Antonio Guarnieri

Antonio Guarnieri fotografato da Mario Nunes Vais

Antonio Guarnieri (Venezia, 1º febbraio 1880Milano, 25 novembre 1952) è stato un direttore d'orchestra, compositore e violoncellista italiano.

Biografia

Nato a Venezia da una famiglia di musicisti, suo fratello Francesco fu violinista e anch'egli compositore mentre il padre Luigi fu uno stimato contrabbassista presso l'Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia.

Formazione

Dopo aver conseguito il diploma di violoncello, proseguì gli studi in composizione ed organo sotto la guida di Marco Enrico Bossi, direttore del Liceo Musicale “Benedetto Marcello” di Venezia. Da questi Guarnieri ricevette un'impronta formativa che lo guidò nelle successive scelte e l'accompagnò per l'intera vita; egli infatti si interessò, ancora molto giovane, ad autori allora poco eseguiti come Gaspare Spontini; proseguì gli studi a Monaco di Baviera e, una volta tornato in Italia, conobbe il pianista e compositore Giuseppe Martucci ed entrò a far parte del suo quartetto, come violoncellista. Grazie a questa esperienza Guarnieri poté approfondire il repertorio cameristico e la musica strumentale italiana rinascimentale e barocca.

Nel 1903 Guarnieri mosse i primi passi come direttore d'orchestra durante una tournée in Italia condotta da Amilcare Zanella. L'insegnamento di Zanella insieme a quello di Bossi e Martucci formò in maniera definitiva il gusto e l'attenzione del Guarnieri per la musica strumentale italiana, che continuò ad eseguire per tutta la vita.

Carriera

L'esordio vero e proprio come direttore d'orchestra avvenne nel 1904 a Siena; il repertorio che caratterizzò le sue prime direzioni comprendeva non solo quello classico ma anche opere di autori più moderni come Nozze istriane di Antonio Smareglia e Cavalleria rusticana di Domenico Monleone. Dopo tre anni trascorsi lavorando nel nord Italia, la prima importante scrittura gli venne dal Teatro Petruzzelli di Bari. Nella stagione 1907/1908 diresse sette opere in programma e fece la conoscenza del soprano Camilla Pasini; con lei protagonista diresse 13 repliche dell'opera Tosca nel febbraio del 1908. L'anno successivo venne scritturato dal Teatro La Fenice a Venezia per la stagione 1908/1909, dove diresse per la prima volta il Tristano e Isotta di Richard Wagner.

Successivamente lavorò presso il Teatro Massimo Vittorio Emanuele a Palermo, dove ottenne un grande successo dirigendo il Tannhäuser di Wagner e il Rigoletto di Verdi. Divenuto famoso, nel 1912 venne ingaggiato presso lo Wiener Staatsoper di Vienna, allora conosciuto come Wiener Hofoper, dove ottenne un buon successo.

A causa di diatribe con il sovrintendente, dovute alla scarsa organizzazione delle prove in preparazione alle recite, nel 1913 Guarnieri abbandonò Vienna, suscitando un certo scandalo; secondo il contratto stipulato, Guarnieri avrebbe dovuto pagare una penale, ma lo scoppio della prima guerra mondiale interruppe ogni azione giudiziaria.

Rientrato dall'Austria, Guarnieri fu contattato per la stagione primavera-estate del 1913 al Teatro Colón di Buenos Aires,accettando sia per sfuggire alla giustizia austriaca sia per motivi di famiglia. Al Teatro Colon ebbe modo di lavorare con Cecilia Gagliardi, Maria Barrientos, Tito Schipa e Giuseppe Anselmi.

Tornato in Italia, nel 1915 fondò a Milano la Società Sinfonica Italiana ed ebbe modo di accostarsi per la prima volta alla discografia.

Qualche anno dopo, nel 1922, Guarnieri fu invitato al Teatro alla Scala dall'allora direttore artistico Arturo Toscanini per dirigere l'opera Lohengrin, di Richard Wagner. Guarnieri riscosse un notevole successo, e venne invitato nuovamente a dirigere la prima assoluta di Belfagor di Ottorino Respighi.

Nel 1927 giunse a Verona per la stagione estiva dell'Arena. Vi diresse La vestale di Gaspare Spontini e Aida di Verdi ma nonostante il grande successo, fu deluso per questioni di acustica dall'esperienza di musica all'aperto, evitando per il resto della sua carriera eventi simili. Conclusa intanto l'unione con Anna Renzi dalla quale Guarnieri aveva avuto due figli, Guarnieri ebbe una seconda unione con Renata Sancassani dalla quale ebbe tre figli, tra cui l'attrice Anna Maria Guarnieri e il cantante e compositore Gianni Guarnieri.

Gli anni Trenta videro Guarnieri dirigere opere al Teatro alla Scala, al teatro dell'Opera di Roma, a La Fenice, davanti ai microfoni dell'Eiar e concerti in importanti teatri italiani. A questi anni appartengono il concerto di Cremona al Teatro Ponchielli del 1937 e la memorabile direzione del Macbeth di Ernest Bloch del 1938 al San Carlo di Napoli.

Dal 1939 al 1946 tenne corsi di perfezionamento in direzione d'orchestra presso l'Accademia Chigiana di Siena, chiamato dal conte Chigi Saracini. Fu un'esperienza importante per Guarnieri, che ebbi tra gli allievi anche Claudio Abbado. Musicisti e intellettuali da ogni parte del mondo giungevano a Siena per ammirarlo ed avere la possibilità di assistere ad una sua direzione, come Ezra Pound e Igor Markevitch.

Sempre nell'agosto del 1941 salì sul podio delle Settimane internazionali di Musica di Lucerna, conquistando il pubblico di lingua tedesca per la sua interpretazione di Brahms e Wagner tanto che gli venne offerto per il 1942 di tornare a Vienna con l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, in occasione del centenario della fondazione dei Wiener Philharmoniker. In questa occasione fu insignito dai Filarmonici della Medaglia Nicolai, l'onorificenza più alta concessa ad un direttore d'orchestra mentre la Telefunken lo ingaggiò per la registrazione di un intero ciclo sinfonico. In Italia intanto Guarnieri continuava a dirigere concerti, come l'opera Boris Godunov di Modest Petrovič Musorgskij all'Opera di Roma del 1942 e Kovancina sempre di Musorgskij del 1943.

Fra il 1940 e il 1947 fu protagonista delle stagioni al Teatro alla Scala di Milano, con le recite spostate nei teatri di provincia a causa dei bombardamenti. In quel periodo collaborò con artisti quali Tito Gobbi, Mario Del Monaco, Mafalda Favero, Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato.

Conclusa la stagione scaligera le condizioni di salute di Guarnieri notevolmente peggiorate lo costrinsero ad abbandonare i teatri e a dirigere le opere in forma di concerto davanti ai microfoni della Rai. Dopo I puritani di Vincenzo Bellini (1948), Andrea Chénier di Umberto Giordano con Lauri Volpi (1949) e La Bohème di G. Puccini con la Tebaldi (1949) diresse il suo ultimo lavoro nel 1950, La sonnambula di Bellini e la Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai, unico esempio di opera completa diretta da Guarnieri conservata dalla Fonit Cetra.

Dopo l'estate del 1950, le sue condizioni di salute gli impedirono di salire ancora sul podio. Negli ultimi anni compose alcune opere teatrali, come Giuditta e Hannele e Impressioni di Spagna per orchestra; scrisse inoltre Orazione per la mia fine con testo dello stesso Guarnieri, e musica vocale.

Morì a Milano il 25 novembre 1952.

Citazioni

  • Alfredo Mandelli[1] musicologo:

«Ce lo eravamo chiesto in molti, sempre: con che cosa dirige? Non è che proprio non si muovesse; ma spesso il gesto era talmente poca cosa rispetto al risultato, da far porre la domanda; qualche volta, poi, era capitato che non si muovesse affatto. Questo lo fanno anche altri direttori, per brevi tratti; ma che qualcuno dirigesse un atto intero dalla Traviata restando immobile dopo aver dato lo stacco, era davvero qualcosa di unico. Eppure lui, Antonio Guarnieri, aveva fatto anche questo. Peccato che ormai i suoi cantanti di quella recita non siano più in giro, per fargliela raccontare. Immobile, o quasi. E allora ecco venir fuori il mito dello sguardo. Quello sguardo, quegli occhi che sembravano magnetizzare tutti, orchestrali, cantanti, coristi. Sarà stata suggestione, ma sembrava davvero che Guarnieri, più che con il gesto minimo, appena prolungato (ma di quanto, poi?) da quel suo minuscolo mozzicone di bacchetta, dirigesse guardando …” Guarnieri concertatore dei cantanti: tremendo, inflessibile; sulla esattezza di solfeggio della lettura non ammetteva che si sbagliasse; dopo un paio di “punti” messi dove non ci sono, o qualche altra traccia di studio approssimato, il cantante rischiava di essere protestato. “Dopo, in recita, state tranquilli, vi accompagno ma non perché voi facciate il pressappoco; anzi, vi sentirete liberi proprio perché sapete tutto con la massima precisione …” Poi, quando si andava in orchestra, il miracolo: poter cantare anche piano, senza mai esser coperti dall'orchestra, anzi sentendosi sorretti, guidati da una volontà illuminante; cantare senza mai dover sforzare, farsi udire sempre fin dall'ultimo spettatore, poter pronunciare ed esprimere bene, anche sopra ai “crescendo” dell'orchestra. Questo, alcuni cantanti giuravano di aver potuto farlo sempre soltanto con Guarnieri.»

  • Gianandrea Gavazzeni[2], direttore d'orchestra:

«Erano il viso, lo sguardo ad esercitare suggestione sugli esecutori, circuendoli talvolta in un'atmosfera magica; era il taglio sprezzante della bocca, a far presagire e temere giudizi a sferza. Così lo ricordiamo nel suo periodo di maggior forza. Dal disegno fisico ne deriva l'immagine del suo “gesto” direttoriale. Il gesto considerato allora come il famoso “gesto di Guarnieri”. Circoscritto nello spazio, sobrio, ma di eccezionale efficacia nell'ottenere dall'orchestra il famoso “suono di Guarnieri”. Che era prerogativa tutta personale, per la morbidezza degli “archi”, la varietà dei piani, l'aprirsi dei crescendi in sintonia con l'aprirsi del gesto, con il potere evocativo della mano sinistra. Immune da qualunque schema prefigurato il suo gesto era tutto dentro alla musica, dentro al cuore del fraseggio, all'origine dell'invenzione del suono.»

  • Claudio Abbado, a otto anni, dopo aver visto dirigere Guarnieri al Teatro alla Scala di Milano uno dei Notturni di Claude Debussy decise che sarebbe diventato un direttore d'orchestra. Infatti fu allievo di Guarnieri alla Chigiana. Diventato adulto e celebre direttore così si esprime in una intervista parlando del suo lavoro:

«“Io sono sempre alla ricerca di qualche cosa di nuovo. Quando trovo una nuova edizione o una vecchia edizione di un'opera che penso di conoscere bene scopro sempre un dettaglio, un particolare che mi sorprende. E cerco di trasmettere questa curiosità ai miei musicisti”. “E come mai”, insiste l'intervistatore, “tutto questo lo impari a memoria, come mai dirigi sempre senza partitura?”. “Perché se non conosco a memoria una partitura vuol dire che non la conosco abbastanza. E chiedo spesso anche ai musicisti di imparare a memoria la loro parte, di non fissare sempre e soltanto il leggio. Più occhi vedo davanti a me e più sono contento. Come diceva sempre il vecchio Antonio Guarnieri ci sono i musicisti che hanno la partitura in testa e quelli che invece hanno la testa nella partitura”.»

  • Guido Piamonte[3], musicologo:

«Freddamente metallico, magnetico e inquisitorio, lo sguardo di Antonio Guarnieri era il mezzo che gli consentiva di comunicare imperiosamente agli esecutori il messaggio della sua individualità di interprete; quanto nell'esteriore apparenza dimesso e limitato tornava il suo gesto direttoriale, con l'ausilio di una bacchetta cortissima, ma impugnata con muscolare e spirituale tensione, immediatamente percepita dall'orchestra e, sulla scena, dai solisti di canto e dalle masse corali. Ma sempre, e in primissimo luogo, la potenza dello sguardo: solo chi ebbe la ventura di seguire decine e decine di prove di Guarnieri – eventualmente sbirciando dalle quinte o da qualche forellino delle “sale parapettate” dei concerti – poté cogliere il segreto del maestro.»

  • Mafalda Favero[4], cantante lirica:

«Guarnieri è stato un grandissimo. Se devo essere sincera, i pianissimi e il colore dell'orchestra che otteneva Guarnieri, Toscanini non li ha mai avuti. La sensibilità di Guarnieri – credo di poterlo dire, visto che ho cantato con entrambi – non l'aveva Toscanini. Toscanini, per carità, era un fenomeno, ma un metronomo, proprio senza cuore certe volte. Guarnieri era invece soprattutto sentimento. Ne è un esempio la “Francesca da Rimini” di cui resta anche un'incisione in disco. Diretta come sapeva fare lui, ti fa letteralmente andare in cielo.»

  • A proposito del boicottaggio di Guarnieri al Teatro alla Scala durante la conduzione Toscanini si legga la seguente citazione dai Quaderni di Guastalla, l'autore del testo del Belfagor di Respighi, e le due note riportate[5]:

«In febbraio [1923] una lettera della Direzione della Scala aveva comunicato ufficialmente a Ottorino che, date le peggiorate condizioni della vista del Maestro Toscanini, egli avrebbe diretto soltanto Deborah e Jaele e la direzione dell'opera Belfagor sarebbe stata affidata al Maestro Antonio Guarnieri. Respighi rispose che apprendeva con molto dolore la decisione, ma, dato il nome del Maestro che era chiamato a sostituire Toscanini, non credeva opportuno di ritirare l'opera. Primo sbaglio, la risposta che la Direzione attendeva era proprio il contrario di quella inviata. Appena arrivato a Milano Ottorino si sentì dire che Guarnieri non conosceva l'opera e gli fu insinuato che se avesse – lui autore – “protestato” Guarnieri e ritirato l'opera, l'anno seguente il Belfagor l'avrebbe diretto Toscanini. Anche l'editore Ricordi consigliava Respighi di rinunciare alla direzione di Guarnieri, ma Respighi era troppo galantuomo per prestarsi ad un colpo mancino contro questo direttore di altissimo valore e forse non capì nemmeno la manovra a cui l'Ing. Scandiani – direttore del teatro – lo voleva indurre. Il Maestro Guarnieri, chiamato come secondo di Toscanini, aveva ottenuto durante la stagione un grandissimo successo di pubblico e di critica e, non potendo farlo cadere in un'opera di repertorio, i dirigenti della Scala avevano pensato ad un fiasco di Belfagor che avrebbe travolto anche lui. Nota 53: Va inoltre segnalato che la protagonista femminile avrebbe dovuto essere Juanita Caracciolo e che fu sostituita dalla Direzione a pochi giorni dalla prima dalla cantante inglese Sheridan, la quale non aveva riscosso in precedenza le simpatie del pubblico. Per contrattaccare la Direzione della Scala, due settimane dopo la prima l'avvocato del Maestro Guarnieri notificava al Teatro una citazione legale in quanto Belfagor era stata tolta dal cartellone dopo sei rappresentazioni esaurite e le scene, caso unico nella storia moderna del teatro come farà notare Elsa Respighi, bruciate per non darle a Bologna per la stagione autunnale. Nota 54: Riportando la testimonianza di Guastalla, che gli lasciò i suoi Quaderni, Bragaglia aggiunge: “Toscanini [...] conosceva e riconosceva il valore di Respighi, sapeva la grande importanza che avrebbe avuto per la sua carriera l'esito della sua prima opera alla Scala, ma pur di colpire Guarnieri e farlo “cadere” non esitò ad abbassarsi alle più meschine manovre di boicottaggio.»

Discografia

Registrazioni dal vivo

Note

  1. ^ Antonio Guarnieri, Edizioni MC Musica classica
  2. ^ Antonio Guarnieri “Il poeta del suono”, Associazione “Venezia mia”
  3. ^ Ricordo di Antonio Guarnieri, Musica, n. 20, marzo 1981
  4. ^ Il genio bizzarro di Antonio Guarnieri, Musica, n. 20, marzo 1981
  5. ^ Leonardo Bragaglia e Elsa Respighi, Il teatro di Respighi (Opere, balli e balletti), Bulzoni (Biblioteca di Cultura), n. 126, Roma 1978, pp. 99-102

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Collegamenti esterni

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