I cattolici in Indonesia costituiscono una minoranza, in un paese a larga maggioranza musulmana.
Situazione
L'origine dell'evangelizzazione è missionaria: il vasto arcipelago indonesiano è stato colonizzato da olandesi e portoghesi e numerosi sono ancora oggi i missionari di origine straniera presenti nel Paese asiatico.
In tutto il Paese vi sono scuole e strutture sanitarie cattoliche. Chi va alla scuola pubblica, se si dichiara cristiano, non è obbligato a partecipare alla preghiera islamica. L'unico obbligo per i cristiani deriva da un decreto del 1969 che stabilisce che, per poter erigere una chiesa, occorra richiedere un permesso governativo.
Ancora oggi l'Indonesia è nota per la tolleranza religiosa. Nel vasto arcipelago a larga maggioranza musulmana, le chiese cristiane contano ben 300 sigle diverse. Ma negli anni successivi al 1990 l'indice della tolleranza religiosa ha cominciato a scendere[2].
L'Indonesia è uno stato federale, ma ciascuno stato ha potestà legislativa. Alcuni stati ne hanno approfittato approvando norme discriminatorie verso i cristiani[3]: i sacerdoti devono vestire in "borghese" (non possono indossare un abito che li renda riconoscibili né possono esibire la croce) e i matrimoni interreligiosi sono proibiti.
In materia di religione, dal 1999 sono stati introdotti oltre 150 nuovi regolamenti restrittivi regionali. Tra di essi, l'obbligo generalizzato di rispettare il digiuno del Ramadan o, per le donne, quello di coprirsi il capo. Nel 2001, nella provincia autonoma di Aceh, nel nord-ovest dell'isola di Sumatra, è stata introdotta la sharia; tutti gli abitanti, cristiani compresi, sono stati costretti a conformarvisi. Il 14 settembre 2009 è stata ripristinana la lapidazione degli adulteri[4]. Infine, è diventato più difficile costruire nuove chiese. Non solo: negli anni dal 1990 al 2010 ne sono state chiuse e sgomberate 600[2].
In questo difficile contesto, la Chiesa cattolica ha poco margine per costruire un'azione pastorale. I religiosi si occupano dell'insegnamento, della salute e dei poveri. Nel febbraio 2011 a Temanggung, nell'isola di Giava, una folla di estremisti musulmani ha attaccato una chiesa cattolica, bruciato due chiese protestanti ed assalito un orfanotrofio cattolico e un centro sanitario gestito dalle Suore della Divina Provvidenza. L'attacco è avvenuto in seguito al processo ad un cristiano accusato di blasfemia. Gli estremisti chiedevano la pena di morte, ma il giudice ha condannato l'uomo, Antonius Richmond Bawengan, a cinque anni di carcere. Immediata è scoppiata la rivolta: dapprima gli estremisti hanno ingiuriato il tribunale, poi si sono scagliati contro i luoghi di culto cristiani[5][6].
La delegazione apostolica di Indonesia fu elevata al rango di internunziatura il 15 marzo 1950 con il breve Id maxime Nostrum dello stesso papa Pio XII. Questa a sua volta è stata elevata al rango di nunziatura apostolica il 7 dicembre 1965 con il breve Quo firmiores di papa Paolo VI.
^Dati statistici al 31 dicembre 2022, pubblicati sul Bollettino online della sala stampa della Santa Sede il 30 agosto 2024, in occasione del viaggio di papa Francesco in Indonesia, nel mese di settembre 2024.
^abFrancesca Paci, Dove muoiono i cristiani, Mondadori, 2011.