La basilica dei Santi Vincenzo e Caterina de' Ricci si trova a Prato, in piazza San Domenico angolo via San Vincenzo, davanti alla chiesa di San Domenico.
La chiesa, ultimata alla fine del Cinquecento, venne completamente rinnovata dopo la canonizzazione di Caterina de' Ricci (la cui spiritualità aveva tanto influenzato la società fiorentina e toscana, tanto da essere l'esempio di misticismo più importante prima di Santa Maria Maddalena de' Pazzi) nel XVIII secolo. La ricostruzione avvenne tra il 1732 e il 1735 forse su progetto di Giovan Battista Bettini e Girolamo Ticciati.
Descrizione
Chiesa
Con la sepoltura del corpo della santa sotto l'altare centrale, la chiesa venne promossa a basilica minore.[1]
Dal punto di vista artistico si tratta uno degli esempi più alti della cultura tardo barocca, dove si compongono in straordinaria armonia affreschi, stucchi, rilievi, altari e, nelle grandi occasioni, gli straordinari parati. Le pareti si raccordano con lesene concave all'abside, con altare marmoreo ornato dal rilievo in marmo bianco del Ticciati: Santa Caterina abbracciata dal Crocifisso; sotto l'altare è visibile l'urna d'argento dove è posto il corpo incorrotto della Santa. Altri miracoli legati a Santa Caterina sono presentati nei rilievi sulle pareti (Ticciati e Vincenzo Foggini), mentre gli eleganti altari marmorei ospitano un bel Martirio di santa Caterina d'Alessandria, di Vincenzo Meucci, una cinquecentesca Natività di Michele delle Colombe e tele del Pucci, autore anche degli affreschi sulla volta con la Gloria di santa Caterina e angeli. Notevole, in una cappellina, il raffinato rilievo marmoreo quattrocentesco con la Madonna e il Bambino, di Matteo Civitali.
Gli arredi lignei cinquecenteschi del coretto delle monache, visibili da una grata, costituiscono un complesso di altissima qualità.
Contiguo alla chiesa è il Monastero di San Vincenzo, di clausura, fondato nel 1503 e notevolmente ampliato nella seconda metà del secolo, al periodo di Caterina de' Ricci. Entrata tredicenne nel monastero, la Santa, formatasi sul messaggio del Savonarola, lo spiritualizzò progressivamente, purificandolo da implicazioni politiche e sociali, e assunse progressivamente - dalle estasi della Passione rivissuta per dodici anni agli eventi straordinari del 1541-43: stimmate, matrimonio mistico, abbraccio del Crocifisso - una propria dimensione mistica; a questa sommò notevoli capacità umane e pratiche, che le consentirono di guidare a lungo il monastero, ampliandolo grazie alla generosità di Filippo Salviati, suo "figlio spirituale".
Dall'atrio si raggiunge l'anticoro e la contigua Cappella della Madonna dei Papalini: la venerata immagine è un busto in maiolica del primo Cinquecento (con veste settecentesca), davanti al quale si arrestarono i mercenari spagnoli durante il Sacco del 1512, risparmiando il convento. Sotto la cappellina (con volta a rosoni in cartapesta, secentesca, e tavola di Santi di Tito) ebbe sepoltura fino al 1732 Caterina de' Ricci.
Vicino è il vasto Coro monastico (1558-1564), su progetto di Baccio Bandinelli, con volta lunettata e alti stalli in noce (1564). Sull'altare un bellissimo Crocifisso ligneo cinquecentesco è fiancheggiato da due grandi pale di Michele delle Colombe (1576) con l'Assunta e Scene della Passione. Dello stesso artista sono altre tele nel Coro, che conserva pregevoli dipinti del Pignoni, di Lorenzo Lippi, di Ridolfo del Ghirlandaio.
Contiguo al coro è il sacello con l'urna della Santa, ornato da tele di Gian Domenico Ferretti, non visitabile come altri ambienti al piano terreno (Sala da lavoro, Guardaroba, farmacia), mentre in alcune ricorrenze sono visibili alcune celle del piano superiore: la Cella del Transito, con ricordi e reliquie della Santa, e l'elegante Cappella dove avvenne il noto miracolo dell'abbraccio del Crocifisso (quello ligneo conservato nell'altare-reliquiario del primo Settecento), con la contigua cappella delle reliquie.
Nel giardino della casa di riposo che occupa parte del monastero è la cappella della Madonna di Loreto (1559-1560), che ripete le misure della Santa Casa, con bella tavola di Michele Tosini. Coro monastico (1558-64),