È stato per numerosi anni latitante in quanto capo della cosca Morabito.
Giuseppe Morabito è noto anche come u tiradrittu (dal dialetto calabrese: spara dritto, buona mira, colui che tira dritto senza rispetto di alcuna regola o persona), soprannome che eredita dal padre.
Fu considerato il numero uno della 'ndrangheta e secondo la commissione parlamentare antimafia avrebbe avuto una caratura criminale anche più importante dell'ex superlatitante Bernardo Provenzano capo di Cosa nostra[1][2][3][4].
Biografia
Nel 1952 viene denunciato per occupazione arbitraria di immobili e danneggiamento, porto abusivo di armi, violenza privata e lesioni personali.
Nel 1967 viene accusato di essere mandante della "strage di Locri", venendo assolto nel 1971.
Da allora Morabito continua a interessarsi del traffico internazionale di droga con i suoi figli.
Il fratello e il figlio Giovanni vengono arrestati anch'essi per questo.
L'altro figlio Domenico Morabito invece muore a 39 anni nel 1996 ucciso dalla polizia[7][8][9].
Arresto
Morabito viene arrestato il 18 febbraio 2004 dopo 12 anni di latitanza a Santa Venere, vicino Cardeto, un piccolo paese della provincia aspromontanareggina, in un'operazione congiunta dei carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria[1][2][3][4].
Viene catturato nell'operazione anche il genero Giuseppe Pansera, medico gastroenterologo[1][2][3][4][10]. Alla cattura il boss dichiarò: "Trattatemi bene", non oppose resistenza alcuna e aggiunse, anche rivolgendosi ai carabinieri: "Se non mi prendevate voi, non mi prendeva nessuno"[1][2][3][4].
È il nonno materno dell'ex calciatore Giuseppe Sculli, con precedenti per calcioscommesse e uscito pulito dalle inchieste per associazione mafiosa, tentato omicidio e traffico di stupefacenti[16].
^Senza Titolo - La Nuova Sardegna, su Archivio - La Nuova Sardegna. URL consultato il 6 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 4 dicembre 2021).