità albanesi di Sicilia, era Borshia[10]. Fu probabilmente italianizzato nel periodo immediatamente dopo l'esodo dalla madre-patria secondo quello più popolare di Borja/Borgia, presente durante il vice-regno aragonese-spagnolo in Sicilia. La cittadina di Borshi (Valona, Albania), inoltre, è la località da cui ha plausibilmente origine il cognome delle famiglie albanesi poi esuli in Italia.
^Così come affermato dallo stesso in diversi scritti, come in I monaci basiliani d'Italia in Albania, Roma 1935-42.
Bibliografia
Aspetti della cultura bizantina ed albanese in Sicilia: a cura di Pietro Di Marco e Alessandro Musco, Officina di Studi Medievali, Palermo, 95-110, 2005.ISBN non esistente
Biblos, Servizio di informazione culturale e bibliografica: De Planae Albanensium Viris Illustribus, Biblioteca Comunale "G. Schirò", Piana degli Albanesi, 21-22, 2002.ISBN non esistente
La morte del p. Nilo Borgia ibid., p. 16.ISBN non esistente
G. Sola, L'attività culturale dell'abbazia di Grottaferrata in Acc. e bibl. d'Italia, VII, pp. 67-70, 1933-1934.ISBN non esistente
Il primo decennio di vita del Laboratorio di restauro del libro antico nella Badia di Grottaferrata in Il Boll. della Badia greca di Grottaferrata, s.1, pp. 111-115, 1941-1942, XIII.ISBN non esistente