Maurizio Zanfarino
Maurizio Zanfarino (Sassari, 10 maggio 1895 – Casa Spalazzari, 29 ottobre 1918) è stato un militare italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante la prima guerra mondiale.
Biografia
Nacque a Sassari il 10 maggio 1895,[2] figlio di Antonio e Giovanna Solinas. Dopo aver frequentato il Collegio Militare di Roma, ottenendo la licenza liceale il 27 giugno 1915,[2] entrò nella Regia Accademia Militare di Modena da cui uscì con il grado di sottotenente in servizio permanente effettivo il 17 febbraio 1916,[2] assegnato in forza al 210° Reggimento fanteria della Brigata "Bisagno". Nel mese successivo fu trasferito al 46º Reggimento fanteria della Brigata "Reggio"[2] con cui si distinse nel Cadore, in particolare sul Col di Lana. Promosso tenente nel dicembre 1916, dietro sua richiesta nell’ottobre 1917 fu trasferito al VI Reparto d’assalto della nuova specialità degli Arditi di recente costituzione. Dopo la battaglia di Caporetto e il susseguente ripiegamento sulla linea del Piave, fu trasferito in forza al IX° Reparto d'Assalto "Fiamme Nere" degli Arditi.[2]
Combatte durante la battaglia del Solstizio guadagnandosi una prima Medaglia d’argento al valor militare sul Col Moschin (15-16 giugno) al comando di una sezione di mitragliatrici, e una seconda sul Monte Asolone il 24 giugno.[2] Trasferito ad un reparto della sussistenza chiese, ed ottenne, di tornare al suo reparto ed il 29 ottobre,[3] durante il corso della battaglia di Vittorio Veneto, rimase gravemente ferito durante un assalto ad una postazione nemica sul Monte Asolone.[4] Trasportato presso il 218º Reparto sommeggiato della 18ª sezione di Sanità, si spense in quello stesso giorno.[2] Per il coraggio dimostrato in questo frangente venne decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[3]
Il suo corpo fu tumulato presso il cimitero monumentale di Sassari.
Onorificenze
« Ufficiale di altissimo rendimento, già distintosi in precedenti fatti d’arme, troncò volontariamente la licenza di cui stava fruendo quando seppe che il battaglione era sul punto di iniziare una nuova azione offensiva, e da ufficiale di vettovagliamento insisté per essere portato sulla linea del fuoco. In fiero vittorioso combattimento, funzionando da aiutante maggiore di battaglione di assalto, diede prove luminose del più puro eroismo. Acceso da sacro entusiasmo, fieramente percorse più volte il terreno di combattimento, spazzato in modo micidiale dal fuoco di artiglieria e di numerosissime mitragliatrici, per dirigere reparti e consigliare ed incitare i combattenti. Con un pugno di prodi si slanciò contro il nemico minaccioso, impegnando fierissima lotta corpo a corpo e riuscendo a spezzarne l’impeto. Ferito gravemente il porta stendardo del reparto, impugnò il tricolore, sollevandolo, nel fragore della battaglia, ad incitamento, come simbolo della vittoria. Colpito a morte da una pallottola di mitragliatrice, che gli trapassava la gola, si abbatté di colpo, ma, facendo appello alle sue ultime forze, si rizzò sulle ginocchia, e, con voce rantolante, in faccia al nemico lanciò l’ultimo grido “Viva l’Italia !". Monte Asolone, Col della Berretta, 29 ottobre 1918.[5]» — Regio Decreto 23 ottobre 1921
«In fierissimi combattimenti per la riconquista di importanti posizioni, guidava mirabilmente e con magnifica audacia la sezione mitragliatrici, raggiungeva, fra i primi, le trincee nemiche e, postatele armi rapidamente, falciava il nemico, che piegava sotto l’inesorabile impeto degli arditi. Con pochi uomini affrontava, a colpi di bombe a mano, nuclei nemici, facendo prigionieri e catturando numeroso materiale. Col Fenilon-Col Moschin, 15-16 giugno 1918.»
«In un fiero e vittorioso combattimento, condusse la propria sezione mitragliatrici con mirabile audacia, e, nonostante le forti perdite subite, portò risolutamente le armi allo scoperto, in un terreno battuto dal violento fuoco avversario, per controbattere un nido di mitragliatrici, che causavano serie perdite alle nostre ondate d’attacco. Raggiunto lo scopo, caduto colpito a morte il proprio comandante di compagnia e rimasti feriti tutti gli altri ufficiali assunse il comando del reparto, impiegandolo con sano criterio tattico e guidandolo con impeto contro il nemico, al quale strappò prigionieri e catturò materiali. Durante la notte, incaricato della difesa di un tratto delicatissimo della nuova linea, con opportune ed intelligenti disposizioni poté infrangere tutti i tentativi nemici di riscossa. Monte Asolone, 24 giugno 1918.»
«Ufficiale di altissimo ardimento, già distintosi in precedenti fatti d’arme, in un fiero, vittorioso combattimento, funzionando da Aiutante Maggiore di un battaglione di assalto, diede prove luminose di un puro eroismo. Acceso da sacro entusiasmo, fieramente percorse, per più volte, il terreno di combattimento, spazzato, in modo micidiale, dal fuoco di artiglieria e di numerosissime mitragliatrici, per dirigere reparti e consigliare ed elettrizzare i combattenti. Con un pugno di prodi, si slanciò contro il nemico minaccioso, impegnando fierissimo corpo a corpo, riuscendo a spezzarne l’impeto. Ferito gravemente il porta stendardo del reparto, impugnò il tricolore, sollevandolo nel fragore della battaglia, ad incitamento e come simbolo della vittoria. Colpito a morte da una pallottola di mitragliatrice che gli trapassava la gola, si abbatte di colpo, ma, facendo appello alle sue ultime forze si rizzò sulle ginocchia, e, con voce rantolante, in faccia al nemico lanciò l’ultimo grido “Viva l’Italia !". Monte Asolone, Col della Berretta, 29 ottobre 1918.»
Note
Bibliografia
- Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-2-2.
- Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
- Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
- Alberto Cavaciocchi, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
- Lorenzo Cadeddu e Elisa Grando, Baluardo Grappa. Il massiccio del Grappa prima a durante la Grande Guerra, Treviso, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 2008.
Voci correlate
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