Figlio di Luigi e di Luigia Salati, studiò presso l'Accademia di belle arti di Parma, ma non poté frequentare regolarmente i corsi a causa degli eventi bellici nel 1795.
Frequentò lo studio di Donnino Ferrari, allievo del Ennemond Alexandre Petitot, e si mise in luce nel 1805, presentando il progetto di un albergo dei poveri ad un concorso di architettura bandito dall'Accademia di Belle Arti, vincendo il secondo premio.
Professore di statica all'Accademia e, dal 1816, architetto di Corte sotto il ducato di Maria Luigia d'Austria, segnò con la sua opera tutta l'architettura parmense della prima metà del secolo: curò il restauro dei monumenti cittadini (il Teatro Farnese, la Camera di San Paolo, Santa Maria del Quartiere); curò con Paolo Toschi l'allestimento della galleria destinata ad ospitare la Pinacoteca Borbonica tornata da Parigi e le opere recentemente acquisite da Maria Luigia (l'attuale Galleria Nazionale).
Nel 1819 fu incaricato dalla duchessa del progetto dell'ampliamento del Casino dei Boschi di Sala Baganza, ove realizzò il lungo colonnato della "Prolunga" e il "Casinetto" e sopraelevò la villa.[2]
Nel 1821 iniziò la progettazione del Teatro Regio, destinato a sostituire gli ormai obsoleti Teatro Farnese e il Teatro Ducale della Riserva: finito nel 1827, venne inaugurato nel 1829. La costruzione, di ispirazione classica e rinascimentale all'esterno, è all'interno modernissima e armoniosa in ogni sua parte: attraverso tre cavalcavia (dei quattro progettati), il teatro era collegato al palazzo ducale e a costruzioni a uso del teatro stesso[3].
Eresse anche le Beccherie di piazza Ghiaia, destinate in origine ad ospitare le botteghe dei macellai (demolite nel 1928, in seguito al piano di interventi urbanistici deciso dal sindaco Mariotti, per la costruzione del Lungoparma); era considerato uno dei più pregevoli edifici neoclassici della regione.
Diede a Parma un volto omogeneo, caratterizzato da una classica lineare semplicità, non scevro però di alleanze di stampo francese, memore del Petitot e ravvivato dal giallo ocra delle facciate, che non discordava dal cotto caro ai Farnese.