Tornando a Marsiglia contribuì a reprimere un movimento realista ad Avignone e un movimento giacobino a Marsiglia. Venne eletto deputato alla Convenzione Nazionale con 775 voti su 776. Fu un oppositore dei Montagnardi sin dal primo giorno di sessioni, e accusò Massimiliano Robespierre di mirare a stabilire una dittatura (25 settembre 1792). Attaccò Jean-Paul Marat e propose di rompere la Comune di Parigi. In seguito ottenne l'atto di accusa contro il re e nel processo votò per la pena di morte senza appello e senza indugio. Partecipò al Comitato che redasse la Costituzione.
Durante la lotta finale fra Girondini e Montagnardi, Barbaroux rifiutò di rassegnare le dimissioni, e respinse l'offerta dei sanculotti di dare ostaggi per i rappresentanti arrestati. Riuscì a fuggire, prima a Caen, dove organizzò la ribellione girondina e dove conobbe Charlotte Corday che in seguito uccise Marat[1], poi a Saint-Émilion vicino a Bordeaux, dove scrisse le sue memorie (pubblicate la prima volta nel 1822 da suo figlio, e riedite nel 1866). Scoperto, tentò di spararsi, ma riuscì solo a ferirsi e venne arrestato e portato a Bordeaux, dove venne ghigliottinato una volta accertata la sua identità. Oggi Barbaroux riposa nel Cimitero della Chartreuse, a Bordeaux.
Correspondance et mémoires de Barbaroux Œuvre posthume de Claude Perroud terminé par Alfred Chabaud Société de l'histoire de la révolution française, Paris, 1923.