Dopo l'armistizio del settembre 1943, le azioni di sabotaggio organizzate da Corbi si moltiplicano, e con Maurizio Ferrara dà vita al "Csa, comitato studentesco di agitazione".
Al termine della guerra Corbi si dedica al giornalismo, scrivendo per Il Messaggero e, grazie a contatti con Arrigo Benedetti, entra nel 1955, del neonato mensileL'Espresso, diretto dallo stesso Benedetti e con Eugenio Scalfari come vicedirettore, dove presto diviene caporedattore.
Nel marzo del 1968 diviene direttore della rivista sostituendo Scalfari, fino all'aprile del 1970.
Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello contro il commissario Luigi Calabresi. Rimarrà al settimanale come direttore editoriale per 15 anni, fino all'età del pensionamento. Fu poi "garante del lettore" del quotidiano la Repubblica[1].
Il Dossier Mitrochin, al report nº 35, lo accusa di essere stato una spia al soldo del KGB da prima del 1972[2], circostanza che tuttavia non è mai stata provata ed è stata fermamente smentita dallo stesso Corbi. Nel 2002 Paolo Guzzanti, presidente della Commissione bicamerale incaricata di indagare sul dossier, chiarì definitivamente che Corbi e gli altri giornalisti coinvolti (tra cui Sandro Viola e Giuliano Zincone) erano «persone innocentissime»[3].