Nikolaj Semënovič Raevskij fu ucciso in combattimento durante la guerra russo-turca (1768-1774) a Iași, molti mesi prima della nascita del figlio, il generale Nikolaj Raevskij.[7] Non molto dopo la morte del colonnello, l'imperatrice organizzò un nuovo matrimonio per la madre di Raevskij, con un ricco proprietario terriero di nome Lev Davydov, il quale dimostrò di essere un patrigno generoso.[8]
Dopo la sua ascesa al trono, l'imperatore Paolo I richiamò l'esercito in Russia, e congedandolo dal servizio militare a causa del suo legame col principe Potemkin, odiato da Paolo. Dopo l'omicidio di Paolo, e l'ascesa al trono di Alessandro I, Raevskij rientrò nell'esercito e fu promosso maggiore generale.[9]
Raevskij comandò i granatieri e protesse la ritirata durante la battaglia di Bautzen. Dopo che Austria e Prussia si unirono agli Alleati, gli uomini di Raevskij si allearono con l'esercito boemo comandato da Karl Philipp Schwarzenberg. Ricevette l'Ordine di San Vladimiro di 1º grado per la battaglia di Kulm. Nei pressi di Wachau fu ferito gravemente. Per quanto fatto in battaglia fu promosso a generale (8 ottobre 1813) e ricevette l'Ordine militare di Maria Teresa di 3º grado. Quando l'esercito russo entrò in Sassonia, Raevskij fu obbligato a tornare in Russia a causa della salute precaria.
Dopo la guarigione Raevskij si riunì all'esercito sul Reno, assumendo il comando al posto di Peter Wittgenstein, e guidandolo nella presa di Parigi.[17] Dopo la sconfitta di Napoleone, al generale Raevskij fu concesso l'onore di entrare a Parigi al fianco di Alessandro I.[18]
Ultimi anni e famiglia
Nel 1794 Raevskij sposò Sofija Aleksandrovna Konstantinova, figlia di Alexej Konstantinov, bibliotecario di Caterina II, e di Elena Mikhailovna Lomonosova, figlia dello scienziato Michail Vasil'evič Lomonosov.[19] Sofia portò con sé una consistente dote, comprendente una proprietà ad Oranienbaum con oltre seimila servi.[19] Ebbero sette figli:
Dopo il termine delle guerre napoleoniche, Raevskij si trasferì con la famiglia a Bovtyška, una delle proprietà lasciategli dal patrigno.[20] Bovtyška si trovava sulle rive del fiume Dnepr, nell'Oblast' di Kirovohrad, in Ucraina. La terra era fertile, ed erano oltre diecimila i servi che la coltivavano.[20]
Nel maggio 1821, durante una visita al Caucaso, Raevskij fece amicizia col giovane Alexander Pushkin, e viaggiò con lui in Crimea.[5] Puškin sarebbe poi diventato grande amico dei figli di Raevskij, dei suoi generi, e del fratellastro Vasilij Davydov, tutti membri della Società Meridionale che aiutò ad organizzare la rivolta decabrista del 1825.[21][22][23] Il primogenito del generale, Alessandro, fu colui che ispirò il protagonista del poema di Puškin intitolato Il Demone,[24] mentre gli scherzi della piccola Marija ispirarono a Puškin la scrittura dei più famosi versi della letteratura russa ("Eugenio Onegin", I-XXXIII).
La figlia preferita di Raevskij, Marija, si sposò all'età di diciannove anni con il principe Sergej Grigor'evič Volkonskij, un ricco aristocratico liberale che aveva combattuto al fianco di Raevskij durante le guerre napoleoniche.[25] La figlia maggiore di Raevskij, Ekaterina, sposò il ricco e giovane generale Michail Fëdorovič Orlov, anch'egli veterano delle guerre napoleoniche.[26]
Un tempo interessato nella discussione di riforme liberali, democrazia occidentale e dell'insegnamento dei filosofiilluministi, dal 1825 Raevskij abbandonò il suo idealismo giovanile, rifiutando l'idea che la Russia potesse essere qualcosa di diverso dalla monarchia assoluta.[27] I figli di Raevskij ed il genero, Michail Orlov, uscirono dalla Società Meridionale' molto prima della rivolta decabrista, non prendendone parte.[28] Il fratellastro di Raevskij, Vasilij Davydov, ed il principe Volkonskij rimasero invece nella società.[22] Furono arrestati con i compagni cospiratori pochi giorni dopo la rivolta del dicembre 1825, e furono condotti a San Pietroburgo. Furono rinchiusi per molti mesi, interrogati, processati, e condannati ai lavori forzati ed all'esilio in Siberia.[29] Nonostante i desideri del padre, Marija lottò per il diritto di seguire il marito in Siberia, e riuscì a convincere l'imperatore a permetterle di condividere l'esilio del principe Volkonskij.[30][31] I Volkonskij rimasero in Siberia per oltre trent'anni. Gli fu permesso il ritorno nella Russia europea solo dopo la morte di Nicola I, avendo ricevuto il perdono dal figlio Alessandro II.[32][33] Il coraggio di Marija, e quello delle altre mogli dei decambristi, fu romanticizzato da Nekrasov nel poema "Donne russe".[34]
Raevskij morì a Bovtyška quattro anni dopo, distrutto ed amareggiato, a causa della polmonite contratta durante il viaggio per chiedere all'imperatore la grazia per conto della figlia.[35] Si dice che sul letto di morte vide un ritratto della figlia Marija e sussurrò: "Questa e la donna più notevole che io abbia conosciuto".[36]