Nacque a Pogli, frazione di Ortovero, piccolo paese in provincia di Savona, primo di cinque figli, quattro maschi e una femmina; il padre Cesare faceva il panettiere, la madre Serafina si trovò a dover sostenere da sola la conduzione della famiglia quando il marito fu per molto tempo lontano dal paese, essendo emigrato in Sudamerica.
Battezzato il 3 marzo 1900, a nove anni fece la prima comunione e poco tempo dopo la Cresima. Fino a dodici anni la sua vita era uguale a quella di tanti suoi coetanei. Il 1º novembre 1912 un compagno di giochi (Bartolomeo Vignola, detto "Tumelin") lo ferì al volto con un colpo di fucile creduto scarico, rendendolo irreparabilmente cieco[2][3]. L'8 maggio 1913 fu accolto nell'Istituto per ciechi David Chiossone di Genova, dove rimase fino al 1920: furono anni di crisi e di buio spirituale[4].
Dopo aver percorso un cammino di conversione, aiutato prima da suor Teresa, religiosa delle Figlie della Carità e infermiera nell'Istituto di Chiossone, poi da don Orione[5], fu da lui accolto a vent'anni tra gli Eremiti della Divina Provvidenza e inviato dopo due anni all'Eremo di Sant'Alberto di Butrio, dove crebbe in fama di santità[6]: lo stesso don Orione disse di lui: "Cosa sono io di fronte a questa persona?"[7]. Tanta gente accorreva a lui per vederlo e per udirlo[8]. Vollero incontrarlo anche personaggi come Tommaso Gallarati Scotti, Nino Salvaneschi, don Brizio Casciola, Riccardo Bacchelli e don Zeno Saltini[9].
Nel 1963 ricevette la visita di Pier Paolo Pasolini[10] che esclamò al termine del dialogo: "Che luogo! Che uomo! Che colloquio straordinario!”.[11] Alcune fonti gli attribuiscono una sorta di consulenza fornita al regista nel delineare la figura del proprio Cristo cinematografico[12].
Visse nell'Eremo dal 1923 al 1964 conducendo una vita di preghiera e penitenza, e alcuni testimoni parlano anche di episodi di estasi, levitazione e preveggenza[13]. È considerato un testimone di quella che viene definita la familiarità soprannaturale di don Orione, cioè il leggere "gli eventi con l'occhio della fede, scorgendovi il dito divino che agisce qui e ora"[14].
Nel 1924 era stato colpito dalla tisi: il medico gli diede pochi giorni di vita, ma Frate Ave Maria sopravvisse anche se non guarì mai.[13]. Morì all'ospedale di Voghera il 21 gennaio 1964. La sua salma riposa in una piccola cripta dell'eremo ed è meta di pellegrinaggio.