Gerolamo Ramorino (Genova, 8 aprile 1792 – Torino, 22 maggio 1849) è stato un generale italiano al servizio del Regno di Sardegna.
Accusato di tradimento e della disfatta riportata nel 1849 nella battaglia di Novara, venne fucilato nello stesso anno.
Biografia
Di famiglia genovese, Gerolamo Ramorino compì gli studi dapprima al liceo di Versailles e poi all'École spéciale militaire de Saint-Cyr, dalla quale uscì nel 1809 con il grado di sottotenente di fanteria. Combatté giovanissimo in Austria, prendendo parte alla battaglia di Wagram (1809), e in Russia (1812) con Napoleone, che lo ricompensò nominandolo ufficiale d'ordinanza durante i Cento Giorni, dopo i quali fece ritorno in Piemonte. Nel 1821 prese parte ai moti rivoluzionari piemontesi e quindi riparò dapprima in Francia e poi in Polonia, dove, nel 1830, ebbe un ruolo di comando nella rivolta di novembre, scoppiata il 29 novembre 1830 a Varsavia e conclusa nell'ottobre 1831.
Massone, il 14 dicembre 1831 fu presente e onorato assieme a Lafayette in una tenuta a Logge francesi riunite[1].
Partecipò all'invasione della Savoia decisa da Giuseppe Mazzini, nel 1834, dopo il fallimento della quale si trasferì a Parigi. Dopo l'armistizio di Salasco, offrì la sua collaborazione all'esercito sabaudo e passò sotto il comando del generale Wojciech Chrzanowski.
Nel 1849, come generale di divisione dell'esercito piemontese, ricevette l'incarico di bloccare il passaggio del Gravellone da parte delle forze austriache. Forse a causa della scarsa precisione degli ordini, ritenne preferibile schierarsi alla destra del Po, per attirare i nemici a Voghera. Per questo fu ritenuto traditore e gli fu attribuita, insieme a Chrzanowski, la responsabilità per la disfatta di Novara; fu condannato dalla corte marziale, in base all'art. 259 n. 5 del codice penale militare del 1840, che sanciva la pena di morte anche a chi «avrà impedito il buon esito di un'operazione militare»,[2] e fucilato nella Piazza d'Armi di Torino (il luogo della città dove si svolgevano tutte le parate militari) il 22 maggio 1849. Chiese e ottenne di essere egli stesso a comandare il plotone di esecuzione. Gli è stata attribuita la celebre frase: «La storia mi giustificherà».
Onorificenze
Note
- ^ Giordano Gamberini, Mille volti di massoni, Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 253.
- ^ Alberto Monticone, Gli italiani in uniforme 1915/1918, Bari, Laterza, 1972, p. 191.
Altri progetti
Collegamenti esterni
- Ramorino, Gerolamo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Alberto Baldini, RAMORINO, Gerolamo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935.
- Ramorino, Gerolamo, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Ramorino, Geròlamo, su sapere.it, De Agostini.
- (IT, DE, FR) Gerolamo Ramorino, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- Piero Del Negro, RAMORINO, Gerolamo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 86, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2016.
- Girolamo Ramorino, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
- Gerolamo Ramorino, in Archivio storico Ricordi, Ricordi & C.