Nei primi anni trenta si progettò di trasformare, in caso di guerra, Città di Bari, Egeo ed Egitto in portaerei di scorta, progetto che rimase comunque lettera morta[6].
Come molte altre unità costruite per società statali, la nave era stata progettata per poter essere convertita, all'occorrenza, in incrociatore ausiliario[2]. Essa rispondeva alle caratteristiche prescritte per tale impiego: tonnellaggio contenuto ma comunque sufficiente da consentire la navigazione d'altura senza problemi, velocità intorno ai 15 nodi e possibilità di essere impiegato in missioni veloci di trasporto[1].
Per tali ragioni il 15 giugno 1940, pochi giorni dopo l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale, la Città di Bari venne requisita dalla Regia Marina e, quattro giorni dopo, venne iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato come incrociatore ausiliario[1][2], venendo armata con due cannoni da 120/45 mm e quattro mitragliere da 20/65 mm[8]. Analoga sorte ebbero Egeo ed Egitto, mentre la Rodi, sorpresa dalla dichiarazione di guerra a Malta, venne immediatamente catturata. Gli incrociatori ausiliari venivano solitamente impiegati in missioni di scorta a convogli di minore importanza sulle rotte meno insidiate, nonché di trasporto truppe e materiali.
Verso le due del pomeriggio del 30 luglio il convoglio venne infruttuosamente attaccato dal sommergibile britannico Oswald, che lanciò i suoi siluri, una ventina di miglia a sud di Capo dell'Armi, contro il Grecale, che riuscì ad evitarli[10]. Il convoglio giunse poi a Tripoli alle 9.45 del 1º agosto[9][10].
Sabotaggio del Birmania e esplosione nel porto di Tripoli
Nella mattina del 3 maggio 1941 il Città di Bari (comandante civile capitanoCarlo Oberti) stava caricando munizioni nel porto di Tripoli, attraccato sul lato opposto della stessa banchina (il pontile «24 gennaio»[11]) alla quale era ormeggiata la motonave da carico Birmania, che stava invece scaricando munizioni[1].
Alle 10.10, nella stiva poppiera della Birmania, si verificò una detonazione successivamente attribuita a sabotaggio: essa provocò lo scoppio dell'intero carico dell'unità, che distrusse la poppa della nave ed investì il Città di Bari, causando l'esplosione anche del suo carico di munizioni[1].
Devastato dagli scoppi (soprattutto nella zona poppiera, che, come quella della Birmania, saltò in aria) e divorato dalle fiamme, l'incrociatore ausiliario affondò all'ormeggio circa venti minuti più tardi, restando comunque emergente, sbandato sul lato sinistro[1].
Morirono nella sciagura cinque membri dell'equipaggio civile del Città di Bari (i marinaiLeonardo Di Terlizzi e Michele Bellomo, il giovanotto di prima Leonardo Caprifoglio, il giovanotto di seconda Donato Capriati e l'operaioLuigi Minetti), mentre rimasero feriti tre membri dell'equipaggio militare[2]. Molte altre vittime, probabilmente decine, si ebbero tra i portuali addetti alle operazioni di scarico, tra gli uomini della Birmania e tra la popolazione di Tripoli.
Il relitto dilaniato del Città di Bari, abbandonato come irreparabile nel porto di Tripoli, venne recuperato dagli inglesi dopo l'occupazione della città (gennaio 1943)[1] e demolito.
Note
^abcdefgRolando Notarangelo, Gian Paolo Pagano, Navi mercantili perdute, pp. XIV-84-120