È entrato a far parte del comitato scientifico del Max-Planck-Gesellschaft nel 1986, diventando anche direttore del Max-Planck-Institut für extraterrestrische Physik di Garching[1] e insegnando alla Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera, dove ricopre la carica di professore onorario dal 1988[1]. Negli anni dal 1987 al 1989 è stato visiting professor a Berkeley dove è docente ordinario dal 1999[1].
Dagli anni novanta Genzel, con i suoi collaboratori, ha dato un decisivo contributo allo sviluppo di strumentazione più sensibile, riuscendo a raggiungere risoluzioni angolari prima impensabili, con cui è stato possibile compiere investigazioni sul centro della Via Lattea nella regione del vicino infrarosso[2][3].
Orbite stellari e oggetti astronomici in prossimità del centro galattico
Nel 1996[5], grazie a questi progressi, Genzel e il suo gruppo sono stati i primi a dimostrare, con due osservazioni indipendenti, che le orbite di stelle molto vicine al centro della Via Lattea erano suscettibili di misurazione[2][3]. Per una di queste, ad esempio, è stato in grado di misurare il periodo orbitale di appena 15,2 anni[6], corrispondente a una velocità di ben 5000 km/s su un'orbita dell'ordine di grandezza del sistema solare[3], mostrando così, con «prova inoppugnabile»[2], che quell'orbita stellare è determinata dal sistema gravitazionale di un unico oggetto astronomico, estremamente massivo, della massa pari a circa 3,75×106 masse solari[6], forse un buco nero supermassiccio[6]. Il suo filone di ricerca è stato poi perseguito parallelamente e indipendentemente dal gruppo dell'astronoma Andrea Mia Ghez[2], che ha fatto uno studio simile utilizzando il Keck Telescope.
Quanto dimostrato per la Via Lattea può essere esteso, quasi senza alcun dubbio[2], anche alle concentrazioni stellari di simile entità che si raggiungono nei centri delle galassie più vicine[2].
Gli studi sul centro della Via Lattea hanno poi mostrato come una delle previsioni teoriche della relatività generale di Albert Einstein, vale a dire la possibile formazione ed esistenza dei buchi neri, possa effettivamente realizzarsi in natura, anche in regioni poste all'interno della nostra galassia e quindi a noi relativamente vicine[2] (circa 25 000 anni luce[3]).
Nascita ed evoluzione delle galassie
Le scoperte di Genzel hanno un notevole impatto sullo studio dei meccanismi di genesi e di evoluzione delle galassie:
la presenza di oggetti super massivi nelle loro zone centrali fornisce infatti uno degli indizi più notevoli per far luce sui meccanismi, ancora misteriosi, che sovrintendono alla loro formazione e trasformazione[2].
Proprio alle fasi più mature dell'evoluzione galattica Genzel ha rivolto parte della sua attenzione, servendosi congiuntamente dell'ISO-Infrared Space Observatory e di telescopi con base a terra, indagando sui meccanismi di fusione tra diversi corpi galattici, mediante osservazione di galassie ad emissione ultraluminosa nell'infrarosso, la cui esistenza appare collegata a tali meccanismi di interazione e fagocitazione che coinvolgono distinti corpi galattici[3].
^Immagine basata su Andrea Mia Ghez, Recent Advances Made with a Decade of Diffraction-Limited Data from the W.A. Keck 10 m Telescopes, in The Newsletter of Galactic Center Research, 2004, vol. 17