Egesianatte fu grammaticus (nella polivalente accezione del lemma),[1] poeta, storico (gli è anche attribuita un'opera sull'antica "Libia", o "Lybikà")[2] e astronomo greco, vissuto alla corte di Antioco III, per il quale rivestì anche il ruolo di ambasciatore.
Nacque ad Alessandria della penisola di Troade, come risulta da materiale epigrafico che lo notifica anche quale figlio di un Diogene («Ἡγησιάναξ Διογένους Ἀλεξανδρεὺς ἐκ τᾶς Τρωάδος»).[3]
Le missioni diplomatiche
Poté entrare in rapporti con il re seleucideAntioco III,[2] di cui si guadagnò il favore recitando e donandogli le sue poesie: il re lo ammise indi nella cerchia dei suoi amici (φίλοι), come riferisce Demetrio di Skepsi nell'episodio raccontato nel suo Τρωικὸς διάκοσμος (Lo schieramento troiano),[4] citato in Ateneo.[5][6]
Nel contesto storico dei prodromi al conflitto tra Roma e la Siria, Antioco gli affidò diverse missioni diplomatiche.[2][7] Hegesianax si recò per la prima, nel 196 a.C., a Corinto insieme con un Lisia e vi si incontrò con l'ex console romano Tito Quinzio Flaminino, in occasione della celebrazione delle feste istmiche. Ancora con Lisia fu alla corte del re seleucide nella Lisimachia che Antioco aveva ricostruito nel 196.[8]
Tre anni dopo, nel 193 a.C., quando le relazioni romano-seleucidi si deteriorarono, Hegesianax si recò a Roma come inviato di Antioco, questa volta con Menippo come suo compagno. Entrambi negoziarono con un organo nominato dal Senato composto da dieci commissari e guidato ancora da Tito Quinzio Flaminino. Tuttavia, le discussioni non portarono ad un accordo.[9][10][11]
Probabilmente durante questo secondo viaggio diplomatico Hegesianax fu ancora a Delfi, dove, essendo egli di origine greca, nell'ambito della missione fu incaricato della prossenia.[3][12]
Della vita di Hegesianax dopo di allora non si tramanda più nulla.
Poeta, declamatore, attore
Demetrio di Skepsi[13] cita Hegesianax per un particolare attinente alla sua attività di declamatore di poesia e attore di tragedie, dapprima di ben misera qualità e in seguito dotato di voce dal timbro assai più piacevole, raggiunto grazie a una dieta che per diciotto anni aveva previsto l'astinenza dal cibarsi di fichi.[6] Tale particolare non sarebbe di per sé rilevante, se non fosse ripreso in una delle scarsissime citazioni relative al personaggio.
Opere
Fu autore[2] di una Storia troiana,[14] di due opere grammaticali, di un'opera sulla Libia (Λιβυκά)[2] e di un poema astronomico sui Fenomeni.[15] Tuttavia, così come dubbi sussistono sull'identificazione tra l'autore delle opere grammaticali e l'astronomo, non di meno per quella dell’astronomo con lo storico.[2] Se infatti c'è chi[16] si pronuncia nettamente contro l’identificazione dell’astronomo con lo storico, altri esprimono ipotesi meno trancianti e comunque da prendere in considerazione.[17]
Delle opere di Hegesianax sono pervenuti solo pochi frammenti, che nel primo quarto del XXI secolo sono stati pubblicati (testo originale in greco antico, traduzione inglese e commento) in:
A causa della indisponibilità delle opere di Hegesianax, sono vieppiù da considerare i testi che di esse sono stati più o meno impliciti vettori, ovvero di tradizione indiretta, pur nella loro problematicità.[18]
Opere grammaticali
Sull'elocuzione di Democrito: "Περὶ τῆς Δημοκρίτου λέξεως"
Sull'elocuzione poetica: "Περὶ ποιητικῶν λέξεων"
Se delle opere poetiche gli studiosi ricevono dall'antichità notizie circostanziali, esplicitamente invece viene attestata l'attribuzione a Hegesianax di due opere grammaticali. Stefano di Bisanzio, infatti, grammatico e autore nel VI sec. di un dizionario geografico intitolato Ethnica,[19] confluito, sebbene solo per via di un compendio (l'epitome ermolaiana), nel lessico enciclopedico Suda,[20] sotto la voce Τρῳάς riporta:[21][22] «Τρῳάς ["Troade"; seguono i nomi alternativi della regione e l'etnico Τρῳαδεύς]. ἐντεῦθεν ἦν καὶ Ἡγησιάναξ γραμματικός, γράψας Περὶ τῆς Δημοκρίτου λέξεως βιβλίον ἓν καὶ Περὶ ποιητικῶν λέξεων». («Di quel luogo era anche il grammatico Hegesianax, che ha scritto "Sull'elocuzione di Democrito", in un libro, e "Sull'elocuzione poetica"»).[2][6][12][23][24]
Hegesianax astronomo?
A causa della scarsità di informazioni inequivocabili in proposito, non esiste una prova dirimente quanto all'esatta identificazione di Hegesianax e delle sue opere, questioni su cui gli storici si trovano ad affrontare una vera e propria stratigrafia di fonti, da esaminare a diversi livelli di rimandi e citazioni che si succedono a spirale.
Il matematico Bernardino Baldi, eclettico poligrafo che fu anche storico antiquario, nella sua Cronica de' matematici, offre una testimonianza su Hegesianax che merita approfondimenti critici anche per la individuazione ulteriore dell'esatto soggetto della citazione stessa nella fonte antica: «Hegesianatte da Troade scrisse poeticamente dell’Astrologia, ne' quali libri, come nota Plutarco, si sforzò per via di raggioni perspettive, e specolari di rendere la causa de le macchie della Luna.»[25]
Hegesianax in Plutarco?
Si registrano[6] occorrenze importanti, in Plutarco o sotto il suo nome, che suggeriscono una volta di più la peculiarità filologica, e quasi misteriosa, che avvolge la tradizione egesianattea e addirittura la sua identificazione.
Uno storico dal nome di "Hegesianax" o "Hesianax", insieme con il riferimento al terzo libro di un’opera di questi, chiamata Lybica, è menzionato[26] dal cosiddetto Pseudo-Plutarco in un'operetta spuria a cavallo fra II e III d.C., i Parallela minora (Συναγωγὴ ἱστοριῶν παραλλήλων Ἑλληνικῶν καὶ Ρωμαϊκῶν), tramandata nel corpus dei Moralia.
Circa un secolo prima (a cavallo fra I e II d.C.), era stata fatta menzione, proprio da Plutarco nel suo De facie in orbe Lunae (Περὶ τοῦ ἐμφαινομένου προσώπου τῷ κύκλῳ τῆς σελήνης),[27] di un poeta, sotto il nome di "Agesianax", di cui Plutarco citava alcuni versi che descrivono la Luna.[2][28][29] A questo proposito, è da rilevare che già Voss (latinizzato in Vossius),[30] esprima il suggestivo dubbio su quale di questi due possa essere identificato con l’altro o l’uno o l’altro dei due, o entrambi, con l’Hegesianax di Alessandria nella Troade.
Hegesianax nel De astronomia di Hyginus
Di Igino, scrittore latino del I sec.d.C. da non confondere con l’omonimo “bibliotecario”, sono state tramandate due opere, tra cui un trattato De Astronomia,[31] che ha come fonte, tra le altre, i Fenomeni (Φαινόμενα) di Arato di Soli.[32] In tale trattato iginiano si leggono almeno tre citazioni di Hegesianax, che a loro volta tramandano notizie, pareri o conoscenze o interpretazioni mitologiche, relativi alle costellazioni, peculiari, sebbene non originali, accanto a quelle di altre fonti, testimoniando come in Hegesianax si fondessero interesse per l'astronomia, per la mitologia stellare, e concezione della poesia quale mezzo espressivo dell'attività di esegesi e critica.[2]
In particolare:[33]
Hyg. Astr. 2,6: Sulla costellazione dell'ENGONASIN (Inginocchiato), Igino riporta il pensiero di Eratostene di Cirene che affermerebbe trattarsi di Ercole, piegato sul ginocchio destro, mentre lotta col serpente custode delle Esperidi, e così Panyasi nel suo Heraclea: («Hunc Eratosthenes Herculem dicit, supra draconem collocatum, de quo ante diximus, eumque paratum ut ad decertandum, sinistra manu pellem leonis, dextra clavam tenentem. Conatur interficere draconem Hesperidum custodem, qui numquam oculos operuisse somno coactus existimatur, quo magis custos adpositus esse demonstratur. Se quo etiam Panyasis in Heraclea dicit. Horum igitur pugnam Iuppiter admiratus, inter astra constituit. Habet enim draco caput erectum, Hercules autem dextro genu nixus, sinistro pede capitis eius dextram partem obprimere conatur; dextra manu sublata ut feriens, sinistra proiecta cum pelle leonis, ut cum maxime dimicans apparet. Etsi quis sit hic negat Aratus posse quemquam demonstrare, tamen conabimur demonstrare, ut aliquid verisimile dicamus»). Lo scrittore riprende l'opinione di Arato sulla indimostrabilità dell'identificazione con alcuno dei personaggi mitologici, e di seguito afferma che riporterà la propria tesi, purché plausibile («verisimile»).
Quindi continua riportando quella di Hegesianax: «Hegesianax autem Thesea dixit esse, qui Troezene saxum extollere videtur, quod existimatur Aegeus sub eo ellopium ensem posuisse, et Aethrae Thesei matri praedixisse, ne ante eum Athenas mitteret, quam sua virtute lapide sublato, potuisset gladium patri referre». «Hegesianax disse invece che era Teseo, che si vede a Trezene spostare il masso sotto il quale si crede che Egeo abbia nascosto i calzari e la spada e avesse riferito la profezia a Etra, madre di Teseo, che non lo mandasse ad Atene prima che, conseguita la virilità, non avesse potuto sollevare la pietra e riportare al padre la spada».
Hyg. Astr. 2,14: Sulla costellazione dell'OPHIUCUS, Igino ricorda invece genericamente come «apud nostros scriptores», «tra i nostri scrittori», sia chiamato «Anguitenens», ossia «il Maneggiatore/Dominatore di serpenti» e che sia posta sopra la costellazione dello Scorpione. Ricorda altresì come sia identificato anche, da molti, col re Carnabonte re dei Geti di Tracia, ivi imprigionato con il serpente in mano da Cerere in memoria del suo crimine e della punizione che ella gli aveva inflitto.
Prosegue dunque incastonando l'esplicita citazione di Hegesianax tra quelle, seguenti, di altri («alii»): «Hegesianax enim dicit, Cererem memoriae hominum causa ita Carnabonta sideribus figurasse, manibus tenentem draconem ut interficere existimetur. Qui ita vixerat acerbe, ut iucundissimam sibi conscisceret mortem». «Hegesianax infatti dice che Cerere per ricordarlo agli uomini avesse raffigurato Carnabonte tra le stelle in tale forma, col serpente tra le mani, che si pensasse che stesse uccidendolo: ma che per se stesso vivesse una vita così amara che sarebbe stato quanto di più gradito infliggersi la morte».
Hyg. Astr. 2,29: Quanto alla costellazione dell'AQUARIUS, Igino, prima di riprendere quella di Eubulo, secondo il quale si trattava di Cecrope, divinità ctonia venerata nell'antica Atene e suo mitico fondatore e re («Eubulus autem Cecropem demonstrat esse»), riferisce l'opinione di molti («conplures») che si identificasse con Ganimede, bellissimo giovane rapito da Giove per farne il coppiere («deorum ministrum»), separandola da quella di Hegesianax ancora con un netto «autem»: Hegesianax che «invece» riteneva fosse «Deucalione, perché durante il suo regno si profusero dal cielo acque con tale violenza che si disse che egli stesso fosse divenuto "cataclismo"»: «Hegesianax autem Deucaliona dicit esse, quod eo regnante tanta vis aquae se a caelo profuderit, ut cataclysmus factus esse diceretur». Quest'ultima interpretazione riportò un certo successo perché, accolta da Nigidio Figulo[34], tramite quest'ultimo confluì sia nella traduzione di Germanico dei Phaenomena di Arato,[35] sia in Lucano.[36]
Hegesianax autore di Φαινόμενα
Della "Vita di Arato" di Soli, poeta della cui varia produzione è tramandato il poema astronomico "Fenomeni" (Φαινόμενα) in 1154 esametri, ritenuto versificazione dell'opera in prosa di Eudosso di Cnido,[37] sono tràdite più versioni: in uno scolio nella cosiddetta Vita Arati¹[2][38] si legge un elenco di autori a loro volta di Φαινόμενα:
«καὶ γὰρ Εὔδοξος ὁ Κνίδιος ἔγραψε Φαινόμενα καὶ Λᾶσος ὁ Μάγνης, οὐχὶ ὁ Ἑρμιονεὺς ἀλλ’ὁμώνυμος ἄλλος [Λάσῳ τῷ Ἑρμιονεῖ], καὶ Ἕρμιππος
καὶ Ἡγησιάναξ
καὶ Ἀριστοφάνης ὁ Βυζάντιος καὶ ἄλλοι πολλοί»
(«Infatti anche Eudosso di Cnido scrisse "Fenomeni" e anche Laso di Magnesia, non l’Ermioneo ma l’altro omonimo, e Ermippo e Hegesianax e Aristofane di Bisanzio e molti altri»). A proposito della co-occorrenza Hegesianax-Ermippo, associati sia nella lista sia nell’epigramma "tolemaico", pare essa mezzo di suggerire un canone o una comune sensibilità quanto alla poesia astronomica: ugualmente, anche la segnalazione di miti stellari alternativi rispetto a quelli tradizionali desunti da Eratostene si rivela caratteristica di Hegesianax condivisa anche con Ermippo.[2]
Un elenco di nomi in parte differente si legge anche nella versione ² della vita di Arato mentre nella ³ è presente l'attestazione relativa a Arato ma non l'elenco di nomi.
L'epigramma "tolemaico": Hegesianax astronomo
Ancora nella Vita Arati¹, è infatti tramandato un epigramma, il cui studio filologico ha coinvolto più studiosi, giunti a conclusioni peculiari, che comunque consistono in un contributo indispensabile alla verifica dell'attività di Hegesianax quale scrittore di astronomia:
«πάνθ ̓ Ἡγησιάναξ τε καὶ Ἕρμιππος <τὰ> κατ ̓ αἴθρην
τείρεα καὶ πολλοὶ ταῦτα τὰ Φαινόμενα
βίβλοις ἐγκατέθεντο †ἀπὸ σκοποῦ δ ̓ ἀφάμαρτον†·
ἀλλ ̓ ὅ γε λεπτολόγος σκῆπτρον Ἄρατος ἔχει».
Secondo tale epigramma[39] dal testo "tormentato" dalle cruces (†) e almeno in un punto irrimediabilmente perduto,[40] avrebbe scritto dunque di Φαινόμενα («stelle e costellazioni») anche Hegesianax, citato, più che inquadrato, in una serie di altri studiosi del tema, citati e non:
«Hegesianax, Ermippo e molti altri
composero libri sulle stelle e le costellazioni tutte
nel cielo, †senza smarrirne l’osservazione†:
ma è Arato λεπτολόγος, capace di leptotes (di esprimersi con sottigliezza), a detenerne la corona.»[2][41]
Autori e autorialità
Dacché è stato tràdito con il titolo di "Ἰδιοφυεῖς" a sottolinearne la "peculiarità", e attribuito a un non precisato "(βασιλεὺς) Πτολεμαῖος",[42] gli studiosi si sono confrontati sull'identità dell'autore di tale epigramma.
La posizione forse più neutra è assunta da Paton[43] e approvata da Denys Page:[17] Paton infatti scrive: «Ptolemy: uncertain, which» («Tolomeo: non è certo quale di essi»).
Ancora, altri lo attribuisce a Archelao di Chersoneso, parodossografo, autore di Ἰδιοφυεῖς vissuto alla corte di Tolomeo Evèrgete]:[47] tuttavia tale ipotesi[48] si aggancia ad altro autore non esente da incertezze così come è incerto se l’Ἰδιοφυῆ sia un’opera in poesia distinta rispetto agli Epigrammi, denominazione con cui i frammenti poetici sono presentati dalle fonti (Antigono di Caristio e Varrone).[46]
Un'ulteriore proposta da parte della filologia moderna, la cui suggestività è testimoniata dall'interesse suscitato negli studiosi, è che autore dell'Epigramma possa essere Claudio Tolomeo: Franz Boll,[49] infatti, sostiene che l'epigramma è riportato da un numero consistente di testimoni appartenenti a due dei tre rami principali della tradizione manoscritta della Μαθηματικὴ σύνταξις (Syntaxis Mathematica) dell'astronomo egiziano; l'ipotesi è suppeditata (o dimostrata, a seconda delle interpretazioni) dalla cronologia cui risalgano le divergenze fra tali branche della tradizione (IV sec.d.C.). Su quest'ultima direttrice filologica si orienta lo studio più recente di Cristian Tolsa,[50] che da parte sua propone che tale epigramma, di data e autore incerti, sia stato adoperato come scolio di presentazione della Syntaxis ma in seguito, in un periodo successivo a quello supposto da Boll, dai marginalia con-testuali sarebbe passato all'interno del testo stesso, con un procedimento noto alla filologia.[51]
Τρωικά. "Storia di Troia"
«ὁ δὲ τὰ Κεφαλίωνος ἐπιγραφόμενα Τρωικά συνθεὶς Ἡγησιάναξ ὁ Ἀλεξανδρεύς [...]»[52][53]
(«Hegesianax di Alessandria, che compose la "Storia di Troia" -"Troiká"- attribuita a Kephalion -Cefalione-» [...])[54]
Nella dotta "opera-contenitore" di Ateneo, "Deipnosophistai" (Deipnosofisti: "I saggi, o gli studiosi, a banchetto"),[55] sotto il pretesto narrativo di una conversazione conviviale in cui la cultura enciclopedica dei convitati evoca come esperto dell'una o dell'altra ricetta o diversa materia vari personaggi, incidentalmente viene indicato Hegesianax come autentico autore dei "Troiká" (espressione traducibile come "Guerra" - o "Storia" - "troiana" o "Fatti di Troia"), indicati come opera attribuita o posta sotto il nome di Kephalion (o Cefalione), e tale attribuzione è generalmente accolta dall'attuale filologia.[6][56]
A sua volta, insomma, anche Hegesianax ebbe ad usare un artificio narrativo, nel suo caso per consolidare una propria opera, attribuendone la parte più antica ad una fonte ben più arcaica, ma «fittizia»:[15] «un certo Cefalone (o Cefalione) di Gergite».
Gli studiosi si sono posti, non di meno, la questione della correttezza dell'identificazione tra l'autore della Storia troiana ("Troiká") e delle opere grammaticali; tra i sostenitori sono alcuni critici,[6] e, precedentemente, Gerhard J. Voss.[57]
Hegesianax in Strabone
Anche Strabone, geografo e storico a cavallo fra I sec. a.C. e I d.C., si fa veicolo di una notizia storico-archeologica attribuita a Hegesianax.
In un passaggio dei suoi Γεωγραφικά (la Geografia),[58] Strabone nota che «τὸ Ἴλιον» («la Ilio») in cui i Romani entrarono espellendo dal paese «al di qua del Tauro» Antioco il Grande non era che una sorta di «κωμόπολίς τις» («città-villaggio»), ricordando inoltre che lo stesso «Δημήτριος ὁ Σκήψιος» («Demetrio di Skepsi») affermava che, «quando da ragazzo aveva visitato la città in quel periodo, aveva trovato l'insediamento così trascurato che gli edifici non avevano nemmeno i tetti di tegole»:[59] proprio accanto alla testimonianza di Demetrio, Strabone riporta, rilevandola, anche quella di Hegesianax («Ἡγησιάναξ δὲ») che da parte sua riferiva che pure i Galati in essa non avevano trovato la roccaforte che cercavano («εἰς τὴν πόλιν δεομένους ἐρύματος»), perché era «priva di mura» («διὰ τὸ ἀτείχιστον»).[60]
Stile
Nel suo "Sulla disposizione delle parole" (Περὶ συνθέσεως ὀνομάτων - Perì synthèseōs onomátōn),[61]Dionigi, o Dionisio, di Alicarnasso, soffermandosi sugli stili retorici e nominandolo con altri storici ellenistici, immette nella sua carrellata di «storici noiosi» e «illeggibili», anche Egesianatte, oltre a 'moltissimi altri' che neppure cita forse ritenendoli ancora minori.[62]
Note
^Grammaticus, su dizionari.corriere.it. URL consultato il 26 febbraio 2024.; Grammaticus, su dizionario-latino.com. URL consultato il 26 febbraio 2024.
^abcdefghijkl Matteo Rossetti, La luna di Egesianatte: SH 466-467, in ACME - Annali della Facoltà di Studi Umanistici. Università di Milano, 75n.2, 2022, pp. 7-22. URL consultato il 19 marzo 2024.
^ab(LA) Wilhelm Dittenberger, Sylloge Inscriptionum Graecarum, (2ed.), Lipsia, 1883, p. 268,43.
^Sull'episodio è pervenuto anche un frammento: frag.7 Gaede.
^Nella stessa opera, come riportato ancora da Ateneo: Deipn.3,80d-e, frag.9 Gaede: Ateneo, The Deipnosophistae of Athenaeus, su penelope.uchicago.edu. URL consultato il 12 marzo 2024.
^Che ha tra le sue fonti anche l’opera perduta del grammatico del V secolo Esichio di Mileto Περὶ τῶν ἐν παιδείᾳ λαμψάντων σοφῶν (Perì tòn en paidèia lampsànton sofòn), in lingua latina: De viris doctrina claris, traducibile come "Sugli uomini celebri per dottrina").
^SH è la sigla di: Hugh Lloyd-Jones, Peter Parsons, Supplementum Hellenisticum, su degruyter.com, Berlino-New York, De Gruyter, 1983. URL consultato il 19 marzo 2024.
^Di Germanico sono tramandati, oltre a cinque frammenti di una versione del poema Diosemeia ancora di Arato (peraltro di dubbia attribuzione), 725 esametri di una trasposizione non letterale in latino del I libro dei Phaenomena.
^Da notare che non è solo la corruttela del testo tràdito a destare perplessità, istanze e proposte critiche di studiosi e filologi.
^Tramandano l'epigramma l'Antologia Palatina (9.577) e l'Antologia di Planude: quest'ultima reca: «Πτολεμαίου», mentre l'altra specifica: «Πτολεμαίου εἰς ἑαυτόν».
^The Greek Anthology III (Cambridge [Mass.] 1925, p. 456.
^(EN) Alan Cameron, Callimachus and His Critics, Princeton, Princeton University, 1995, p. 323. URL consultato il 26 marzo 2024.
^(EN) Aratus, Phaenomena, a cura di Douglas Kidd, Cambridge – New York, Cambridge University Press, 1997, p. 36, ISBN9780521582308. URL consultato il 26 marzo 2024.
^Di Kyriakos Tsantsanoglou, The λεπτότης of Aratus (The leptotes of Aratus), in Trends in Classics, vol. 1, 2009, pp. 55-89. in Franco Montanari, Antonios Rengakos (a cura di), Trends in Classics, Berlin/Boston, De Gruyter, 2019. URL consultato il 31 marzo 2024.
^ Franz Boll, Das Epigramm des Claudius Ptolemaeus, in Socrates, n. 9, 1921.; Franz Boll, Das Epigramm des Claudius Ptolemaeus, Leipzig, 1950, pp. 143–155.; in: Viktor Stegemann (a cura di), Kleine Schriften zur Sternkunde des Altertums, Leipzig, 1950. URL consultato il 9 aprile 2024.
^Hegesianax Alexandrinus, auctor libri qui Cephalionis Troica inscribitur, Cycnum illum, qui cum Achille singulari certamine pugnavit, ait a cognomine avi enuiritum fuisse in Leucophrye (i.e. Tenedo) insula: da Fragmenta historicorum Graecorum vol.III: (LA) Karl Müller (a cura di), Fragmenta historicorum Graecorum vol.III, Parigi, Didot, 1849. URL consultato l'8 aprile 2024., s.v. Hegesianax Alexandrinus e Troade (Cephalon Gergithius). Nello stesso luogo Müller discute l'effettiva lontananza cronologica supposta fra Hegesianax e Cephalon e offre conclusioni sulla ricezione dell'opera dello Pseudo-Cephalion in Strabone e Demetrio di Skepsi, se fossero o no consapevoli della finzione.
^«Hegesianax of Alexandria, who composed the work entitled Cephalion's Trojan War […]»: ATHENAEUS DEIPNOSOPHISTAE. Book IX (Part 3 of 5), su penelope.uchicago.edu. URL consultato il 4 aprile 2024.
Matteo Rossetti, La luna di Egesianatte: SH 466-467, in ACME - Annali della Facoltà di Studi Umanistici. Università di Milano, 75n.2, 2022, pp. 7-22. URL consultato il 19 marzo 2024.