L'acido okadaico è una tossina prodotta da alcune specie di dinoflagellate, in particolare quelle appartenenti ai generi Dinophysis e Prorocentrum, che si accumula nelle spugne e nei molluschi. È causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi (DSP), dovuta appunto all'ingestione di molluschi contaminati.[2] Deve il suo nome alla spugna Halichondria okadaic, organismo da cui venne isolato in Giappone nel 1981.[3]
Chimicamente l'acido okadaico è un polietere, con proprietà ionofore, derivato da un acido grasso C38. Si presenta allo stato solido con colorazione bianca ed è solubile in solventi organici.
Tossine DSP
L'acido okadaico è la principale causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi (in ingleseDiarrhetic Shellfish Poisoning) e rientra nel cosiddetto "gruppo uno" delle tossine responsabili di questa sintomatologia.[4] All'interno di questo gruppo rientrano anche una serie di composti correlati definiti tossine DTX (Dinophysis Toxin): DTX-1, DTX-2 e la forma acilata DTX-3. Gli altri due gruppi comprendono invece, rispettivamente, le pectenotossine e le yessotossine.
Le tossine DSP sono stabili al calore, sebbene l'ebollizione prolungata possa diminuire la concentrazione di acido okadaico all'interno dei molluschi.[5]
Provoca la sindrome diarroica da molluschi bivalvi agendo in modo simile alla tossina del colera, stimolando la fosforilazione di una proteina che controlla la secrezione del sodio a livello intestinale.[7] La tossina, che tende a concentrarsi principalmente nell'epatopancreas dei molluschi, comincia a esercitare i suoi effetti sugli esseri umani adulti già in dose di circa 40 µg[8] provocando diarrea, nausea, vomito e dolore addominale. I sintomi iniziano a manifestarsi da 30 minuti fino ad alcune ore dopo l'ingestione di molluschi contaminati, per scomparire spontaneamente nell'arco di 3 giorni.[5]
L'acido okadaico si è dimostrato essere un potente promotore di tumore in esperimenti sulla pelle di topo,[9][10] probabilmente a causa del suo effetto inibitore su PP1 e PP2A che non riescono a defosforilare i substrati della protein-chinasi C.
^ H.P van Egmond, T. Aune, P. Lassus, G.J.A. Speijers e M. Waldock, Paralytic and diarrhetic shellfish poisons: Occurrence in Europe, toxicity, analysis, and regulation, in J. Nat. Toxins, vol. 2, 1993, pp. 41-83.
Bibliografia
S.S. Deshpande, Handbook of Food Toxicology, CRC Press, 2002, ISBN0203908961.