I suoi interessi vanno dall'etica alla filosofia sociale, dalla fenomenologia all'antropologia, dall'estetica alle comunicazioni di massa, in particolare nel campo degli studi culturali e in chiave interculturale, prestando attenzione ai fenomeni globali e contemporanei. Ha scritto in tedesco diversi libri, mettendo a fuoco concetti come Müdigkeitsgesellschaft (società della stanchezza) e Transparenzgesellschaft (società della trasparenza).
Byung-chul Han critica il comportamento trasparente del soggetto di oggi, che egli interpreta come una norma culturale imposta dalle forze di mercato neoliberali. Molti soggetti oggi considererebbero libertà questo culto dell'individualismo, sebbene faccia parte del sistema capitalista di autosfruttamento. Han teme che la pressione per rivelare volontariamente dettagli intimi, che secondo lui rasenta la pornografia e crea un sistema totalitario di apertura, vada a scapito di altri valori sociali come la vergogna, l'intimità e la fiducia.[1][2] Il filosofo, salvo eccezioni, ha la tendenza a evitare interviste e a rifuggire dall'esposizione pubblica.[2] Ciononostante, le sue opere sono state tradotte in diverse lingue.
Han ha sottolineato l'importanza della parola cinese Shanzhai, che permette di comprendere la differenza essenziale tra la cultura occidentale e quella orientale. Il neologismo cinese, che si può tradurre con "falso", descrive ciò che in superficie appaiono come mere imitazioni di merci: telefoni cellulari, per esempio, fabbricati in Cina che assomigliano più o meno ai modelli che imitano e hanno nomi più o meno simili come "Nokir" o "Samsing". Questo termine cantonese non è in sostanza altro che un metodo di decostruzione. "Shanzhai", dice Han, "è Ent-Schöpfung" (de-costruzione), neologismo tedesco coniato da Han. E questo significa: prima dell'inizio feticizzato del mondo occidentale, prima del mito delle origini, del genio creatore, dell’autenticità e dell'originalità, c'è sempre qualcos'altro: la creazione (il tedesco "schöpfen" significa, tra le altre cose, "creare"). Secondo Han, se si abbandonassero le vetuste idee di originalità, genio e creatio ex nihilo (creazione dal nulla), ci si potrebbe orientare verso una flessibilità di pensiero molto maggiore. La filosofia potrebbe "rilassarsi" in un gioco produttivo, che potrebbe portare a risultati completamente nuovi. "Dovremmo tutti", afferma, "giocare di più e lavorare di meno. Allora produrremmo tutti di più!"[2]
Fra gli altri temi della sua ricerca vi sono:
società della stanchezza: disturbo depressivo, ADHD, disturbo borderline di personalità e sindrome da burnout sono il paesaggio patologico dell'epoca, causati da eccesso di positività piuttosto che da negatività. Han è diventato noto a un pubblico più vasto in tutto il mondo con il sopracitato saggio Müdigkeitsgesellschaft (2010). In esso, Han diagnostica che nelle società moderne contano solo l'efficienza e la logica di marketing neoliberista di ognuno. Le conseguenze sono senso di inutilità, depressione e, soprattutto, stanchezza. Han vede uno sviluppo pericoloso nell'accelerazione, nell'ottimizzazione del sé e nella mancanza di tempo per se stessi e per i propri simili, che rende inabili le persone e le fa ammalare.
agonia dell'eros: narcisismo, auto-referenzialità, mancanza di confronto (con riferimenti al film Melancholia di Lars von Trier) sono segni contemporanei che portano alla scomparsa della capacità di relazionarsi con gli altri e di dedicarsi alla cura dell'altro. Molte persone evitano l'amore e l'intimità perché potrebbero causare ferite. L'amore non è più possibile in un mondo di presenza totale, in cui ogni individuo è diventato un soggetto narcisista e depressivo allo stesso tempo.[3]