Villa Valmarana ai Nani è una villa veneta situata alle porte della città di Vicenza, sulle falde del colle di San Bastian, propaggine del vicino Monte Berico. La villa è celebre per lo straordinario ciclo di affreschi di Giambattista Tiepolo (allora nel pieno del suo splendore artistico) e del figlio Giandomenico.
Il nomignolo "ai Nani", con cui è conosciuta per differenziarla dalle altre ville della stessa famiglia, è dovuto alle 17 sculture in pietra che rappresentano nani, un tempo sparsi nel parco come nani da giardino, poi allineati sul muro di cinta.
La villa, pur essendo abitata dalla famiglia nobiliare dei Valmarana, è aperta al pubblico sei giorni alla settimana, al pari della vicina Villa Capra detta "La Rotonda" del Palladio, di proprietà di un altro ramo della famiglia Valmarana. Il viale di accesso alla villa continua infatti verso est lungo la stradina non asfaltata che conduce alla "Rotonda", distante poche centinaia di metri.
Storia
Il primo edificio, quello residenziale, voluto da Giovanni Maria Bertolo, fu completato nel 1670. Durante gli anni successivi alla struttura furono affiancate una barchessa, una foresteria, una stalla e vari altri edifici, tipici delle ville venete; tuttavia la collocazione collinare e gli interessi dei proprietari fanno sì che questa villa si caratterizzi più come residenza che come centro produttivo agricolo.
Nel 1720 la proprietà venne ceduta ai fratelli Valmarana: la famiglia continua a possedere il complesso e ad abitarlo.
Nel 1736 Giustino Valmarana incaricò Francesco Muttoni, che per la famiglia Valmarana aveva già lavorato con il palazzo cittadino di San Faustino, del restauro della villa; fu Muttoni ad apportare molte delle modifiche, come i frontoni triangolari sui due lati della palazzina principale, le scalinate e le torrette laterali della palazzina, nonché il tamponamento delle arcate della foresteria e la costruzione delle scuderie,[1] sviluppate su due piani, con accesso dal viale che porta alla villa e dal piazzale soprastante.
Nell'aprile del 1944, in piena seconda guerra mondiale, alcune bombe incendiarie colpirono la villa e distrussero buona parte del soffitto della Sala dell'Eneide. Quasi tutti gli affreschi dovettero essere asportati: per alcuni venne utilizzata la tecnica dello strappo, mentre gli altri vennero staccati dopo la demolizione del muro retrostante in modo da conservare tutto lo spessore dell'intonaco sul quale erano stati dipinti. Al termine del conflitto bellico essi furono riapplicati alle pareti.
Decorazione
«Oggi ho visitato la villa Valmarana decorata dal Tiepolo, che lasciò libero corso a tutte le sue virtù e alle sue manchevolezze. Lo stile elevato non gli arrise come quello naturale, e di quest'ultimo ci sono qui cose preziose, ma come decorazione il complesso è felice e geniale.»
La palazzina principale e la foresteria furono affrescate da Giambattista Tiepolo e dal figlio Giandomenico nel 1757, per volere di Giustino Valmarana. In particolare la prima ripercorre temi mitologici e classici; l'atrio è costituito da una sala ispirata all'Ifigenia in Aulide di Euripide, mentre ai quattro lati della villa altrettante stanze rievocano l'epopea antica e moderna attraverso scene eroico-amorose, con episodi dall'Iliade di Omero, dall'Eneide di Virgilio, dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto e dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso: come in un percorso iniziatico i personaggi dei quattro sommi poemi della storia d'Europa riflettono sulla "necessità di superare le delizie e le pene d'amore per raggiungere la maturità e la solitudine eroiche".
Tiepolo, oltre al pennello, ha fra le mani i libri che hanno segnato il pensiero occidentale, la storia che lega l'antico al moderno, dall'antica Grecia e dalla Roma imperiale al grande Rinascimento italiano, in un gioco di specchi e di imitazioni. La villa diviene così un "palazzo della memoria", "schema dell'universo imperniato sui quattro angoli-pilastro (Nord, Sud, Est, Ovest) in cui i personaggi-chiave dell'epica, la storia immaginaria che unifica i tempi (Antico, Moderno) attraverso le gesta degli eroi celebrati per il coraggio adamantino e le virtù straordinarie, si raccolgono dialogando su un teatro virtuale".[3] I personaggi affrescati esprimono un sentimentalismo che richiama quello presente nel melodramma, genere teatrale diffuso nel XVIII secolo che ebbe in Pietro Metastasio il suo esponente più noto.[4]
La sala dedicata all'Iliade propone in un trompe l'oeil la meditabonda, solitaria malinconia di Achille che rinuncia a Briseide. Segue poi Teti consola Achille, con l'eroe acheo ritratto nella classica postura dell'uomo malinconico: il braccio sorregge la testa mentre le armi giacciono abbandonate; tra i flutti marini appare Teti, nereide moglie di Peleo e madre di Achille.
Le altre due sale presentano scene dall'Eneide del poeta latino Virgilio e dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso: nel settecento i due erano letti con una sensibilità quasi romantica. L'"eroismo della rinuncia amorosa" per l'adempimento di un destino eroico fa da ponte anche in queste due stanze, con Enea che deve decidere l'abbandono di Didone e con Rinaldo che lascia la magaArmida.
Nella sala dell'Eneide Tiepolo raffigura Mercurio mentre esorta Enea a riprendere il viaggio verso il Lazio. Mercurio è ritratto con il suo caduceo. Enea ha la postura dell'uomo pensieroso: la mano regge la fronte, l'elmo è abbandonato a terra. Il dramma interiore di Enea è accentuato dalla posizione delle gambe divaricate.
Venere appare ad Enea sulla strada per Cartagine
Enea presenta a Didone Cupido travestito da Ascanio
Mercurio esorta Enea a partire
Nella sala della Gerusalemme liberata la figura di Rinaldo assume una componente "teatrale" e melodrammatica, attraverso la forte torsione del busto e la rappresentazione del paesaggio. In particolare in Rinaldo abbandona Armida l'albero al centro della scena è quasi una cesura tra il futuro che attende Rinaldo e il passato che lo ha legato ad Armida. Notevole anche Rinaldo osserva vergognoso la propria immagine soggiogata, raffigurante un segmento poco noto del poema tassiano.[5]
Trionfo della virtù sull'ignoranza (soffitto)
Armida rapisce Rinaldo dormiente
Rinaldo e Armida sorpresi da Ubaldo e Carlo
Rinaldo si ravvede del suo passato
Rinaldo abbandona Armida
Foresteria
La foresteria presenta uno stile più moderno rispetto alla villa vera e propria, con richiami all'illuminismo e scene di vita quotidiana, dalla rappresentazione della campagna veneta, a quelle della nobiltà, sino a quella della lontana Cina. Qui è presente in maniera decisa la mano di Giandomenico Tiepolo, che nega il gusto del sublime paterno. A Giambattista si deve soltanto la Stanza dell'Olimpo, dove si ritrova la tendenza che caratterizza l'edificio principale.
Nella scelta dei temi dipinti negli altri sei ambienti della foresteria, Giandomenico Tiepolo fu un innovatore.
Nella Sala delle Cineserie si possono ammirare scene dalla Cina dell'epoca, specchio del gusto dell'epoca per un esotismo di maniera e di un genere ben preciso, la chinoiserie.
Nella Stanza Gotica (o Stanza delle Passeggiate), le scene (Passeggiata invernale ed estiva, Dichiarazione d'amore) e i personaggi (Figure allegoriche) sono accolti in una cornice che costituisce appunto uno dei primissimi esempi di rappresentazione neogotica.[6]
Passeggiata invernale
Passeggiata estiva
Dama e gentiluomo a passeggio
La Stanza delle Scene Campestri (o Stanza dei Contadini) mostra affreschi caratterizzati dall'idillio, con scene idealizzate di vita contadina.
La foresteria comprende infine anche la Stanza delle Architetture e la Stanza dei Putti.
Putti che giocano con il cavallino di legno
Due putti con pappagallo
Putti che giocano ai fantasmi
Putti che giocano con il carrettino
Leggenda dei nani
Una leggenda vuole che la figlia del signore della villa fosse affetta da nanismo, e che i custodi e i servitori dell'edificio fossero scelti esclusivamente tra i nani, perché alla ragazza non si voleva far conoscere il proprio difetto fisico. Ma un giorno la ragazza vide entrare nella villa un principe alto e bello; avendo quindi preso coscienza del proprio stato, essa si tolse la vita gettandosi dalla torre, motivo per cui i nani si trasformarono in pietre per il dolore. I fedeli servitori, benché pietrificati, sorveglierebbero il sonno eterno della figlia del proprietario della villa.[7]
^Il palazzo della memoria. Percorso 11. Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, edizione rossa, ed. Loescher, Torino, 2011, vol. 1, pag. 1073
^I personaggi dipinti da Tiepolo manifestano il loro conflitto interiore tra amore e dovere. I drammi di eroi ed eroine sono rappresentati non nelle vaste sale di una reggia, ma nelle stanze di una serena villa di campagna: più "opera da camera", che melodramma da grande teatro. (Piero Adorno, Adriana Mastrangelo; L'arte del mondo. Il mondo dell'arte; volume 4, pag. 138, G. D'Anna, Torino, 2021).
^Il palazzo della memoria. Percorso 11. Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, edizione rossa, ed. Loescher, Torino, vol. 1, pag. 1074-1075
^Franco Barbieri e Renato Cevese, Vicenza, ritratto di una città, pag. 124, Angelo Colla editore.
Gerda Bödefeld e Berthold Hinz, Die Villen im Veneto. Eine kunst- und kulturgeschichtliche Reise in das Land zwischen Alpenrand und Adriabogen. DuMont, Köln 1987, ISBN 3-7701-1838-3 (DuMont-Dokumente. DuMont-Kunst-Reiseführer).
Renato Cevese, Ville della provincia di Vicenza, 1982
Francesca D'Arcais, Franca Zava Boccazzi, Giuseppe Pavanello, Gli affreschi nelle Ville Venete dal Seicento all'Ottocento, 1978
Francesco Monicelli e Cesare Gerolimetto, Ville Venete, Civiltà di Villa nel Dominio di Terraferma, Arsenale Editore 2003
Michelangelo Muraro e Paolo Marton, Die Villen in Venetien. Könemann, Köln 1996, ISBN 3-89508-214-7.
La legenda di Layana di Carlo Presotto, da Un grande passato nel nostro futuro. La città di Vicenza e le ville del Palladio nel Veneto, Ufficio UNESCO del Comune di Vicenza, 2007