Il palazzo Compostella di Sanguinetto, già Dolfin, è un edificio di Crema.
Storia
Lungo l'antica Contrada di Porta Ripalta, l'odierna via Giacomo Matteotti, a lato di Palazzo Freri Cappellazzi si apre un vicolo che oggi prende lo stesso nome della strada principale ma in antico noto come Cantone dell'Abbazia[1] in fondo alla quale sorgeva la sede nominale dell'Abbazia del Cerreto[2].
I padri Cistercensi possedevano circa 39 mila pertiche di terreno delle quali la maggior parte, tra le 25 mila[3] e le 28 mila pertiche[4], si trovavano nel territorio cremasco soggetto alla Repubblica di Venezia.
La Serenissima ostacolava il trasferimento di denaro al di fuori dei suoi confini per cui i monaci nella seconda metà del XVI secolo costituirono con i fondi cremaschi la dote per fondare la abbazia di San Bernardo in Borgo San Pietro.
La filiazione cremasca, tuttavia, andò incontro a difficoltà di gestione per cui diedero le terre e i possedimenti in affitto perpetuo (enfiteusi) al nobile Nicolò Dolfin, podestà di Crema tra il 1584 ed 1585[4], in cambio di una rendita annua di 28 mila lire venete[3].
Tra le proprietà ve n'era una denominata Badia collocata nella parrocchia di San Giacomo che essa stessa passò tra i beni concessi in enfiteusi al Dolfin con atto del 19 novembre 1587 redatto dal notaio Antonio Callegarini[3].
Nel 1593 per la somma di 700 lire imperiali Nicolò Dolfin acquistò dallo stesso monastero due piccole proprietà confinanti con atto redatto dal notaio Aurelio Piosna[3]. Dopo questa data ed entro il 1619 (anno della scomparsa[3]) queste abitazioni furono abbattute e venne costruita l'attuale dimora[3].
Il testamento del nobile Dolfin prevedeva l'istituzione di un priorato sui possedimenti dell'abbazia e l'assegnazione di una rendita agli ospedali veneziani dei Santi Giovanni e Paolo e dei Mendicanti[3].
Alla scomparsa del Dolfin scoppiò una lite ereditaria tra i familiari dell'ex podestà e la famiglia Contarini la cui vicenda giudiziaria portò nel 1629 all'assegnazione dei beni abbaziali a quest'ultima[3], inclusa la fabbrica in oggetto; tuttavia, quasi un secolo dopo, nel 1723, sull'istanza di Giovanni, Marc'Antonio e Gaspare Dolfin fu aperto un nuovo iter processuale che ribaltò la precedente sentenza[5]; così nel 1725 fu intimato ai Contarini di restituire ai Dolfin i possedimenti, le note, i libri mastri, le ricevute e ogni altra carta pubblica e privata[5].
Né i Dolfin né i Contarini, ad ogni modo, appaiono nello Stato d'anime della parrocchia di San Giacomo poiché risiedevano stabilmente a Venezia[5].
L'abbazia di Cerreto fu soppressa dalla Repubblica Cisalpina nel 1798; l'enfiteusi fu posta in vendita e acquistata per un terzo ciascuno dalla Comunità di Domodossola per legato del nobile Giacomo Mellerio, dal nobile Antonio Gargantini e dalla nobile famiglia Borgazzi[6]; i nuovi proprietari del legato affrancarono i Dolfin per la somma di 300 mila lire[6].
Nel 1880 Anna Dolfin sposò il conte Nicolò Compostella di Sanguinetto determinando il passaggio di proprietà del palazzo a questa famiglia[6].
Il corposo archivio denominato impropriamente Archivio Dolfin[8], in realtà riferito alla storia patrimoniale dell'Abbadia del Cerreto[8], fu donato nel 1994 alla Biblioteca comunale Clara Gallini di Crema. Consta di 112 buste numerate e riordinate nel XIX secolo e raccoglie atti notarili, bolle e diplomi dal XII al XVIII secolo[8].
L'edificio fu completamente ristrutturato nel 2005; nell'occasione nel cortile fu installato un “parcheggio invisibile”: si tratta di nove sistemi a scomparsa, ognuno in grado di ospitare due automobili per un totale di 18 posti auto[9].
Caratteristiche
In fondo al vicolo acciottolato si vede solo una porzione del palazzo, con un portale composto da due pilastri che sostengono un arco ribassato. Poco sopra è murato lo stemma Compostella con epigrafe in marmo che riporta una ricostruzione del 1587 ritenuta non veritiera[10].