Nato in un villaggio vicino a Rakovník (60 km a ovest di Praga), fu tra i principali collaboratori di Tomáš Masaryk nella direzione del movimento per l'indipendenza cecoslovacca, convinto assertore del cecoslovacchismo che postulava l'esistenza di una comune nazionalità cecoslovacca, e allo scoppio della prima guerra mondiale svolse opera di agitazione fra i giovani perché disertassero dall'esercito asburgico.
Durante la seconda guerra mondiale ricostruì a Londra il governo in esilio della Cecoslovacchia, e rientrò in patria nel 1945, in una situazione molto mutata: il suo Paese faceva ormai parte della sfera di influenza sovietica, e Beneš tentò una politica di amicizia con l'URSS e di collaborazione con i comunisti all'interno. Voleva fare del suo Paese un ponte tra oriente ed occidente: il colpo di Stato comunista del 1948 fece fallire il suo difficile progetto. Messo di fronte alla nuova Costituzione comunista, Beneš non volle firmarla, ed il 7 giugno 1948 si dimise. Morì pochi mesi dopo, di emorragia cerebrale, mentre si trovava nella sua villa di Sezimovo Ústí (Boemia del sud).
^Valerio Perna, "Nazionalità e nazioni durante gli anni bellici", in: La massoneria nella Grande Guerra, a cura di Aldo A. Mola, Bastogi, Roma, 2016, p. 153.
^Claudio Cerreti e Nadia Fusco, Geografia e minoranze, Carocci, Roma, 2007, 136-141
Bibliografia
(EN) Peter Neville, Eduard Beneš and Tomáš Masaryk: Czechoslovakia, London, Haus Publishing, 2010, ISBN 9781905791729
Angelo Tamborra, «Masaryk e Beneš». in: Questioni di storia contemporanea, Milano, C. Marzorati, 1953, Vol. III, pp. 797-829
Vratislav Preclík, Masaryk a legie, Karviná, Paris Karviná, 2019, ISBN 978-80-87173-47-3, pp. 6 - 30, 36 - 39, 41 - 42, 106 - 107, 111-112, 124–125, 128, 129, 132, 140–148, 184–199.
Amelie Posse, Roman Roundabout, Routledge, Londra, 1933 - Capitolo intero dedicato da pag. 34 a pag. 56