Dopo la decapitazione del Carmagnola, accusato di aver tradito la Repubblica di Venezia in favore dei milanesi, i veneziani elessero quale comandante generale dell'esercito Gianfrancesco Gonzaga che aveva appena ottenuto il titolo di marchese dall'imperatore in seguito allo sborso di 12.000 fiorini. L'esercito veneziano, forte di 9.600 cavalieri, 8.000 fanti, 600 balestrieri e 6.000 cerne riuscì faticosamente a catturare Soncino, teatro di una pesante sconfitta l'anno precedente e a spingersi sino alla Gera d'Adda. Al contempo i veneziani avevano inviato un secondo esercito al comando del provveditore Giorgio Corner, al fine di invadere la Valtellina attraverso la Val Camonica e il valico dell'Aprica. Con questa operazione, la Repubblica di Venezia aspirava, oltre che a rendere più sicuri i confini settentrionali, ad assicurarsi un passaggio alpino attraverso la Valtellina per favorire i traffici commerciali verso l'Europa Settentrionale. Il Corner riuscì a catturare gran parte della valle senza incontrare grande resistenza.
Quello stesso giorno i milanesi attraversarono l'Adda vicino a Sorico su un ponte di barche improvvisato riuscendo a cogliere di sorpresa il presidio di un campo trincerato veneziano. L'esercito ducale venne respinto a duro prezzo dai veneziani che nella battaglia lasciarono sul terreno oltre 300 soldati. Nella notte seguente il Piccinino si preparò all'assalto finale facendo colmare il fossato che proteggeva il campo avversario di Delebio. La mattina del 19 novembre 1432 i milanesi attaccarono i veneziani da ovest, mentre le truppe dei ghibellini valtellinesi guidati da Stefano Quadrio con un contingente di milizie chiavennasche al comando di Antonio Nasalli e Antonio Brocchi, giunsero da est. Grazie all'apporto decisivo dei valtellinesi, i veneziani vennero definitivamente sbaragliati. Tutti i capitani della Serenissima sopravvissuti alla cruenta battaglia furono condotti a Milano come prigionieri, ad eccezione di Marco Dardinello e Bartolomeo Colleoni che riuscirono a fuggire. Speciale trattamento subì il provveditore Giorgio Corner che venne rinchiuso nei terribili Forni (le prigioni) del castello di Monza e torturato a lungo affinché rivelasse i segreti del governo di Venezia. Le perdite subite delle truppe della Serenissima furono ingenti: restarono sul campo 1.800 cavalli e 3.500 fanti mentre vennero fatti prigionieri 1.200 cavalli e 1.500 soldati. Alcune sorgenti propongono numeri ancora maggiori: 5.000 morti e 7.000 prigionieri.
Conseguenze
Il sapore della vittoria non durò a lungo per i ghibellini valtellinesi: dopo alcuni mesi i veneziani invasero nuovamente la Valtellina per vendicarsi della sanguinosa sconfitta capitanati dal condottiero e marchese di MantovaGianfrancesco Gonzaga. Ancora una volta i veneziani riusciranno a restare in Valtellina per poche settimane per poi abbandonarla nell'aprile del 1433.
La località presso Delebio in cui si svolse la battaglia, nei pressi della chiesa di Santa Domenica, è ancora oggi chiamata, non senza ragione, "fossa dei Veneziani" a ricordo del fossato difensivo creato dai veneti poi utilizzato per la loro sepoltura.
Bibliografia
Bernardino Corio, Anna Morisi (a cura di), Storia di Milano, volume 2, UTET, Torino, 1978, ISBN 88-02-02537-1.
Carlo Rosmini, Dell'Istoria di Milano del Cavalière Carlo de Rosmini Roveretano, volume 1, Milano, 1820.