Il Reggimento "Savoia Cavalleria" (3º) è una delle più antiche e gloriose unità dell'Arma di Cavalleria dell'Esercito Italiano. Unico reparto di Cavalleria paracadutisti della Forza Armata.
Storia
La nascita del reggimento
Con decreto 23 luglio 1692, nel ducato di Savoia, dall'organico della disciolta Brigata di Gens d'Armes del Piemonte vennero costituiti due diversi reggimenti, uno dei quali venne in un primo momento denominato Mombrison e poi None, dal nome dei comandanti.
Nel medesimo anno assunse la denominazione di "Savoia Cavalleria", dalla regione dove venivano reclutati i cavalieri, su nove compagnie.
Nel biennio 1692 – 1693 combatté contro i francesi in Piemonte e nel Delfinato.
Venne sciolto nel 1699, ma rapidamente ricostituito nel 1701.
Il reggimento venne impegnato duramente in varie campagne militari durante la guerra di successione spagnola (1701–1713): inizialmente il casato sabaudo si schierò al fianco delle forze franco-spagnole, ma emersero subito forti dissapori sulla condotta delle operazioni e sugli obiettivi da conseguire. A tale periodo, più precisamente alla fine del 1701, risale un episodio che si è poi tradotto nell'elemento araldico dell'albero dai rami recisi presente nello stemma reggimentale. Infatti, i francesi, infastiditi dalle posizioni di contrasto assunte dal "piccolo" alleato sabaudo, circondarono il reggimento Savoia, schierato presso San Benedetto Po (Mantova), costringendolo alla resa delle armi: la truppa venne dispersa, mentre gli Ufficiali - coloro i quali non accettarono di passare sotto la bandiera francese - vennero incarcerati.
Nonostante ciò, furono molti quelli che riuscirono a fuggire dalla prigionia e, rientrati nel torinese, permisero di ricostituire il reggimento, mentre il casato sabaudo si apprestava a cambiare schieramento alleandosi con l'esercito imperiale. Da quest'episodio, Savoia ereditò - come ricordato - il simbolo dell'albero dai rami recisi e rinnestati nonché il primo motto reggimentale "secta et ligata refloret".[1] In questo periodo sorgono anche alcune tradizioni reggimentali che permangono ancora ai nostri giorni.
Durante l'assedio di Torino da parte degli ispano-francesi, durato ben cinque mesi (maggio - settembre 1706) la cavalleria sabauda, guidata personalmente dal duca di Savoia Vittorio Amedeo II, condusse un'abile azione diversiva per distogliere le truppe assedianti dalla capitale, favorendo l'ingresso dei rifornimenti, galvanizzando le popolazioni piemontesi che, nel passaggio delle proprie truppe, ritrovavano motivo di risollevazione morale e materiale.
Era una tattica temporeggiatrice, in attesa dei rinforzi alleati condotti dal cugino del duca, Eugenio di Savoia, comandante del corpo di spedizione asburgico. Al suo arrivo iniziava l'attacco alle posizioni di assedio franco-spagnole.
La mattina del 7 settembre 1706, dopo che il tiro delle artiglierie e lo scontro delle fanterie avevano fiaccato la resistenza nei trinceramenti avversari, l'azione decisiva avveniva con lo sfondamento frontale e l'aggiramento parziale delle forze nemiche da parte della cavalleria sabauda.
Durante questa azione vittoriosa i dragoni di sua altezza reale caricavano al richiamo del duca "À moi mes dragons!" sul più minaccioso reggimento di cavalleria francese presso Madonna di Campagna e lo costringevano a una fuga precipitosa, catturando anche i timpani (tamburi da sella) del reggimento avversario, che costituirono simboli di altissimo valore per oltre un secolo.
Grazie a questo successo, Vittorio Amedeo II poteva piombare direttamente alle spalle dei francesi che ancora resistevano validamente nei pressi di Lucento, determinandone la fuga precipitosa verso il fiume Dora.
Sempre nella stessa battaglia avvenne un altro fatto singolare.
Secondo la tradizione, un portaordini del Savoia Cavalleria, incaricato di recare informazioni sull'esito vittorioso dello scontro, pur gravemente ferito alla gola da un drappello avversario, riuscì a raggiungere Vittorio Amedeo dandogli la notizia prima di spirare.
L'esclamazione del duca "Savoye, bonnes nouvelles" divenne da allora il nuovo motto del reggimento, così come si vuole che il filetto rosso che borda il bavero nero dello stesso reggimento, o per talune epoche, come l'attuale, la cravatta rossa, non sia altro che il simbolo del sangue che ha arrossato il colletto dell'ignoto portaordini.
Nel regno di Sardegna
Nel corso del Settecento, "Savoia Cavalleria" partecipò con l'Armata Sarda, pressoché a tutte le operazioni di guerra nel quale si trovò lo Stato sabaudo, nell'ambito della sua politica di difesa nei confronti delle grandi potenze europee dell'epoca (in primo luogo la Francia) e della sua politica espansionistica nella penisola italiana (1733-1735 e 1742-1748). In particolare, si ricorda un episodio della battaglia di Guastalla del 1733, a cui la tradizione storico-militare fa risalire la nascita del grido di guerra "Savoia!", utilizzato da tutti i reparti del Regio Esercito Italiano fino al 2 giugno 1946: sembra, infatti, che il Comandante del reggimento Savoia Cavalleria, nell'atto di ordinare la carica contro un'unità spagnola, gridò "Savoia!" con l'intento di infondere ulteriore coraggio ai propri cavalieri e ne ricevette, in risposta, analogo grido corale da parte di tutti i soldati del reggimento.
Durante la guerra di successione austriaca (1742-1748), un contingente del Savoia Cavalleria si distingue durante la battaglia del Tidone, affluente del Po, presso Rottofreno (Piacenza), dove il 10 agosto 1746 un distaccamento di cavalleria, composto da cento uomini di ciascuno dei reggimenti dragoni di sua maestà, dragoni di Piemonte e Savoia Cavalleria, in sette cariche successive, sbaragliava l'avversario franco-spagnolo, catturandone armi e bandiere e meritando l'apprezzamento di alleati e nemici, ma, soprattutto, impedendo agli avversari di interrompere la via dei rifornimenti dal torinese e di accerchiare il grosso del corpo di spedizione austriaco acquartierato a Piacenza.
Dopo la vittoriosa campagna napoleonica del 1796, il reggimento veniva sciolto dal giuramento (1798) e passava al servizio della Francia, quale sesto reggimento di cavalleria.
Intanto, soppressa la suddivisione in compagnie, il 26 ottobre 1796 il reggimento viene articolato su quattro squadroni. Il 9 dicembre 1798 assume la denominazione di 6º Reggimento di Cavalleria e nel gennaio 1799 venne sciolto.
Con decreto del 1º dicembre 1814 si ricostituisce il 1º gennaio successivo, nell'ambito delle rinnovate forze armate del Regno di Sardegna, con la denominazione di Reggimento Savoia Cavalleria. Nel 1819 lasciò la specialità della cavalleria pesante per passare alla leggera, con il nome di Cavalleggeri di Savoia.
Il 3 gennaio 1832, cessa di appartenere alla specialità cavalleggeri e assume il nome di "Savoia Cavalleria".
Nel Risorgimento
Il reggimento prese parte a tutte le guerre d'indipendenza del Risorgimento.
Durante la prima guerra di indipendenza (1848-1849) prese parte alla battaglia di Pastrengo (30 aprile 1848), proteggendo il fianco destro dello schieramento sardo, e alla successiva battaglia di Goito (30 maggio 1848), dove contribuì, in particolare con l'Aosta Cavalleria, a respingere il tentativo austriaco di aggiramento delle forze sarde.
Partecipò, dopo la ripresa delle ostilità, alla sfortunata battaglia di Novara (23 marzo 1849) che, di fatto, chiuse la guerra.
Nel 1859 partecipò alla seconda guerra di indipendenza soprattutto con compiti di riserva e di protezione dei fianchi dell'armata.
Il 19 ottobre 1859 riceve la denominazione di "Corazzieri di Savoia". Cambia ancora denominazione in: Reggimento "Savoia Cavalleria" il 6 giugno 1860.
Diviene 3º Reggimento di Cavalleria (Savoia) il 10 settembre 1871; Reggimento di Cavalleria "Savoia" (3º) il 5 novembre 1876;
In quel periodo forniva contingenti di personale per gli squadroni di formazione impegnati nella campagna di occupazione dell'Eritrea (1895-1896).
Nella prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale (1915-1918), il reggimento inizialmente impiegò soltanto le proprie sezioni mitragliatrici (la 1497ª compagnia mitraglieri) appiedata sul fronte dell'Isonzo.
Nell'agosto del 1916 riceveva l'ordine, insieme a tutta la III divisione di cavalleria, di puntare sulla conca di Aidussina nell'ambito delle operazioni della conquista di Gorizia.
Nel periodo ottobre - novembre 1917, dopo le tragiche giornate di Caporetto, protesse il ripiegamento di reparti di fanteria e contribuì notevolmente e ritardare l'avanzata delle truppe tedesche e austro-ungariche.
Un anno dopo, il 30 ottobre 1918, il reggimento, alle fasi finali della battaglia di Vittorio Veneto, si lanciava all'inseguimento delle truppe nemiche in rotta: passava i fiumi Piave, Livenza e Tagliamento, spingendosi verso San Martino di Campagna e Sedrano e catturando interi reparti austro-ungarici impegnati in duri combattimenti di retroguardia.
Il 3 novembre 1918 una pattuglia del Savoia Cavalleria, guidata dal tenente Carlo Baragiola, entrava in Udine, mentre il giorno successivo, il giorno dell'armistizio che chiudeva la grande guerra per l'Italia, un reparto del reggimento giungeva fino a Caporetto.[2]
Il reggimento ebbe due citazioni nel bollettino del comando supremo (i numeri 1264 e 1268) e una medaglia di bronzo al valor militare.
Diviene Reggimento "Savoia Cavalleria" (3º) il 20 aprile 1920.
Dal 1920 "Savoia Cavalleria" è stato reso depositario delle tradizioni del disciolto Reggimento "Lancieri di Vercelli".
Nel 1933 adotta la caratteristica cravatta rossa in luogo della bordatura rossa del bavero nero della giubba.
Nella seconda guerra mondiale
Lo scoppio della seconda guerra mondiale vedeva in linea generale le forze armate italiane notevolmente in ritardo sul piano tecnologico rispetto agli eserciti alleati.
In particolare l'arma di cavalleria, afflitta da mille remore conservatrici che nel ventennio tra le due guerre ne impedirono la meccanizzazione, entrava in guerra con le proprie unità ancora "a cavallo", cioè con armamento, addestramento, ordinamento e capacità complessive del tutto inadeguate rispetto alle esigenze della guerra meccanizzata.
Con l'esclusione di alcuni reparti corazzati che vennero costituiti nei primi anni di guerra e impiegati autonomamente distaccati dai reggimenti cui solo nominalmente appartenevano, il grosso della cavalleria preferì conservare le proprie caratteristiche tradizionali benché ormai fosse chiaro a tutti che erano del tutto obsolete. La riconversione di un paio di reggimenti di cavalleria in unità corazzate avvenne infatti con incolmabile ritardo e non poterono risultare impiegabili se non agli inizi del 1943. Purtroppo Savoia fu fra i reggimenti di cavalleria che conservarono la fisionomia a cavallo per l’intero secondo conflitto mondiale e si presentó all’appuntamento in splendida forma ma del tutto inadeguato ai tempi.
Il 10 giugno 1940 il reggimento, inquadrato nella 3ª Divisione Celere "Principe Amedeo Duca d'Aosta", ha il seguente organico: comando, squadrone comando, I e II gruppo squadroni, 5º squadrone mitraglieri.
Durante la guerra il deposito reggimentale (a Somma Lombardo) costituisce e mobilita il I, II, XX, XXIV Gruppo Appiedato "Savoia" e il VI Battaglione Movimento Stradale.
In Russia il Savoia giungeva dopo un tratto di ferrovia e autocarrato fino a Botoșani, in Romania, e un'epica marcia di centinaia di chilometri attraverso la Moldavia e l'Ucraina. Dopo un inverno di continue operazioni, nella primavera del 1942 veniva costituito il Raggruppamento truppe a cavallo, comandato dal generale di brigata Guglielmo Barbò Conte di Casalmorano, comprendente i reggimenti Savoia, Lancieri di Novara e Artiglieria a Cavallo (Voloire). Quasi all'alba dell'era nucleare, in un teatro di guerra caratterizzato da distanze di centinaia e centinaia di chilometri e dall'impiego massiccio delle unità motorizzate e corazzate, l'Esercito Italiano costituiva una grande unità militare interamente montata a cavallo. Essa veniva impiegata nel pattugliamento e nel controllo del territorio per ripulire il fronte, con compiti di esplorazione e, soprattutto nel controllo delle retrovie per tamponare le falle che si aprivano continuamente nel troppo ampio spiegamento italo-tedesco.
Dato il limitato raggio d'azione che caratterizzava i reparti a cavallo rispetto a quelli motorizzati e corazzati, le unità della nostra cavalleria soffrirono meno le conseguenze del terreno melmoso che si era venuto a creare nelle ampie distese della steppa in seguito al disgelo primaverile. Sul fronte russo il Savoia Cavalleria si distinse nella famosa carica di Izbušenskij, avvenuta il 24 agosto 1942.
Il reggimento fu pesantemente decimato nel corso della ritirata dei reparti italiani dall'Unione Sovietica, e solo un piccolo nucleo riuscì a rientrare in Italia. Tra i quadrupedi in forza a Savoia Cavalleria durante la campagna di Russia v'era anche Albino, il cavallo divenuto famoso nel dopoguerra e che ancora oggi viene conservato imbalsamato nella sala cimeli del reggimento.[3]
A seguito dell'Armistizio dell'8 settembre 1943 uno dei gruppi squadroni appiedati mobilitati dal deposito reggimentale rimasto nella sua base in Italia, partecipò alla difesa di Civitavecchia contro i tedeschi nel corso dell'operazione Achse.
Presso il deposito reggimentale di Somma Lombardo si trovava una unità composta da personale militare per la gran parte ancora in formazione per la ricostituzione del Reggimento. Essendo conseguente all'armistizio solo l'ordine di difesa, il Comandante, colonnello Pietro de Vito Piscicelli di Collesano, valutò che le forze tedesche addestrate avrebbero facilmente prevalso sulla sua unità embrionale. Per evitare la perdita di uomini e la cattura delle armi e del materiale, trovandosi nei pressi del confine svizzero, il colonnello ottenne una decisione di accoglimento del Consiglio federale elvetico, come previsto dalle norme di guerra internazionali. Disposta l'unità in formazione chiusa, la condusse alle 19:30 del 12 settembre 1943 al varco di confine della Cantinetta, sopra Ligornetto (Canton Ticino). L'unità comprendeva 15 ufficiali, 642 fra sottufficiali e reclute, con 316 cavalli e 9 muli, armi, munizioni e viveri. Il reparto mantenne l'inquadramento e, dopo aver consegnato le armi (fu consentito agli Ufficiali di mantenere la propria), fu indirizzato dalle autorità svizzere nel Canton Berna, in appositi acquartieramenti, ove proseguì le attività di addestramento. Ufficiali e truppa rimasero in territorio svizzero sino al termine della guerra[4][5][6].
Il 15 ottobre 1946, si ricostituisce il Gruppo esplorante “3° Cavalieri” della Divisione Legnano nella sede di Milano che, con uno squadrone blindato, nel quadro dell’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia (A.F.I.S.) assegnata dall’ONU, sarà presente a Mogadiscio dal 1949 al 1951.Il 10 settembre 1946 si ricostituisce nell'Esercito italiano quale Gruppo Esplorante 3º Cavalieri, che nel 1948 assume la denominazione di 3º Gruppo Cavalleria Blindata "Gorizia Cavalleria" e dal 15 aprile 1950 3º Reggimento Cavalleria Blindata "Gorizia Cavalleria" .
Il 4 novembre 1958, parimenti alle altre unità dell'Arma, riprende la denominazione tradizionale di Reggimento "Savoia Cavalleria (3º), e il 4 novembre 1961 viene ripristinato l'uso della cravatta rossa, abolendo il bordo rosso alle fiamme. A seguito della ristrutturazione dell'Esercito, l'11 ottobre 1975, che vede la soppressione del livello reggimentale, l'unità si riordina in 3º Gruppo Squadroni Corazzato "Savoia Cavalleria" formato in Merano con personale del disciolto reggimento e a supporto del 4º Corpo d'Armata Alpino di Bolzano.
Nel quadro del riordinamento della Forza Armata, il gruppo squadroni il 23 maggio 1992 viene ricostituito in Reggimento "Savoia Cavalleria" (3º) e dal 1995 si trasferisce in Grosseto dove sostituisce il preesistente Reggimento "Lancieri di Firenze" (9º) disciolto in pari data, e inquadrato nella Brigata aeromobile "Friuli" all'interno del 1º Comando delle Forze di Difesa. Nel febbraio 2012 aliquote di personale e mezzi del 3º Rgt. "Savoia" sono mobilitate per l'emergenza maltempo nella provincia di Grosseto, in particolare nella località di Pitigliano, Sorano e Castell'Azzara.[9]
Nella Brigata Folgore
Con la riorganizzazione delle "forze di proiezione", nel 2013 viene inquadrato nella Brigata paracadutisti "Folgore", della quale è l'unità esplorante[10], con capacità aviotrasportata.
Da quel momento, a testimonianza della trasformazione anche organica dell'unità (che conserva ormai una capacità blindo-corazzata residuale), per il personale del reggimento viene disposto l'uso del basco amaranto tipico delle aviotruppe in sostituzione di quello nero, storicamente assegnato alle unità blindo-corazzate. A seguito di tale provvedimento il reggimento conserva tuttavia una residuale capacità blindo-corazzata (un solo squadrone blindo a fronte di tre squadroni esploranti paracadutisti).
Organizzazione
Comando di Reggimento
Squadrone Comando e Supporti logistici "Litta Modignani"
Gruppo Squadroni composto da:
1º Squadrone Esplorante "Abba"
2º Squadrone Esplorante "Marchio"
3º Squadrone Esplorante "De Leone"
Squadrone Blindo Pesanti "Manusardi"
Denominazioni
XVII Secolo - 23.07.1692: Brigata di Gens d'Armes del Piemonte
Col. Mirelli Di Teora Cav. Luigi (Ten. Col. Renzi Cav. Domenico In S.V.)
Col. Cutellè Cav. Antonio
Col. Caputo Cav. Francesco
Col. Scolari Cav. Uff. Gualberto
Col. Raganella Cav. Uff. Vittorio
Col. Giancola Cav. Uff. Mario
Col. Azzaro Cav. Uff. Salvatore
Col. Porcelli Cav. Uff. Saverio
Col. Arrighi Cav. Uff. Eugenio
Col. De Bartolomeis Cav. Uff. Giovanni
Col. Arcidiacono Cav. Uff. Giuseppe
Col. Genova Cav. Uff. Giuseppe
Col. De Ros Cav. Uff. Sergio
Ten. Col. Pisano Cav. Mario
Ten. Col. Amadio Cav. Sergio
Ten. Col. Salati Cav. Renato
Ten. Col. Politi Cav. Giuseppe
Ten. Col. Tosti Cav. Primo
Ten. Col. Rutili Cav. Rutilio
Ten. Col. Franco Cav. Duilio
Ten. Col. Perrone Cav. Tommaso
Ten. Col. Genzardi Ajmone
Ten. Col. Maggi Franco
Ten. Col. Baldi Franco
Col. Negroni Bentivoglio Cav. Pier Lamberto
Col. Pittarelli Cav. Francesco Maria
Ten. Col. Tricarico Giuseppe Maria Giovanni
Col. Serafini Cav. Vittorio
Col. Gerometta Paolo
Col. Guida Fernando
Col. Gionti Giuseppe Maria
Col. Lombardi Francesco
Col. Fortino Cav. Carlo (Ten. Col. Bonaccini Corrado)
Col. Fazari Claudio
Col. Maugeri Vincenzo
Col. Cuoci Cav. Salvatore
Col. Carrino Cav. Andrea
Col. Terzano Cav. Nicola
Col. Cafforio Giovanni
Col. Barduani Cav. Enrico
Col. Tassi Aurelio
Col. Margheriti Cristian
Col. Lustrino Ermanno
Col. Leotta Domenico
Col. Forlani Roberto
Sedi del Reggimento
Queste le sedi del Reggimento dal 1692:
1692 - 1694 Valdengo
1695 - 1696 Fossano
1697 - 1699 Savoia
1699 Vercelli
1701 - 1702 Torino
1702 - 1703 Biella
1704 Chieri
1707 Pinerolo
1708 - 1709 Savigliano
1710 - 1711 Fossano
1712 Mortara
1713 - 1715 Pinerolo
1716 Mortara
1717 - 1718 Chivasso
1718 - 1719 Asti
1719 - 1720 Pinerolo
1721 - 1722 Savoia
1722 - 1724 Fossano
1724 - 1727 Chivasso
1727 - 1732 Asti
1733 - 1734 Casale Monferrato
1734 - 1736 Savigliano
1736 - 1737 Casale Monferrato
1737 - 1738 Pinerolo
1739 Alessandria
1740 - 1741 Chivasso
1743 - 1744 Alessandria
1745 Piacenza
1746 - 1749 Pinerolo
1749 - 1750 Savoia
1750 - 1755 Savigliano
1755 Casale Monferrato
1755 - 1756 Fossano
1757 - 1758 Pinerolo
1758 - 1759 Savoia
1759 - 1760 Savigliano
1760 - 1761 Casale Monferrato
1761 - 1762 Vigevano
1762 - 1763 Vercelli
1763 - 1764 Pinerolo
1764 - 1765 Savoia
1765 - 1766 Savigliano
1766 - 1767 Alessandria
1767 - 1768 Vigevano
1768 - 1769 Casale Monferrato
1769 - 1770 Pinerolo
1770 - 1772 Savoia
1772 - 1775 Novara
1775 - 1776 Savigliano
1776 - 1777 Torino
1777 - 1778 Savoia
1778 - 1779 Casale Monferrato
1779 - 1781 Savigliano
1781 - 1783 Vercelli
1783 - 1785 Vigevano
1785 - 1787 Pinerolo
1787 - 1789 Torino
1789 - 1791 Pinerolo
1791 - 1794 Vigevano
1794 - 1798 Pinerolo
1798 Saluzzo
1798 Salsomaggiore
1799 Torino
1814 - 1815 Venaria Reale
1815 - 1818 Vigevano
1818 - 1821 Savigliano
1821 - 1823 Torino
1823 - 1825 Venaria Reale
1825 - 1827 Savigliano
1827 - 1830 Pinerolo
1830 - 1833 Casale Monferrato
1833 - 1836 Vigevano
1836 - 1838 Savigliano
1838 - 1839 Venaria Reale
1839 - 1841 Torino
1841 - 1843 Casale Monferrato
1843 - 1845 Vigevano
1845 - 1846 Pinerolo
1846 - 1849 Vercelli
1849 - 1850 Torino
1850 - 1852 Pinerolo
1852 - 1855 Savigliano
1855 - 1856 Saluzzo
1856 - 1858 Vercelli
1858 - 1859 Torino
1859 - 1860 Savigliano
1860 - 1862 Milano
1862 - 1863 Voghera
1863 - 1864 Torino
1864 - 1866 Milano
1866 - 1868 Foligno
1868 - 1869 Firenze
1869 - 1870 Nola
1870 - 1874 Caserta
1874 - 1876 Torino
1876 - 1879 Udine
1879 - 1882 Lodi
1882 - 1886 Milano
1886 - 1888 Udine
1888 - 1893 Verona
1893 - 1898 Padova
1898 - 1902 Santa Maria Capua Vetere
1902 - 1907 Firenze
1907 - 1911 Savigliano
1911 - 1957 Milano
1957 - 1995 Merano
dal 1995 Grosseto
Insegne e simboli
Lo stemma
Scudo: Partito. Nel 1º di porpora al puledro allegro d'argento, inalberato e rivoltato; nel 2º d'azzurro all'albero troncato, legato e rifiorente, terrazzato di verde. Sulla partizione uno scudetto d'oro all'aquila di nero dal volo abbassato, rostrata di rosso. Il tutto abbassato da un capo d'oro al quartier franco d'azzurro caricato dall'arma di Ucraina d'oro.
Motto del Reggimento
Savoye Bonnes Nouvelles
Fregio e mostreggiatura
Il personale effettivo al Reggimento porta sul proprio copricapo il fregio comune ai primi quattro reggimenti della cavalleria di linea (Dragoni e Cavalieri); tale fregio è composto da una fiamma dritta detta "dragona" riportante al centro della sottostante granata il numero distintivo del reggimento. Il fregio per il basco è in metallo argentato opaco poggiante su di un cerchio lucido; quello per il berretto rigido è ricamato in filo d'oro ed è privo del cerchio.
La mostreggiatura del reggimento come per tutte le unità di Cavalleria di Linea sono le fiamme a tre punte e richiamano i colori tradizionali del bavero; per il Reggimento Savoia Cavalleria sono nere. Alla base della fiamma si trova la stella argentata a 5 punte, dal 1871 simbolo distintivo comune a tutto il personale delle Forze Armate Italiane.
Il reggimento è fra quelli dell’Esercito il cui personale indossa la tradizionale cravatta di colore rosso carminio (in tessuto di lana).
Dal momento dell'assegnazione del reggimento alle aviotruppe, il personale calza il basco di colore amaranto.
Nel corso della sua storia al reggimento vennero concesse, oltre alla medaglia d'oro per la carica di Isbuscenskij, altre due ricompense al valor militare, una medaglia di bronzo per la liberazione di Udine al termine della prima guerra mondiale nel novembre 1918 e un'altra medaglia di bronzo per le operazioni svolte durante la campagna di Russia nel periodo agosto 1941-maggio 1942.
«Temprato ad ogni arditezza e sacrificio, nel corso di operazioni offensive per la conquista di importante regione industriale e mineraria assolveva con immutata dedizione ed inalterato coraggio le missioni gravose, complesse e delicate fiancheggiando grandi unità impegnate nell'inseguimento di rilevanti ed agguerrite retroguardie avversarie. Divampata repentinamente la battaglia contro il nemico che, con la potenza del numero dei mezzi, irrompeva bramoso sulla riva meridionale del Don, piombava con fulminea destrezza sulle colonne avversarie delle quali domava più volte la pervicacia, sventandone le insidie e contribuendo, con rara perizia e maschia temerarietà allo sviluppo efficace della manovra di arresto. Affrontato all'improvviso da due battaglioni avversari durante la rischiosa e profonda esplorazione, ne conteneva l'urto con la valentia dei reparti appiedati ed avventurandosi in arcioni sul fianco degli aggressori, ne annientava la belluina resistenza, restituendo alla lotta, con l'impeto corrusco delle cariche vittoriose, il fascino dell'epoca cavalleresca ed illustrando il suo nome alla pari dei fasti del Risorgimento e delle sue secolari tradizioni. (Fronte russo: bacino minerario di Krasnj-Lutsch, luglio 1942; Simowskij, quota 200,1, quota 236,7, quota 209,9 di Val Krisaja, Ciglione di Jbuschensij, Bachmutin, quota 226,7 di Jagodnij, 21-30 agosto 1942).»
«Nella battaglia della riscossa (ottobre-novembre 1918), mentre il grosso dell'esercito combatteva sul Tagliamento, reparti del reggimento arditamente entravano in Udine, ancora occupata da forze avversarie, portandole il primo annunzio della liberazione. Udine - Val Natisone, 1-4 novembre 1918.»
«Durante un lungo ciclo di operazioni di guerra, anche nelle situazioni più aspre ed incerte per insidiosità di ambiente ed avversità logistiche e di clima, con la fierezza del suo antico nome ha fatto sventolare vittorioso il suo vecchio stendardo, imponendo ovunque al nemico la sua aggressività ed il suo coraggio. Dopo aver inseguito alle reni per duecentocinquanta chilometri forti retroguardie avversarie, dava nuova prova della sua abilità e irruenza nella occupazione di importante capoluogo minerario fortemente difeso dagli avversari. (Fronte russo: Nipro, Stalino, Kriwojtorez, Pantelejmonowka, Orlowka - agosto 1941 - maggio 1942).»
«Reggimento di cavalleria impiegato in Libano quale gruppo tattico di manovra denominato "ITALBATT 2", si distingueva durante quasi otto mesi di permanenza in teatro per encomiabile abnegazione, straordinario spirito di sacrificio, sovrumano impegno e coraggio. Responsabile del controllo e della sicurezza di uno dei tratti più sensibili della linea di demarcazione tra il Libano ed Israele, operava con mirabile tenacia ed indiscutibile professionalità, assicurando sempre una presenza capillare ed efficace, pur in un contesto dai profili politici e istituzionali in rapido e progressivo deterioramento. Uomini e donne del "Savoia", coscienti dell'importante compito da assolvere, dei pericoli e delle difficoltà della missione, conducevano con altissima determinazione ogni attività a loro assegnata. Impazienti di emergere alla pari della propria reputazione, evidenziavano consapevole coraggio, elevate virtù militari e contribuivano in maniera determinante al successo delle operazioni, esaltando il presidio dell'Italia nel contesto internazionale. (Al Mansouri/Zibquin - Libano, 2 ottobre 2007 - 24 maggio 2008.»
Ten. Fulgeri Paulucci de Calboli, da Forlì.Ferito già due volte e inabile alle fatiche di guerra, volle tuttavia essere sempre comandato ai più avanzati osservatori, ove compié opera utile, non solo come artigliere, ma anche come soldato, tutti incoraggiando e in tutto portando il suo valido aiuto. Durante un turno di riposo, recatosi volontariamente ad un osservatorio di prima linea mentre si svolgeva un attacco nemico, dopo che l'osservatorio fu colpito in pieno, raggiunse la trincea per aiutare a mantenere la linea. Ferito gravemente mentre andava per guidare i rincalzi, ebbe ancora ad esprimere parole di incitamento alla lotta chiamandosi felice di cadere per il proprio paese. - Dosso Fajti, 18 gennaio 1917.
Magg. Alberto Litta ModignaniCavaliere che aveva elevato a norma di vita ogni più puro ideale, esaudito nel suo ardente desiderio di ottenere un comando di truppa, trasfondeva nel gruppo squadroni ai suoi ordini la incrollabile fede che lo animava. In giornata di cruenta, violentissima battaglia, nella quale l'intero reggimento era duramente impegnato, alla testa dei suoi cavalieri, attaccava con indomito slancio il nemico in forze soverchianti. Caduti tutti i componenti il suo seguito, avuto ucciso il proprio cavallo e gravemente ferito egli stesso, con singolare valore si faceva rimettere in sella ad altro cavallo e proseguiva nell'epica carica. Stremato di forze, si abbatteva poi al suolo, ma trovava ancora l'energia per dare ai propri cavalieri, sciabola alla mano, l'ultimo obiettivo d'attacco e dirigeva il fuoco di un gruppo di appiedati. Una raffica nemica lo colpiva al cuore nel momento in cui le ultime resistenze avversarie cadevano sotto l'impeto degli squadroni da lui superbamente preparati e guidati. Pura ed espressiva figura di soldato italiano che indissolubilmente lega all'antico Stendardo del reggimento il proprio nobilissimo nome. - Q. 213,5 di Isbuschenski (Fronte russo), 24 agosto 1942.
Cap. Silvano AbbàComandante di squadrone, di eccezionale valore, in giornate di cruenta battaglia, mentre altri reparti agivano a cavallo, sui fianchi del poderoso schieramento nemico, col proprio squadrone appiedato si impegnava frontalmente, attaccando munite posizioni avversarie. Conquistata d'un balzo, in un furioso corpo a corpo una prima linea, difesa da numerose mitragliatrici, si lanciava nuovamente alla testa dei suoi cavalieri, contro lo schieramento successivo. Ferito una prima volta e stramazzato al suolo, si rialzava con indomita energia, decidendo così dell'esito vittorioso in una epica giornata. Nell'ultimo superbo scatto, colpito per la seconda volta, a morte, cadeva da prode sul campo. Fulgido esempio di eroismo e di ogni virtù militare. - Q. 213 di Isbuschenski (Fronte russo), 24 agosto 1942
^ Antonio Bolzani, Oltre la rete, Bellinzona, S.A. GRASSI & CO., 1946, pp. 21-23.
^ Renata Broggini, Terra d'asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Società editrice il Mulino, 1993, pp. 68, 412-417, ISBN88-15-04125-7.
^ Guido Codoni e Marco Della Casa, L'"otto settembre 1943" al confine con la Svizzera italiana, Varese, Pietro Macchione Editore, 2019, pp. 79-90, ISBN978-88-6570-575-9.