«Nelle popolazioni indigene non ci sono ricchi, e quindi non ci sono nemmeno poveri, perché i beni sono collettivi. Nella società consumistiche, al contrario, i beni sono ripartiti in modo tale che esistono necessariamente dei ricchi e dei poveri.
Nelle popolazioni indigene l’economia di sussistenza produce quanto basta per vivere, Nelle società dei Bianchi non ci si accontenta di produrre ciò di cui si ha bisogno, si produce sempre di più per accumulare beni.
Nelle popolazioni indigene si ha l’abitudine di aiutarsi l’un l’altro mentre nella società dei Bianchi vige la legge della concorrenza: i ricchi non sanno aiutare.
Nelle popolazioni indigene il tempo libero è un momento comune: si crea e si gioca insieme. Nella società dei Bianchi il tempo libero è commercializzato: per divertirsi bisogna pagare altre persone.
Nelle popolazioni indigene il lavoro stesso può essere uno svago o uno scambio, mentre nella società dei Bianchi ogni cosa è isolata dalle altre.»
(Dionito de Souza, del Consiglio Indigeno di Roraima (Brasile)[1])
Le tecniche di approvvigionamento del cibo e dei beni che caratterizzano l'economia di sussistenza sono l'agricoltura di sussistenza, la raccolta, la caccia, la pesca e la pastorizia. In questo genere di economia ogni singolo membro della comunità provvede al sostentamento di sé e degli altri tramite la cooperazione, il solidarismo, la condivisione e il dono, in modo tale da garantire la sopravvivenza di tutti i membri della comunità. L'utilizzo delle risorse naturali non è finalizzato al massimo sfruttamento delle stesse ma unicamente al sostentamento della comunità, per cui non si cura delle eccedenze.
«Sussistenza» significa perseguire l'obiettivo di sostenere la propria comunità ad un livello equo e non finalizzato a produrre eccedenze da vendere ai mercati esterni ; in un'economia di sussistenza lo sviluppo economico è minimo e il commercio (o baratto) viene utilizzato per beni di base, e in questo genere di sistema economico non ci può essere nessuna industrializzazione[2][3][4].
L'antropologo Marshall Sahlins nel 1972 col suo saggio L'economia dell'età della pietra sfatò i miti economici di tanta povertà e tanto lavoro attribuito a queste economie dal mainstream di mercato attuale.[5]
Nel 1974 Pierre Clastres, a proposito dell'economia di alcune tribù amazzoniche , le chiamò economie dell'abbondanza in contrapposizione alla connotazione negativa attribuita al termine sussistenza.
Storia
«Sono poverissimi, e poco posseggono né desiderano possedere beni temporali, e per questo non sono superbi, né ambiziosi, né avidi. [vivono] isole molto grandi, felici, [...] la peggiore delle quali è più fertile e ridente del giardino del re, a Siviglia.»
Nonostante ciò, alcuni gruppi umani hanno mantenuto nel corso dei secoli la loro economia di sussistenza pressoché inalterata non entrando in economia di mercato; si possono citare i popoli incontattati, le zone povere dei paesi in via di sviluppo, e alcune comunità acculturate e civilizzate che scelgono comunque di mantenere un'economia tradizionale (Comunità intenzionale) e di vivere assieme una vita semplice, per svariati motivi che possono essere filosofici, ambientalistici, morali o religiosi (ad esempio gli Amish).
Il capitale può essere generalmente definito come patrimonio investito con l'aspettativa che aumenterà il proprio valore, di solito per profitto, affitto, interessi, royalties, plusvalenza o qualche altro tipo di ritorno. Tuttavia, questo tipo di economia solitamente non può diventare ricca in virtù del sistema e invece richiede ulteriori investimenti per stimolare la crescita economica. In altre parole, in un'economia di sussistenza il possesso e l'utilizzo dei beni della comunità è finalizzato al mantenimento della propria esistenza e non fornisce surplus per investimenti di altro genere. Pertanto questo tipo di economia è focalizzata sulla stabilità economica, in modo che possa essere accumulato del capitale e che l'eccedenza economica possa essere investita in altri progetti imprenditoriali potenzialmente lucrosi.[senza fonte]
^ citato da M. Lulek, Un semaine à Porto Alegre, in <<Bulleti de la Ligne d’horizon>>, n. 28, 2002, p 7. in Majid Rahnema, Quando la povertà diventa miseria, 2005, Einaudi, ISBN 88 06 17231 X
^Marshall Sahlins, 1972, L'economia dell'età della pietra. Scarsità e abbondanza nelle società primitive, Bompiani, Milano, 1980,trd. Lucio Trevisan, Elèuthera, Milano, 2020, cap 1 L'originaria società opulenta, ISBN 978 88 33020 64 8
^Brevissima relazione della distruzione delle Indie, Cultura della Pace, San Domenico in Fiesole, 1991, p 31-34
Karl Polanyi, Economie primitive, arcaiche e moderne (1968), Einaudi, Torino 1980.
Karl Polanyi, La sussistenza dell'uomo. Il ruolo dell'economia nelle società antiche (1977), Einaudi, Torino 1983.
Marshall Sahlins, 1972, L'economia dell'età della pietra. Scarsità e abbondanza nelle società primitive, Bompiani, Milano, 1980,trd. Lucio Trevisan, Elèuthera, Milano, 2020, ISBN 978 88 33020 64 8