Il palazzo Dossena, già Catella, Zanchi, è una dimora storica di Crema.
Storia
La famiglia di Pietro Catella, capomastro, abitava nella prima metà del XVIII secolo in Borgo San Pietro in un vicolo adiacente all'Ospedale degli esposti e dei mendicanti[1]; il figlio Giuseppe, grazie all'attività edilizia ed alcune operazioni finanziarie, si arricchì e secondo lo Stato d'anime del 1748 risiedeva già sull'area dell'attuale edificio[1]. La dimora fu elevata nella seconda metà del secolo o su sua iniziativa[2] oppure per volontà del figlio Pietro[1].
Pietro diede lo stabile in locazione nel 1796[2]; morì nel 1798 e l'abitazione fu ereditata dai figli Giuseppe, Antonio e Luigi i quali continuarono ad affittare l'immobile[2] risiedendo nella vecchia casa del bisnonno Pietro[3].
Eliseo, curato di Borgo San Pietro, fu l'ultimo discendente dei Catella; dopo alcuni passaggi di proprietà il palazzo fu acquistato nel 1843 da Antonio Zanchi, un ricco borghese che ampliò l'edificio verso l'interno con fabbriche di stampo neoclassico[2].
Con testamento datato 11 dicembre 1915 Cloe Zanchi lasciò i beni ai Valdameri[4]; l'avvocato Ugo Dossena acquistò il palazzo negli verso la metà del XX secolo[2] e ai cui discendenti appartiene.
Personalità legate al palazzo
Pietro Catella (figlio di Giuseppe), fu l'autore di rilievi delle fortificazioni di Crema commissionati dalla Repubblica di Venezia e di una pianta del castello demolito nei primi anni del XIX secolo[3].
Francesco Foucault, marito di Cloe Zanchi, di origini napoletane, fu uno studioso di scienze araldiche e autore di numerose pubblicazioni[3].
Cloe Zanchi lasciò in testamento un legato di 200 mila lire al fine di erigere presso l'Ospedale Maggiore un reparto di oculistica; elargì molte donazioni e fu la prima benefattrice della Scuola materna Regina Elena di Offanengo[5].
Ugo Dossena: fu avvocato, vicepresidente del Monte di Pietà negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, dal 1951 consigliere comunale per la Democrazia Cristiana, fu assessore ai lavori pubblici con i sindaci Virgilio Pagliari e Giacomo Cabrini [6]. Nel 1959 con la nomina da parte del prefetto del nuovo consiglio d'amministrazione dell'Ospedale Maggiore, ne ricoprì la carica di presidente: sotto il suo mandato fu progettato e realizzato il nuovo edificio[7]. Nel 1972 gli fu assegnata la medaglia di bronzo al merito della sanità pubblica[8]. A lui è intitolato dal 2004 il piazzale antistatnte il presidio di Crema[9].
Caratteristiche
La facciata, stretta tra altri edifici lungo Via Borso San Pietro, è divisa in due ordini da un marcapiano; in quello inferiore, scandito da basamento in pietra, si apre il portale in posizione centrale la cui chiave di volta è interrotta da un fregio[10][11]; vi si trovano, inoltre, tre finestre incorniciate per lato. In linea con le aperture inferiori, quelle superiori si differenziano per un fregio mistilineo che termina con un archetto a forma di ogiva[10]. Quella centrale, inoltre, è una porta-finestra che si affaccia su un balconcino con ringhiera in ferro battuto[10].
L'androne conduce ad un portico a tre fornici al cui angolo orientale si trova lo scalone d'onore; sulla corte interna si affacciano ai lati edifici aggiunti dagli Zanchi nell'Ottocento e nei primi anni del Novecento che hanno conferito allo stabile una pianta ad "U"[11].
Oltre si sviluppa in profondità un giardino all'interno del quale, caso unico a Crema, si trova una cappella di stile neogotico accessibile salendo due rampe di una piccola scala[11].