Il Direttorio fu composto prima di tutto da 5 rappresentanti che rispecchiavano una sorta di capo del governo, dal quale dipendevano i ministri.
Con un esecutivo direttoriale coloro che avevano posto fine al governo di Robespierre si posero infatti un ben preciso obiettivo: evitare il potere assolutistico.
La costituzione promulgata nell'agosto del 1795 fu quindi redatta sulla base di una rigida applicazione del principio della separazione dei poteri (così rigida da sfociare nella paralisi politica, rendendo il terreno facile ai vari colpi di stato che si affacciarono)[1], cercando oltretutto di tenere l'Esecutivo per quanto possibile sotto controllo. Il Governo fu pertanto affidato a un direttorio di cinque membri, alle cui dipendenze vi erano sei ministri (che non potevano riunirsi in consiglio, ed avevano un ruolo esclusivamente esecutivo e di fatto subordinato ai direttori che avevano un potere deliberativo).[1] In questa forma il governo direttoriale tradisce maggiormente la propria somiglianza con il sistema presidenziale, nel quale, appunto, il Presidente si avvale della collaborazione di ministri da lui nominati.
I membri del direttorio erano nominati da uno dei due organi legislativi: il Consiglio degli Anziani, sulla base di una lista decupla presentata dall'altra assemblea legislativa, il Consiglio dei Cinquecento, che votava le leggi. La preoccupazione di evitare un nuovo accentramento di poteri fu tale che la costituzione prevedeva che il direttorio fosse rinnovabile per un quinto ogni anno e ad esso fu inoltre sottratto sia il comando delle forze armate sia l'iniziativa legislativa; esso inoltre non aveva diritto di veto né poteva sciogliere le due assemblee ed era infine totalmente escluso dal processo legislativo, sebbene ogni Direttore avesse comunque i propri parlamentari di riferimento della propria area politica.[1]
I direttori erano rivestiti di una serie di prerogative simboliche volte ad accrescerne l'autorità: alloggiavano nello stesso edificio, nell'esercizio delle loro funzioni dovevano sempre comparire con l'abito che li contraddistingueva (una sorta di alta uniforme compresa di parrucca, spada cerimoniale e di un peculiare cappello piumato, in cui le piume formavano il tricolore repubblicano), godevano di un trattamento superiore a quello di ogni altro funzionario pubblico, avevano la preminenza nelle cerimonie e nei cortei pubblici dove dovevano essere sempre accompagnati dalla loro guardia particolare formata da 120 uomini a piedi e altrettanti a cavallo.[1]
Come nel periodo termidoriano tra il 28 luglio 1794 e la fine del 1795, anche durante il quadriennio del Direttorio fu un periodo di rilassamento generale della società, soprattutto a Parigi, la riapertura di salotti (tra cui quello del directeur Barras e della sua amica Teresa Tallien) e sale da ballo, nuove mode nel vestiario, e si diffuse un gusto neoclassico meno aspro (preludio allo stile Impero), come reazioni al severo periodo giacobino e al Regime del Terrore, con richiami agli ultimi anni dello stile Luigi XVI e dello stile Maria Antonietta. Se molti poveri soffrirono per l'inflazione dell'assegnato e il freddo degli inverni particolarmente rigidi, la borghesia prese invece a vivere in maniera più dispendiosa, i magazzini traboccavano di merci, e spesso i più ricchi presero il posto sociale dei nobili morti o emigrati. Pur essendo assai diffusi il matrimonio civile e il divorzio, come in epoca rivoluzionaria molti convivevano apertamente senza essere sposati e si diffusero anche nuovamente costumi privati libertini precedenti al 1792, in contrasto con l'ufficiale sobrietà.
Queste mode, specialmente il vestiario, assieme alle idee rivoluzionarie furono esportate in Europa insieme alle prime conquiste di Napoleone.
Valutazione storica
Malgrado le molte cautele, in pochi anni il sistema del Direttorio si dimostrò fallimentare. Le molteplici precauzioni e garanzie portarono in effetti all'eccesso contrario: un governo disarmato, estremamente instabile e dunque imbelle. Va tuttavia riconosciuto al governo del Direttorio l'avere contribuito al risanamento delle finanze del Paese.
Napoleone trovò quindi una strada spianata. Il sistema direttoriale permise, in poco più di un lustro, a quello che era in sostanza un parvenu di sfruttare appieno i propri incredibili successi militari nella Campagna d'Italia e il proprio conseguente immenso prestigio per aprirsi, senza eccessivi ostacoli, la strada del consolato e poi per porsi sul capo la corona di imperatore. Con il colpo di Stato del 18 brumaio dell'anno VIII (9 novembre 1799) Napoleone pose fine all'esperienza del Direttorio, sostituito da un consolato di tre membri. Fu tuttavia grazie a Bonaparte che il governo direttoriale venne esportato fuori dai confini francesi, nelle altre repubbliche satelliti che si andarono formando sull'onda dei successi dell'esercito rivoluzionario.
Caso più tipico di questo processo è la Repubblica Elvetica, stato satellite creato da Napoleone nel 1798 dopo l'invasione della Svizzera, la cui Costituzione prevedeva che il governo fosse assicurato - come in Francia - da un direttorio di cinque membri, affiancati da ministri che ne eseguivano le direttive; come già segnalato, questo esempio del modello direttoriale è l'unico a sopravvivere ancora oggi, essendo stato poi adottato e conservato nelle successive costituzioni cantonali prima e poi in quelle confederali svizzere a partire dal 1848. Ciò che distingue il modello direttoriale dal modello parlamentare è che il parlamento non può togliere la fiducia al governo, i membri del governo (il direttorio) rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato, realizzando una separazione totale tra potere esecutivo e legislativo[2].
Influenze
Lo sceneggiato italiano del 1964 I grandi camaleonti narra del periodo del Direttorio e dell'ascesa al potere di Napoleone.
Note
^abcd Marco Meriggi e Leonida Tedoldi (a cura di), Storia delle istituzioni politiche. Dall'antico regime all'era globale., Carrocci editore, pp. 76-77.