I contadini del luogo hanno praticato per secoli la coltivazione del melo non solo per la produzione dei frutti ma anche per ottenere foraggio e legna. Le piante prelevate dai terreni poveri e sassosi del monte Faito, nei pressi di Cesoli, venivano innestate su alberi selvatici in piantagioni situate più a valle. I frutti raccolti venivano venduti dal produttore al consumatore oppure nei mercati generali di Roma. Cerina, Limoncella, Renetta e Rosa erano le varietà di mela più coltivate. Con le mele di scarto si otteneva il vin dei Pomi, un sidro ricavato dalla torchiatura delle mele e dei raspi d'uva.
L'emigrazione che dagli inizi del XX secolo ha toccato pesantemente le aree montane dell'Abruzzo ha causato un abbandono dei terrazzamenti e degli appezzamenti di queste aree, soprattutto nel secondo dopoguerra. Tuttavia dagli anni novanta si è registrato nel territorio un ritorno alla melicoltura con particolare attenzione al trattamento delle avversità parassitarie attraverso metodi biologici[2].
La mela prende il nome dall'area geografica in cui la sua coltivazione si è diffusa. La sua forma è globosa e di colore variabile. Il torsolo di media grandezza presenta cinque logge ovariche. I semi, presenti in buona quantità per via di una buona impollinazione entomogama, sono di forma ovoide, lucidi e di colore bruno.
Sono diverse le varietà coltivate, tra queste Cerina, Golden Delicious, Limoncella, Red Delicious e Renetta[3][4].
La mela della Valle del Giovenco, su valledelgiovenco.it, Valledelgiovenco.it. URL consultato il 12 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2016).