James Q. Wilson

James Q. Wilson, per esteso James Quinn Wilson (Denver, 27 maggio 1931Boston, 2 marzo 2012), è stato un politologo statunitense.

Wilson ha speso gran parte della sua carriera come professore presso l'UCLA e presso l'Università di Harvard. È stato presidente del Council of Academic Advisors dell'American Enterprise Institute, membro del President's Intelligence Advisory Board (1985–1990) e del President's Council on Bioethics. È stato anche direttore del Joint Center for Urban Studies presso l'Università di Harvard e lo MIT. Fu inoltre il primo presidente dell'American Political Science Association e membro delle Accademia americana delle arti e scienze, Società americana di filosofia e Fondazione per i diritti umani. Fu inoltre coautore di un libro di testo per prestigiose università, American Government e scrisse molti libri scolastici, articoli e saggi Op-ed. Egli ottenne fama a livello nazionale per un articolo del 1982 sulla teoria delle finestre rotte pubblicato da The Atlantic. Nel 2003 gli venne riconosciuta dal Presidente George W. Bush la Medaglia presidenziale della libertà.

Biografia

Egli conseguì il diploma di Bachelor of Arts (B.A.) presso l'Università di Redlands nel 1952, completando gli studi prima nel 1957, con il conseguimento del Master of Arts (M.A.), poi nel 1959 conseguendo il dottorato di ricerca (Ph.D.) in scienza politica presso l'Università di Chicago. Dal 1961 al 1987 fu professore presso l'Università di Harvard.

Nel suo libro del 1975, Thinking About Crime, espose l'innovativa teoria dell'interdizione come la più efficace spiegazione della riduzione nelle percentuali dei crimini osservata dove le sentenze di lunga detenzione erano la norma. I criminali non vengono trattenuti dalla minaccia di carcerazioni più lunghe, ma i recidivi verrebbero scoraggiati da ulteriori crimini, semplicemente perché essi verrebbero incarcerati invece che rimanere liberi in strada.[1]

Wilson e George L. Kelling introdussero la teoria delle finestre rotte nell'edizione del mese di marzo 1982 del mensile The Atlantic Monthly. In un articolo dal titolo Broken Windows essi sostennero che i sintomi di crimini a basso livello e il disordine (a es. una finestra rotta) creano un ambiente che incoraggia maggiormente i reati, compresi quelli gravi.[2]

Dal 1987 al 1997 egli fu professore di Management e Politica Pubblica presso la Scuola di Management dell'UCLA, dal 1998 al 2009 fu professore di Politica Pubblica presso la Scuola di Politica Pubblica dell'Università Pepperdine.[3][4]

Wilson è stato l'autore del testo universitario American Government e coautore dell'ultima edizione con John J. DiIulio, Jr. Il testo è stato molto venduto, sebbene il suo uso sia divenuto controverso negli ultimi anni dopo che le università lo hanno accusato di imprecisioni e di condizionamento di destra.[5][6]

Wilson fu presidente della White House Task Force on Crime (1966), della National Advisory Commission on Drug Abuse Prevention (1972–1973) e membro della Attorney General's Task Force on Violent Crime (1981), del Consiglio di consulenza del Presidente sullo spionaggio estero (1985–1990) e del Consiglio presidenziale di bioetica. Fu Presidente dell'American Political Science Association. Fece parte del Consiglio di amministrazione del New England Electric System (oggi National Grid USA), della RAND Corporation e della State Farm Mutual Insurance.

È stato presidente del Council of Academic Advisors dell'American Enterprise Institute, membro dell'Accademia americana delle arti e scienze, della Società filosofica americana e del Consiglio internazionale della Fondazione per i diritti umani di New York.

Pensiero politico

Sebbene come giovane professore egli "votò per John Kennedy, Lyndon Johnson e Hubert Humphrey e lavorò per la campagna presidenziale di quest'ultimo."[7] Wilson venne più avanti riconosciuto come uno studioso conservatore, come indicato dalla sua posizione di consulente dell'American Enterprise Institute. Fu inoltre un solido sostenitore della perseveranza nella guerra alla droga.

(EN)

«Even now, when the dangers of drug use are well understood, many educated people still discuss the drug problem in almost every way except the right way. They talk about the "costs" of drug use and the "socioeconomic factors" that shape that use. They rarely speak plainly—drug use is wrong because it's immoral and it is immoral because it enslaves the mind and destroys the soul.»

(IT)

«Anche ora, quando i pericoli dell'uso di droghe sono ben compresi, molte persone istruite discutono ancora il problema della droga in quasi tutti i modi tranne che in quello giusto. Essi parlano di "costi" di uso della droga e dei "fattori socioeconomici" che ne influenzano l'uso. Essi raramente dicono chiaramente che l'uso della droga è sbagliato perché immorale ed è immorale poiché rende schiava la mente e distrugge l'anima.»

Wilson fu un pioniere dell'idea che la pubblica amministrazione stava diventando piena di calcoli politici e interessi:

(EN)

«This is because our constitutional structure and our traditions afford individuals manifold opportunities not only to bring their special interests to the attention of public officials but also — and this the important thing — to compel officials to bargain and to make compromises. The nature of the governmental system gives private interests such good opportunities to participate in the making of public decisions that there is virtually no sphere of 'administration' apart from politics.»

(IT)

«Ciò poiché la nostra struttura costituzionale e le nostre tradizioni consentono molteplici opportunità individuali non solo nel portare i nostri speciali interessi all'attenzione dei pubblici ufficiali ma anche — e questa è una cosa importante — a costringere i funzionari a trattare e scendere a compromessi. La natura del sistema governativo dà agli interessi privati tali buone opportunità di partecipare alle decisioni pubbliche che non esiste praticamente una sfera amministrativa separata dalla politica.»

Wilson studiò i conflitti tra "dilettanti" e "professionisti" che partecipano alla politica, specialmente nel Partito Democratico degli anni sessanta. Egli sosteneva che politici di professione, partiti, "macchine politiche" e strutture informali di potere erano essenziali al funzionamento del governo e alle sue strutture ufficiali di potere. Nel 1962 egli scrisse che:

(EN)

«If legal power is badly fragmented among many independent elective officials and widely decentralized among many levels of government, the need for informal methods of assembling power becomes great.»

(IT)

«Se il potere legale è frammentato male tra molti funzionari elettivi indipendenti e ampiamente decentrato in molti livelli di governo, diventa grande la necessità di metodi informali di accumulo di potere.»

Personalità

Wilson è stato descritto come persona cortese e gentile nel modo di comportarsi ma anche intellettualmente tosto e fermo nelle sue opinioni. Come disse l'ex studente di Wilson, già Presidente dell'American Enterprise Institute, Christopher DeMuth:

(EN)

«He was sociable, amiable, he loved the Red Sox. He kept up on the NCAA brackets. He knew all about all of those things. He was interested in music and cooking and food, he was very companionable. But... he was intellectually tough as nails and he would be very agreeable in explaining to you that your intuitions about something actually weren't correct.»

(IT)

«Egli era affabile, amabile, tifava per i Red Sox. Egli seguiva i gironi della NCAA. Egli sapeva tutto su queste cose. Era interessato alla musica e alla cucina e al cibo, era molto socievole. Ma … era intellettualmente duro come un chiodo ed era molto ben disposto nello spiegarti che le tue intuizioni su qualcosa erano in effetti sbagliate.»

Morte

Wilson morì a Boston a causa di complicazioni della leucemia.[8]

Riconoscimenti

Opere

(in lingua inglese salvo diverso avviso)

  • American Politics, Then and Now (2010)
  • American Government, 12th ed. (2010, con John J. DiIulio, Jr.)
  • Understanding America: The Anatomy of an Exceptional Nation (2008, ed. con Peter Schuck)
  • The Marriage Problem: How Our Culture Damages Families (2002)
  • Moral Judgment (1997)
  • The Moral Sense (1993)
  • On Character: Essays by James Q. Wilson (1991)
  • Bureaucracy (1989) – "il suo capolavoro"[9]
  • Crime and Human Nature (1985, con Richard Herrnstein)
  • Watching Fishes: Life and Behavior on Coral Reefs (1985, con Roberta Wilson)
  • The Politics of Regulation (1980)
  • The Investigators (1978)
  • Thinking About Crime (1975)
  • Political Organizations (1973)
  • Varieties of Police Behavior (1968)
  • The Amateur Democrat (1966)
  • City Politics (1963, con Edward C. Banfield)
  • Negro Politics (1960)

Cinema

  • Vigilante Vigilante: The Battle for Expression, 2011

Note

  1. ^ (EN) John D. Lofton Jr., The case for jailing crooks, in The Telegraph-Herald, 14 aprile 1975, p. 4.
  2. ^ (EN) James Q. Wilson e George L. Kelling, BROKEN WINDOWS: The police and neighborhood safety (PDF), su manhattan-institute.org. URL consultato il 3 settembre 2007. (HTML version)
  3. ^ "James Q. Wilson, Ph.D. (in memoriam)", pepperdine.edu.
  4. ^ (EN) Center Announces James Q. Wilson as First Clough Senior Fellow (PDF), in The Clough Center Report, The Gloria L. and Charles I. Clough Center for the Study of Constitutional Democracy, Boston College Department of Political Science, autunno 2009, p. 1. URL consultato il 25 settembre 2010.
  5. ^
    (EN)

    «Student sees political bias in high school text: publisher now says it will review book, as will college board»

    (IT)

    «Lo studente vede un condizionamento nel testo per le scuole medie superiori: l'editore dice ora che lo rivedrà, così come farà il consiglio della scuola»

  6. ^ (EN) CFI Textbook Critique (PDF), The Center for Inquiry, 9 aprile 2008. URL consultato il 4 aprile 2008.
  7. ^ (EN) James Q. Wilson, A Life in the Public Interest, in The Wall Street Journal, 21 settembre 2009.
  8. ^ (EN) Elaine Woo, James Q. Wilson dies at 80; pioneer in 'broken windows' approach to improve policing, in The Los Angeles Times, 3 marzo 2012.
  9. ^ James Q. Wilson, in The Economist, 10 marzo 2012. URL consultato il 30 agosto 2012.

Collegamenti esterni

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