Stanisław Papczyński

Santo Stanislao di Gesù e Maria
 

Religioso

 
NascitaPodegrodzie, 18 maggio 1631
MorteGóra Kalwaria, 17 settembre 1701 (70 anni)
Venerato daChiesa cattolica
Beatificazione16 settembre 2007 da papa Benedetto XVI
Canonizzazione5 giugno 2016 da papa Francesco
Ricorrenza17 settembre

Jan Papczyński, in religione Stanislao di Gesù e Maria (Podegrodzie, 18 maggio 1631Góra Kalwaria, 17 settembre 1701), è stato un religioso polacco, fondatore della Congregazione dei chierici mariani.[1] Beatificato nel 2007, è stato proclamato santo da papa Francesco nel 2016.

Biografia

Jan Papczyński nasce il 18 maggio del 1631 nel villaggio di Podegrodzie (adesso conosciuto come Stary Sacz) da una famiglia di origini umili: ultimo di otto fratelli, il padre era il fabbro locale del villaggio ed occupava anche la posizione di Balivo.

Il 2 luglio del 1654,si unisce alla congregazione dei chierici marinai, da poco stabilitosi in Polonia, nel monastero di Podoliniec dando i voti come membro dell'ordine il 22 luglio del 1656 per poi ottenere il titolo di sacerdote il 12 marzo del 1661. Lascerà posteriormente l'ordine l'11 dicembre del 1670 per problemi di vedute opposte sul da farsi con l'ordine con altri sacerdoti.

Durante il suo periodo esterno agli ordini religiosi scrive due libri: Orator crucifixus e Christus patiens.

Tornerà ad entrare nella congregazione dei chierici marinai pochi anni dopo per poi morire il 17 settembre del 1701.

Culto

Venerabile dal 13 giugno 1992, la sua beatificazione, approvata da papa Benedetto XVI il 16 dicembre 2006, è stata celebrata a Licheń Stary dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone il 16 settembre 2007, nel corso del suo viaggio di stato in Polonia. È stato canonizzato il 5 giugno 2016[2].

Memoria liturgica il 17 settembre.

Note

  1. ^ Dati biografici Stanislao Papczyński, su stanislawpapczynski.org. URL consultato il 28 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2012).
  2. ^ I nuovi santi: Maria Elisabetta Hesselblad e Stanislao di Gesù Maria, su avvenire.it. URL consultato il 19 maggio 2016.

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Collegamenti esterni

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