Il segnale d'attacco fu dato alle 9.00 del 21 ottobre. Le brigate Re e Pistoia attaccarono ben presto il nemico nella zona di Podgora ma i contrattacchi austro-ungarici, che rioccupavano quasi subito le posizioni perse, e il clima sfavorevole impedirono agli italiani di conseguire gli obiettivi prefissati. In una tale situazione, gli unici ripari per i soldati del regio esercito, non essendo il territorio adatto per scavare, furono i cadaveri dei compagni morti.
La 4ª Divisione italiana tentò invano di conquistare il Monte Sabotino, mentre la brigata Lombardia ottenne dei risultati presso Oslavia, ma vennero ricacciati dal paese da un contrattacco il giorno seguente. Vi furono parziali successi sul Monte Sei Busi, a Selz e a Monfalcone.
Le trincee austriache del Monte San Michele vennero ripetutamente conquistate dalla Brigata Catanzaro (141ºe 142º reggimento fanteria) e perdute da cruenti contrattacchi nemici. Va fatta menzione dei cannonieri dell'incrociatore corazzatoAmalfi che, dopo l'affondamento del battello, parteciparono volontari alla battaglia riuscendo a distruggere con soli 5 colpi dei cannoni della nave (salvati dal naufragio) l'osservatorio di Monte San Michele.
La tattica di Cadorna si rivelò poco incisiva, avendo distribuito le proprie forze in modo completamente uniforme lungo tutto il fronte (lungo quanto l'Isonzo), e avendo deciso di attaccare su piccoli fronti. Gli austro-ungarici approfittarono della situazione per concentrare la loro potenza di fuoco sul nemico, che avanzava su direttrici più strette.
Il Monte Sei Busi, difeso strenuamente dalla 106ª Divisione di fanteria austro-ungarica, fu il teatro di quattro sanguinosi assalti all'arma bianca. Cadorna ordinò la fine degli attacchi quando valutò più attentamente la situazione: si rese conto che gli italiani non stavano guadagnando nulla, e che il nemico si manteneva sulla difensiva non scalzato dalle posizioni sopraelevate.
In una visione più ampia, il basso profilo tenuto dalle truppe di Borojević (per questo soprannominato l'ingannevole testa croata, dalle sue truppe) consentì loro di mantenere le posizioni a prezzo di perdite alte, ma certamente minori rispetto a quelle italiane. Soprattutto, dimostrò che Boroević era uno dei migliori tattici in forza all'esercito austro-ungarico, a dispetto del fatto che la sua visione strategica non fosse irreprensibile. La pausa dei combattimenti durò solo due settimane, prima che l'offensiva italiana riprendesse.
Note
^Relazione Ufficiale Italiana "L'Esercito Italiano nella Grande Guerra", vol. II narrazione pag. 159