La chiesa di Santo Stefano Protomartire, o anche solo chiesa di Santo Stefano, è la parrocchiale di Novalesa, in città metropolitana di Torino e diocesi di Susa[1][2]; fa parte della vicaria di Novalesa.
Storia
Le prime attestazioni dell'esistenza di una cappella a Novalesa dedicata a Santo Stefano risalgono al XIII secolo; essa dipendeva dall'importante abbazia dei Santi Pietro e Andrea[1][3].
Nel 1670 iniziarono i lavori di rifacimento della chiesa: l'edificio venne poi portato a compimento nel 1684[1][3].
La sagrestia fu aggiunta nel 1720, mentre tra il 1898 e il 1912 l'intera parrocchiale venne interessata da un restauro su disegno di Venanzio Guerci[1].
Nel 1942 il tetto fu al centro di un intervento di rifacimento e tra il 1968 e il 1970 la chiesa venne ristrutturata e adeguata alle norme postconciliari[1].
Descrizione
Esterno
La facciata a capanna della chiesa, rivolta a levante, è suddivisa da una cornice marcapiano aggettante in due registri, entrambi tripartiti da quattro lesene; quello inferiore è caratterizzato dal portale d'ingresso, mentre quello superiore presenta tre finestre, una sacra raffigurazione e due orologi, di cui uno dipinto secondo la tecnica del trompe l'œil[1].
Annesso alla parrocchiale è il campanile in pietra a base quadrata, la cui cella presenta su ogni lato una monofora a tutto sesto ed è coronata dalla guglia di forma piramidale[1].
Interno
L'interno dell'edificio, suddiviso in tre campate[3], si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano le cappelle laterali introdotte da archi a tutto sesto e le cui pareti sono scandite da lesene sorreggenti la trabeazione modanata e aggettante sopra la quale si imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, ospitante l'altare maggiore e chiuso dall'abside di forma poligonale[1].
Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali la pala raffigurante l'Adorazione dei pastori, eseguita nel 1721 da François Lemoyne[1][4], un polittico con soggetto la Resurrezione con i Santi Pietro e Paolo, realizzato da Antoyne De Lhonie nel Quattrocento[3], e quattro tele dipinte dalle scuole di Michelangelo Merisi, di Daniele da Volterra e di Peter Paul Rubens[1].
Note
Voci correlate
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