Un fosco dramma familiare sconvolse la sua vita, perché il 10 agosto 1905uccise la moglie, la cantante francese Maria De Browne, a colpi di rivoltella. La grande popolarità di cui godeva e la strenua difesa fattane dall'avvocato Gaetano Manfredi nella corte d'assise di Campobasso, ne agevolarono, a distanza di due anni, l'assoluzione per vizio totale di mente.[1]
Cifariello continuò ad essere perseguitato dalla sventura perché, essendosi risposato, la seconda moglie Evelina Fabbri gli morì nel 1914, appena ventiduenne, per le gravi ustioni riportate nel maneggiare un fornello a gas. Un terzo matrimonio con la tedesca Anna Marzell e la nascita di due figli (il più giovane dei quali fu Antonio Cifariello) non riuscirono a salvare dalla depressione l'artista, che morì suicida a 71 anni nel suo studio di Napoli.
Nel 1931 aveva dato alle stampe la propria autobiografia, dal titolo Tre vite in una[2].
Un'altra opera in bronzo, realizzata per onorare i caduti di Bitonto nella I guerra mondiale, venne fusa nel 1940 per farne armi. Inaugurata tra forti polemiche nel 1925,[5] raffigurava un soldato nudo con la spada sguainata che con un piede calpesta una donna (simboleggiante l'Austria) riversa su un globo con al centro l'Italia. Giudicata sul momento una "mostruosità artistica"[6] venne in seguito rivalutata e ne fu rimpianta la perdita.[7]
Nino Marazzita, Cento anni fa il delitto a Posillipo, su poliziaedemocrazia.it. URL consultato il 25 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2012).
Guido Panìco, L'artista e la sciantosa. Il delitto Cifariello, un dramma della gelosia nella Napoli della Belle Époque., Napoli, Liguori, 2011, ISBN978-88-207-5360-3.