Nella Certosa di Bologna hanno operato i maggiori artisti di inizio Ottocento e i principali scultori bolognesi attivi tra Otto e Novecento. Questa lista degli artisti attivi nella Certosa di Bologna include sia artisti che hanno esercitato ai tempi del monastero certosino e nella Chiesa di San Giacomo di Casara sia artisti che si sono dedicati all'arte funeraria una volta la Certosa trasformata in cimitero. Talvolta le loro opere sono state traslate in Certosa solo per un certo lasso di tempo, o ricollocate altrove o sono andate perdute. Talvolta alcune attribuzioni si sono rivelate errate. Data la scarsità di fonti, le ricerche degli storici dell'arte sono ancora in corso e questa lista è soggetta ad aggiornamenti. Per completezza di informazione, la lista include anche quegli artisti "minori", al limite delle maestranze, o artisti di cui si hanno ancora informazioni frammentarie.
Degli oltre 200 artisti presenti[1] si ritrova traccia nelle guide pubblicate, sia in quelle storiche ottocentesche sia in quelle più recenti del Novecento[2] e degli anni Duemila[3] e Duemiladieci e nei siti web dedicati alla Certosa, in particolare Storia e Memoria di Bologna[4] e Panopticon di Bologna,[5] che indicano i seguenti artisti come attivi in Certosa:
In Certosa si ritrovano anche alcuni di quei pittori collocati nella scuola bolognese di pittura.
Come ricorda Alfonso Panzetta, a partire dagli anni Novanta del Novecento il rinnovato interesse per la scultura italiana di Otto e Novecento, confluito in una serie di studi e pubblicazioni uscite negli ultimi decenni, ha permesso di riconsiderare la tradizionale catalogazione degli scultori italiani nelle tre grandi aree lombarda, toscana e centro-meridionale, rivalutando il ruolo degli scultori piemontesi ed emiliano-romagnoli. «L'area emiliana», secondo Panzetta, «è addirittura fondamentale per comprendere la dinamica della scultura in Italia dal Settecento sino alla metà del Novecento.» Con l'assegnazione dei premi Curlandese, Marsili Aldrovandi e Cincinnato Baruzzi a Bologna si delinea la presenza di una scuola emiliana in cui il Neoclassicismo si colora di sensualità, «venato di un sentimento umano più dichiarato e palese di quello canoviano, con un Realismo coltissimo e quasi imbarazzante nella definizione "carnale" dei personaggi e delle scene, e con un passaggio tra fine Otto e nuovo secolo informatissimo delle novità nazionali ed internazionali, interpretate non senza novità e originalità.»[18]
Per quanto riguarda i decoratori e gli scultori ornatisti, la scarsità di fonti risulta ancora più marcata. Secondo Nikolaus Pevsner ripreso da Daniel Vifian Lopez, la tradizionale divisione tra Belle Arti ed Arti applicate, tra artisti e artigiani o maestranze, con la valorizzazione degli scultori che uscivano dalle accademie artistiche a discapito degli scultori decoratori, a volte di grandi capacità tecniche e creative ma relegati a un ruolo di second'ordine o sminuiti al rango di semplici scalpellini esecutori, ha probabilmente avuto un'influenza sulla attuale carenza di fonti.[30] Un altro fattore che giustificherebbe la difficoltà di reperire fonti, sempre secondo Lopez, è legato alla natura stessa della scultura funeraria, considerata un genere minore rispetto alla statuaria commemorativa pubblica.[31]