Era una mezzapunta abbastanza estrosa e abile nei dribbling.[3] Quando ispirato era un trascinatore (consueto per un fantasista), ma talvolta la sua tecnica poteva risultare sterile nel gioco di squadra.[2]
Figlio di garagista,[3] inizia a giocare a calcio all'età di dodici anni in una rappresentativa locale, la Compania General de Salto Argentino.[3] Dopo tre anni nelle formazioni giovanili viene portato in prima squadra, militante nella IV Divisione argentina.[3] Ingaggiato dal Racing Club nel 1947, per volere di Guillermo Stábile,[3] vince con i biancocelesti quattro campionati di Primera División sotto la guida di "Chino" Cepeda[3] e colleziona la media di 18 reti a stagione.[3] A seguito di un provino con il River Plate di Renato Cesarini viene preso ma rigirato inaspettatamente, dopo soli due mesi, agli italiani del Torino.[3] I tecnici granata, non convinti dal suo individualismo (non viene incluso nella rosa), lo cedono dapprima in prestito e poi definitivamente ai monegaschi del Monaco, che contribuisce attivamente a far promuovere in Ligue 1.[2][3]
Entrato nel mirino della Juventus, gioca con i piemontesi 30 partite nella stagione 1956-1957 (per un totale di 7 gol). Pur con l'attenuante di capitare in una squadra bianconera di transizione, persino impelagata nei bassifondi della classifica, Conti viene tuttavia ricordato a Torino come «l'uomo sbagliato al momento sbagliato», in quanto giocatore di talento ma privo del carisma necessario per incidere in campo e imporsi nello spogliatoio: riesce comunque a lasciare un segno nella sfida-salvezza del 5 maggio 1957 contro il Palermo, vinta dalla Juventus in goleada per 6-4.[4] Passa poi all'Atalanta, sempre in Serie A.[2][3]
Dopo un solo anno con gli orobici viene venduto al Bari.[2][3] Gioca in biancorosso gli ultimi quattro anni della sua carriera, di cui tre nel massimo campionato e uno, l'ultimo, in Serie B, dividendo i tifosi biancorossi dell'epoca tra simpatizzanti e non.[2] Del quadriennale trascorso con i pugliesi è rimasto agli annali un infortunio che Conti ha subìto nella gara contro il Milan, valida per la dodicesima giornata del campionato 1960-1961 e giocatasi il 25 dicembre: al 18' l'interno viene colpito violentemente alla gamba sinistra dall'accorrente Sandro Salvadore.[5] Diagnosticatagli la rottura del menisco, Raul deve rimanere in cura per quaranta giorni.[5] Nel frattempo i galletti, privi di Conti, ricavano due punti nelle seguenti sei gare.[3][6]
L'avvocato barese Aurelio Gironda, forte sostenitore biancorosso, denuncia quindi il difensore milanista, definendo il fallo «da codice penale».[5] Per la prima volta nella storia, quindi, il calcio entra nei tribunali;[5] lo stesso Conti non s'è neanche costituito parte civile (infatti, intervistato nell'istruttoria, il calciatore considera involontario il fallo ricevuto).[5] Nel febbraio del 1962 Salvadore viene riconosciuto colpevole e gli viene pertanto comminata una multa di cinquanta milioni di lire da aggiungere alle spese processuali.[5] La motivazione addotta dal giudice Giacinto De Marco sta nel fatto che superati certi limiti, un fallo sportivo può essere punito come reato comune.[5]
Dopo la nascita a Bari del figlio Norberto, il fantasista chiude la sua carriera a 34 anni, lasciando definitivamente l'Italia.[3]