La Classis Ravennatis era la flotta imperiale romana istituita da Augusto intorno al 27 a.C..[3][4] Era di stanza a Ravenna ed era la seconda flotta dell'Impero per importanza. Aveva il compito di sorvegliare la parte orientale del Mediterraneo.[5] Fu rinominata Classis Praetoria Ravennatis Pia Vindex; l'attributo praetoria indica il compito di custodia dell'Italia e dell'imperatore.
Il porto di Classe[12] era simile per conformazione a quello di Miseno, sul mar Tirreno, dove aveva sede la flotta per il Mediterraneo occidentale, ma nel suo complesso non era del tutto naturale.[13] Le lagune, interne rispetto alla costa, erano separate dal mare da un sistema di dune costiere. Per mettere in comunicazione il porto con il mare, i romani scavarono un canale tra le dune.[14]. Un secondo canale, la Fossa Augusta, congiungeva Classe con Ravenna, che attraversava alla destra delle mura, poi proseguiva la sua corsa in senso sud-nord terminando nelle lagune presso Butrium per una lunghezza totale di 8–9 km[15].
In città, lungo la Fossa Augusta, si trovava la fabbrica delle navi: l'arsenale. Esso fu attivo fino al tempo del re goto Teoderico. Attorno ai bacini si potevano vedere depositi a perdita d'occhio; lo sviluppo delle banchine raggiungeva i 3 chilometri [16] e poteva ospitare fino a 250 imbarcazioni. La base militare ebbe poi alcuni distaccamenti nei principali porti del Mediterraneo, come ad esempio nel mar Egeo a il Pireo-Atene,[17] o nel mare Adriatico ad Aquileia[18] o Salona.[19]
A causa della subsidenza, il territorio ravennate, abbassandosi, divenne progressivamente paludoso. All'inizio del IV secolo, tale fenomeno fu così evidente che le banchine, i cantieri e le strade di accesso al porto erano diventate inservibili. Considerate queste condizioni, l'imperatore Costantino decise di trasferire la base della flotta a Bisanzio.[20]
Tipologia di imbarcazioni
Nella vicina necropoli di Ravenna, sono stati rinvenuti i nomi di alcune navi e di alcuni ufficiali incisi su stele funerarie in marmo:
5 navi di altro tipo: Clementia (incerto se appartenente alla flotta misenense o ravennate), Danubius, Hercules, Mercurius (incerto se appartenente alla flotta misenense o ravennate), Victoria.
Anche per la flotta ravennate il numero degli effettivi si aggirava intorno ai 10.000 tra legionari e ausiliari.[1]
Il comandante della flotta era il Praefectus classis Ravennatis[2] ovvero il comandante dell'intero bacino dell'Adriatico, appartenente all'ordine equestre. A sua volta il diretto subordinato del praefectus era un sub praefectus,[59] a sua volta affiancato da una serie di praepositi, ufficiali posti a capo di ogni pattuglia per singola località.
Altri ufficiali erano poi il Navarchus princeps,[60] che corrisponderebbe al grado di contrammiraglio di oggi. Nel III secolo fu poi creato il Tribunus classis con le funzioni del Navarchus princeps, più tardi tribunus liburnarum.
La singola imbarcazione era poi comandata da un trierarchus (ufficiale), dai rematori e da una centuria di marinai-combattenti (manipulares / milites liburnarii). Il personale della flotta (Classiari o Classici) era perciò diviso in due gruppi: gli addetti alla navigazione ed i soldati. Il servizio durava 26 anni[61] (contro i 20 dei legionari ed i 25 degli auxilia). Dal III secolo la ferma fu aumentata fino a 28 anni. Al momento del congedo (Honesta missio) ai marinai erano date: una liquidazione, dei terreni e di solito anche la cittadinanza romana, provenendo essi dalla condizione di peregrini al momento dell'arruolamento.[62] Il matrimonio, invece, era permesso loro solo al termine del servizio attivo permanente.[62]
Cronotassi dei comandanti della flotta
Si ricordano alcuni Praefecti classis Ravennatis:
al tempo dell'Imperatore Nerone, il Praefectus classis Ravennatis era Publio Clodio Quirinale. Accusato di empietà per aver oppresso con la sua dissoluta crudeltà l'Italia, come se fosse l'ultima delle nazioni [63], fu condannato a morte. Evitò l'onta dell'esecuzione con il veleno.
al tempo della guerra civile degli anni 68-69, l'imperatore Vitellio affidò il comando delle flotte Ravennatis e Misenis a un membro dell'ordine equestre di nome Sesto Lucilio Basso[64]. Quest'ultimo, però, poco dopo tradì Vitellio e passò dalla parte di Vespasiano, consegnandogli la flotta Ravennatis.
sotto Vespasiano, il comando passò nelle mani del sostenitore dei Flavi, Cornelio Fusco;[65]. Con i marinai della flotta Ravennatis, nel 70 d.C. fu formata una nuova legione, la II Adiutrix.[66]
^Michael Reddé e Jean Claude Golvin, I Romani e il Mediterraneo, Roma, 2008, p.125.
^A Brindisi si vedono i navalia. F.Coarelli, La Colonna Traiana, Roma 1999, pp. 137 ss. Si aggiunge che Traiano era partito da Roma; avrebbe quindi percorso la via Appia, passando da Benevento, dove è presente un primo arco trionfale dedicato all'Imperatore.
^abFiorella Festa Farina, Tra Damasco e Roma. L'architettura di Apollodoro nella cultura classica - L'Erma di Bretschneider, Roma 2001; Salvatore Settis, La Colonna Traiana, Torino 1988, pag 397, tavola 139; Mario Luni - L'Arco di Traiano e la riscoperta nel Rinascimento, in Studi Miscellanei II vol. a cura del dipartimento di Scienze Storiche ed Archeologiche dell'Università di Roma "La Sapienza" - edit. L'Erma di Bretschneider - 1996 - ISBN 887062-917-1; kidslink.bo.cnr.it, sito in cui è riportato il racconto delle guerre daciche fatto da Italo Calvino in base ai rilievi della colonna.
Michael Reddé, Jean Claude Golvin, I Romani e il Mediterraneo, Roma, 2008, ISBN978-88-240-1142-6.
Sergio Rinaldi Tufi, Archeologia delle province romane, Roma, Carocci, 2007, ISDN 978-88-430-1602-0.
H. Russel Robinson, The Armour of Imperial Rome, Londra, Arms and Armour Press, 1975, ISBN978-0-85368-219-6.
D.B. Saddington, Classes. The Evolution of the Roman Imperial Fleets, in A Companion to the Roman Army, Blackwell Publishing Ltd., 2007, ISBN978-1-4051-2153-8.
(EN) William Smith, Navis, su A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, London, 1875, pp. 783‑792. URL consultato il 9 febbraio 2012.
Chester G. Starr, The Roman Imperial Navy: 31 B.C.-A.D. 324 (2nd Edition), Cornell University Press, 1960, ISBN978-0-89005-544-1.