Antichità giudaiche (in greco antico: Ἰουδαϊκὴ ἀρχαιολογία?, Ioudaïkḗ archaiología, in latino Antiquitates iudaicae, abbreviazione: Ant.) è un'opera storica in 20 libri, scritta in lingua greca ellenistica, dello storiografo ebreo antico Flavio Giuseppe, pubblicata nel 93-94 d.C., contenente la storia del popolo ebraico dalla creazione del mondo fino allo scoppio della prima guerra giudaica nel 66 d.C.
Il titolo e il numero dei libri ricordano le Antichità romane (in greco antico: Ῥωμαϊκὴ Ἀρχαιολογία?, Rōmaïkḕ Archaiología, in latino Antiquitates Romanae) di Dionigi di Alicarnasso[1].
Antichità giudaiche è un'opera imponente. È quasi tre volte più lunga della Guerra giudaica (abbreviazione: Bell.) ed è divisa in venti libri.
Quest'opera è la principale fonte storica che ci sia pervenuta sulla Palestina e contiene, tra l'altro, preziose notizie relative ai movimenti religiosi del giudaismo dell'epoca come gli Esseni, i Farisei, gli Zeloti.
L'opera contiene anche riferimenti a Giovanni Battista, a Gesù e ai primi cristiani. Il più celebre di questi passi è il cosiddetto Testimonium Flavianum, che definisce Gesù un "uomo saggio" e un "maestro", affermando che compiva "opere sorprendenti" e che ebbe molti discepoli: Ponzio Pilato lo condannò alla crocifissione, ma i suoi seguaci, "che da lui sono detti Cristiani", continuarono a trasmettere il suo insegnamento. Per la presenza di alcune affermazioni difficili da conciliare con la visione religiosa dell'autore, il Testimonium è da tempo oggetto di discussione tra gli studiosi. Oggi, eliminate le interpolazioni dovute probabilmente all'inserimento nel testo di glosse marginali da parte dei copisti cristiani, si tende a sostenere l'autenticità parziale del passo[139]. Alcuni studiosi lo ritengono comunque interamente apocrifo[140][141], e altri integralmente autentico[142].
Gesù è citato anche in un secondo passo, che non presenta particolari criticità[143], come fratello di Giacomo, condannato a morte dalle autorità religiose del tempo. L'uccisione di Giacomo non compare nel Nuovo Testamento, essendo successiva agli eventi narrati negli Atti degli Apostoli: l'episodio conferma comunque le persecuzioni subite dalla Chiesa primitiva.
Il resoconto su Giovanni il Battista ne conferma l'arresto e la condanna a morte ad opera di Erode Antipa, come riferito dai Vangeli (Matteo 14, 1-12[144]; Marco 6, 14-29[145]; Luca 9, 7-9[146]).
Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.»
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 63-64)
Erode infatti aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata da una condotta corretta.
Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Un'eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene.
A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode.»
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 116-119)
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XX, 200)
Il Testimonium Flavianum tuttavia è da tempo oggetto di importanti dibattiti: sembra improbabile che uno storico di fede ebraica, che non aderì mai al cristianesimo, possa avere affermato con così tanta sicurezza che Gesù fosse il Cristo e che egli fosse risorto dai morti.[147] Per tale motivo, gli studiosi odierni ritengono che il Testimonium originariamente scritto da Flavio Giuseppe sia stato oggetto di un'interpolazione da parte dei copisti cristiani, che avrebbero aggiunto ad esso materiale non presente nell'opera originale.[148]
Nonostante ciò, la maggioranza degli studiosi odierni ritiene che il Testimonium non sia una completa interpolazione cristiana e che fosse originariamente presente nel testo delle Antichità Giudaiche, sebbene sia stato poi oggetto di modifiche da parte di copisti.[149][150][151][152][153][154] Vari tentativi sono stati fatti per ricostruire il Testimonium originale: quello che ha ottenuto più consenso tra gli studiosi è ad opera del biblista cattolico John Paul Meier dell'Università di Notre Dame; egli, eliminando le più evidenti interpolazioni cristiane, è giunto alla conclusione che il testo originale di Flavio Giuseppe dicesse:
Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.»
(John Paul Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, Queriniana, Volume 1)
Tale ricostruzione ha trovato l'appoggio anche del biblista americano Bart Ehrman (Università della Carolina del Nord a Chapel Hill) e del teologo britannico James Dunn (Università di Durham).[155][156]
Un'altra ricostruzione del Testimonium ritenuta convincente da parte degli studiosi è quella dello studioso ebraico Géza Vermes dell'Università di Newcastle. La sua versione del Testimonium recita:
(Géza Vermes, Jesus in the Jewish World, SCM Press, 2010)
Un altro dubbio sull'autenticità del Testimonium è dovuto al fatto che esso non è menzionato da nessun apologeta cristiano precedente ad Eusebio di Cesarea, che menziona il passo di Giuseppe Flavio nella sua Storia Ecclesiastica.[157] Tale argomento non è però ritenuto sufficiente a considerare il Testimonium una completa interpolazione: i biblisti John Paul Meier e Bart Ehrman fanno infatti notare come il testo originale di Giuseppe Flavio avesse con ogni probabilità un tono neutrale e non contenesse elementi che sarebbero tornati utili agli apologeti cristiani, dato che non riconosceva Gesù come il Messia, né menzionava la sua resurrezione. Non avrebbe avuto quindi alcuna utilità per gli apologeti cristiani nelle loro polemiche con gli scrittori pagani.[149][150] Fa inoltre notare Meier come l'apologeta cristiano Origene di Alessandria in due delle sue opere[158][159] si lamenti del fatto che Giuseppe Flavio non avesse riconosciuto Gesù come il Messia: secondo Meier, questa è la prova che Origene avesse visto la versione non interpolata del Testimonium, non essendo sufficiente la parte su "Giacomo, fratello di Gesù" per causare all'apologeta un tale commento.[149]
Nel 1971 il professor Shlomo Pinés dell'Università Ebraica di Gerusalemme pubblicò la traduzione di una diversa versione del Testimonium[160], come citato in un manoscritto arabo del X secolo. Il brano compare ne Il libro del Titolo dello storico arabo cristiano, nonché vescovo melchita di Hierapolis Bambyce, Agapio, morto nel 941. Agapio riporta solo approssimativamente il titolo dell'opera di Giuseppe ed afferma chiaramente che il suo lavoro è basato su una più antica cronaca in siriaco di Teofilo di Edessa (morto nel 785), andata persa: ciò suggerisce quindi che il Testimonium di Agapio sia una parafrasi di quello presente nella cronaca perduta di Teofilo. La versione del Testimonium di Agapio è:
(Traduzione di Shlomo Pines, citata da J.D. Crossan.)
Il testo fornito da Pinés deriva principalmente dalla citazione di questo brano di Agapio fatta dal successivo storico arabo-cristiano Al-Makin, che contiene materiale ulteriore rispetto al manoscritto Firenze che, unico, contiene la seconda metà dell'opera di Agapio. Pinés afferma che questa potrebbe essere una registrazione più accurata di quanto scritto da Giuseppe, in quanto manca di quelle parti che spesso sono state considerate interpolazioni di copisti cristiani.
Non risultano invece particolari problemi per le parti riguardanti Giacomo il Giusto e Giovanni il Battista, che sono riconosciute come autentiche dalla quasi totalità degli studiosi.[157]
Il primo manoscritto greco dei Libri 11-20 delle Antichità risale all'XI secolo, l'Ambrosianus 370 (F 128), conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano. Tuttavia, la tradizione manoscritta è complessa e molti manoscritti sono incompleti.
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